La sede di Lugano del Ministero pubblico della Confederazione ha compiuto 20 anni: è nata nel 2004 nell’ambito di un programma di decentralizzazione delle autorità inquirenti federali. A capo di questa antenna che conta una quindicina di persone c’è Dounia Rezzonico, che è anche la responsabile della Divisione criminalità economica del Ministero pubblico della Confederazione.
“Sicuramente il bilancio che possiamo trarre dopo questi venti anni è che abbiamo potuto consolidare la nostra presenza sul suolo ticinese”, ha affermato Rezzonico ai microfoni della RSI. “Mi piace sempre dire che l’importante è renderci indispensabili. La presenza della Procura federale in Ticino non è mai stata messa in dubbio. E questi 20 anni confermano la necessità di una presenza in Ticino”.
Mi permetto quindi di riassumere io, mi sembrano vent’anni di successo. Su che basi lo dice? Glielo chiedo perché avete sempre appunto tenuto un profilo basso anche dal punto di vista comunicativo. Quindi per noi è difficile misurare la reale portata del lavoro che fate qui...
“La comunicazione esterna è sempre un gioco di equilibri e di interessi che vanno presi in considerazione: l’interesse dell’inchiesta in corso, la protezione della personalità e tanti altri elementi. Dunque comunicare verso l’esterno non è sempre facile e in questi 20 anni, ma soprattutto negli ultimi anni, penso che abbiamo raggiunto un equilibrio con una comunicazione tempestiva per le cose importanti. Ecco, è difficile capire quello che facciamo, ma cerchiamo di far parlare il nostro lavoro”.
A proposito di far parlare il vostro lavoro, c’è un’inchiesta importante alla quale state lavorando? Perché in termini mediatici siamo fermi agli addentellati ticinesi dello scandalo Petrobras, che è lo scandalo di corruzione brasiliano che ha investito anche istituti finanziari elvetici.
“Lo scandalo Petrobras lo stiamo concludendo, stiamo concludendo le ultime parti delle ultime inchieste, abbiamo ancora diverse commissioni rogatorie pendenti che stiamo evadendo in questo ambito. Per i casi pendenti non è che posso dare molte informazioni. Non c’è proprio un complesso, come poteva essere quello di Petrobras, che ci occupa. Sicuramente siamo attivi su vari fronti sempre nell’ambito della criminalità economica, ma abbiamo anche dei procedimenti aperti ora a Lugano che concernono la criminalità organizzata”.
Il suo tema, dicevamo, è la criminalità economica. Quando si parla di denaro si parla anche di criminalità organizzata e terrorismo. Siamo in Ticino, qual è il settore che più la preoccupa? Rischio riciclaggio nei locali, poca attenzione da parte di banche e fiduciarie o rischio infiltrazioni nelle opere pubbliche?
“Penso che bisogna essere vigilanti su tutti questi ambiti. Sicuramente la ristorazione è un ambito che può essere molto attrattivo per la criminalità organizzata, che dispone di molte liquidità e che vuole reintrodurre in un mercato lecito. Però tutti gli ambiti sono degli obiettivi che questi criminali possono avere in Svizzera, perché in generale la Svizzera e il Ticino possiedono una struttura finanziaria che permette di riciclare questo denaro. Dunque direi tutti gli ambiti”.
Prima parlava di queste inchieste, non ci può dire in che settore riguardano in Ticino?
“Mi dispiace, ma no”.
Passiamo a un altro capitolo, quello delle criptovalute. Nel rapporto di gestione 2023 c’è un capitolo dedicato in cui si parla di lacune giuridiche. Non entriamo nel dettaglio, ma queste lacune complicano le vostre inchieste. Lugano ha il suo Plan B, quindi punta parecchio sulle criptovalute. La preoccupa?
Le criptovalute constatiamo che sono sempre più utilizzate dal cittadino, ma anche dai criminali. Questo è il primo aspetto. Il secondo aspetto è che è un elemento in espansione. Dunque noi stessi dobbiamo essere pronti a rispondere, formandoci ed avendo tutte le contromisure interne per poter valutare questo sistema. A livello del Plan B della Città di Lugano, mi limiterei a dire che ovviamente è uno strumento che fa perdere le tracce facilmente, dunque l’attenzione deve essere grande.
La sezione che dirige ha già delle inchieste che riguardano le criptovalute?
“Abbiamo alcune inchieste in corso”.
La nuova legislazione contro il riciclaggio, quella del 2019, dice che gli intermediari finanziari che si occupano di criptovalute sono obbligati a segnalare situazioni sospette. Funziona?
“Quello che constatiamo è che vi sono poche segnalazioni. Ovviamente nel nostro lavoro vi è anche quello di sensibilizzare questi intermediari al fine di preservare la piazza finanziaria svizzera contro questo uso illecito o manipolazione dei corsi con criptovalute”.