La festa campestre. I tre giovani che si appartano con una conoscente, nell’auto di lei. I rapporti sessuali che ne seguono. Prima con due di loro, mentre il terzo funge da palo. Poi, una volta rimasti soli, tra l’imputato principale (oggi 33enne) e la presunta vittima.
Il caso approdò in aula nel marzo del 2023. Dopo qualche giorno la Corte, presieduta dal giudice Siro Quadri, sospese il dibattimento e ordinò una seconda perizia, per accertare lo stato della ragazza al momento dei fatti. Quanto aveva bevuto nella notte tra il 19 e il 20 luglio 2019? Era o no incapace di opporsi? In altre parole, venne o no abusata?
Sulla scorta del referto peritale il procuratore pubblico Zaccaria Akbas estese le accuse contro il 33enne. Per la seconda fase ipotizzò la violenza carnale e la coazione sessuale. E questo non più in relazione a un solo rapporto completo, ma a due.
Il 25 ottobre 2023 riprese il processo, e il 27 arrivò la sentenza. La Corte delle Assise Criminali assolse tutti e tre gli imputati dall’accusa iniziale: quella di atti sessuali con persone incapaci di discernimento o inette a resistere. Condannò però il terzo per violenza carnale. Stupro riferito proprio al rapporto che era stato aggiunto nella descrizione degli eventi fornita da Akbas. Pena: 30 mesi di carcere, sei dei quali da espiare.
Di qui il ricorso del difensore, Niccolò Giovanettina, a cui la Corte di appello e di revisione penale ha dato ora ragione. Il giudizio della CARP non lesina critiche: sia per avere scagionato l’uomo da una parte dei reati senza alcuna spiegazione, sia per i motivi sfociati invece nella condanna.
Né dalla perizia, né dal dibattimento – ricorda la decisione – erano emersi infatti elementi nuovi, tali da giustificare l’estensione degli addebiti a suo carico. Impossibile quindi imputarglieli. Come gli altri, il 33enne è stato prosciolto così su tutta la linea.
Quotidiano del 18.12.2024