"Questa indagine ci dice che la Svizzera è diventata un retroterra logistico per alcune organizzazioni criminali di stampo mafioso, convinte di mettere un ostacolo all'attività investigativa degli organi inquirenti italiani, in virtù del fatto che la legislazione svizzera in materia non presenta norme penali di repressione e prevenzione come quelle italiane". A spiegarlo è Samuel Bolis, comandante del nucleo di polizia economico-finanziaria di Como, commentando ai microfoni della RSI la maxi operazione antimafia che ha portato all'arresto di 6 persone in Svizzera, di cui 2 in Ticino e una nei Grigioni.
Vasta operazione antimafia
Telegiornale 16.11.2021, 13:30
Due indagati intercettati dagli inquirenti italiani dichiarano espressamente che in Svizzera "stanno bene" perché non c'è il reato di associazione mafiosa, mentre in Italia "ci hanno rovinati". Il riferimento è all'articolo 416bis del codice penale italiano che prevede delle pene pesantissime per chi fa parte di un'associazione criminale di stampo mafioso (dai 10 ai 15 anni di carcere).
"Di questo abbiamo avuto contezza proprio in questa indagine: gli arrestati nel loro incontro hanno espressamente detto di aver scelto la Svizzera perché non esiste un reato paragonabile al 416bis italiano", sottolinea Bolis, ricordando che le organizzazioni criminali sfruttano proprio "le asimmetrie normative" tra Paesi per minimizzare i rischi.
Nel caso di questa indagine, la Svizzera e in particolare il canton San Gallo venivano usati come "retroterra logistico per detenere droga proveniente dall'Italia per il mercato svizzero, e armi provenienti dall'estero e dirette verso l'Italia". Per quanto riguarda invece il ramo dell'operazione che ha riguardato il Ticino, "la vicinanza alla frontiera era funzionale al presidio del territorio comasco, dove queste organizzazioni sono operative. La 'ndrangheta, infatti, ha nel controllo del territorio il suo tratto distintivo", spiega il comandante della guardia di finanza.
L'operazione di oggi ha portato a un centinaio di misure cautelari in tutta Italia. Nel mirino degli inquirenti c'erano le attività della cosca 'ndranghetista dei Molè, originari della piana di Gioia Tauro, tra Calabria, Toscana, Lombardia e - appunto - Svizzera. Nelle oltre 1'400 pagine di atti della Direzione distrettuale antimafia di Milano si parla di diversi incontri avvenuti in territorio svizzero, di appuntamenti nei pressi di Lugano o di Chiasso, di "mangiate" a Zurigo che servivano anche per "coordinare il traffico di cocaina sull'asse italo-svizzero".