L’alluminio è un metallo potenzialmente riciclabile all’infinito e in Svizzera lo si è capito da tempo. Con oltre 13’000 tonnellate di metallo rimesso in circolo ogni anno, la Svizzera è tra le nazioni più virtuose alle spalle della Germania che recupera il 99% delle lattine (contro il nostro 90%).
Si può far meglio, anche da altri punti di vista. Troppo spesso nei cassonetti dedicati finiscono imballaggi compositi, vetro e plastiche. Alla Congefi SA di Giubiasco, una delle aziende ticinesi attive in questo campo, il direttore Gilberto Gheza spiega in cosa consiste la vagliatura: “Il materiale raccolto viene prima deferrizzato da un magnete e poi passato direttamente da un’induzione, cioè corrente parassita, per separare quello che è l’alluminio dalle impurità residue”.
Al termine del processo, la macchina sforna dei blocchi compressi di alluminio che prendono la strada delle fonderie. Il Ticino, per ragioni di costi legati soprattutto al trasporto, fa capo agli impianti del nord Italia.
Gli argomenti a favore del recupere dell’alluminio sono, oltre che etici, energetici. Per produrre un chilo di questo metallo partendo dal minerale, la bauxite, occorrono fino a 13-14 kilowattora, per quello riciclato basta 1 kWh.
“Il problema - dice Marco Antognini, geologo al Museo di storia naturale - è separare l’alluminio dagli altri componenti chimici, come l’ossigeno e l’idrogeno, che si trovano in queste rocce. È un processo che avviene a circa 950 gradi e anche per elettrolisi. Quindi impiegando molta elettricità”.
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