Ticino e Grigioni

Un carcere senza sbarre, futuro possibile

Cosima Buccoliero, già direttrice del carcere di Milano-Bollate: non deve essere il luogo in cui avviene “un lungo e minuzioso processo di spoliazione” ma di redenzione, “senza sbarre”, ossia senza pregiudizi

  • 6 febbraio, 21:44
  • 6 febbraio, 21:44

L'esperienza del carcere aperto

Il Quotidiano 06.02.2024, 19:00

Di: Quotidiano/RSI Info

“Il carcere deve essere propositivo, deve offrire opportunità, deve essere una finestra sulle opportunità e deve essere costituzionalmente orientato”. Un modello di detenzione che mira al reinserimento, che sia senza sbarre, lo ha presentato martedì, all’istituto von Mentlen, Cosima Buccoliero, che per anni ha diretto il carcere di Milano-Bollate.

Per chi ha perso un figlio, un padre o una madre, la chiave della cella dell’assassino dovrebbe semplicemente essere buttata via. Per i parenti delle vittime, comprensibilmente, il carcere dovrebbe essere solo un luogo di punizione e penitenza. Ma il carcere, in particolare per chi ha commesso reati lievi, può essere altro: il luogo da cui ripartire per riconquistare la libertà e un posto nella società. Ne è convinta Cosima Buccoliero, intervistata dalla RSI. “Dobbiamo intanto dare un senso alla pena, significa creare una condizione analoga a quella che noi viviamo all’esterno, nella società libera. E quindi avere opportunità di lavoro, in maniera tale da acquisire competenze che possono essere poi utilizzate all’esterno nel momento in cui le persone usciranno”, spiega Buccoliero.

I numeri le danno ragione: l’80% dei detenuti tornati in libertà non ha più commesso reati. Un modello di carcere “aperto” e rispettoso dei diritti e della dignità dei carcerati. È possibile? “Non solo è possibile, è indispensabile. L’articolo 75 del codice penale mette proprio l’accento su questo, sulla risocializzazione della persona detenuta - sottolinea Stefano Laffranchini (direttore Strutture carcerarie canton Ticino) -. Va detto che siamo alla costante ricerca di metodi il più possibile moderni per poter concretizzare questo percorso”.

La cronaca ha reso ancor più attuale la riflessione sulle carceri: penso al caso della cittadina italiana imprigionata in Ungheria in condizioni particolarmente dure. Da noi, come in Italia, il problema principale è il sovraffollamento dei penitenziari. “Abbiamo bisogno che si possa affrontare questo problema e che si possa risolvere. Le persone che restano in carcere sono persone che devono essere trattate adeguatamente, con la dignità che spetta agli esseri umani”, dice Cosima Buccoliero.

Insomma il carcere non deve essere il luogo in cui avviene “un lungo e minuzioso processo di spoliazione” ma di redenzione. “senza sbarre”, ossia senza pregiudizi. “Io mi rendo conto che è una tendenza sociale quella di usare il carcere come un tappeto sotto il quale nascondere la polvere della società. È un peccato, perché l’integrazione inizia non solo dalla persona detenuta (che deve fare lo sforzo principale), ma anche dalla società”, dice Laffranchini.

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