Essere pronti ad affrontare tempestivamente la peste suina africana: è questo l’obiettivo delle esercitazioni svoltesi in Ticino giovedì, che si sono concentrate sul monitoraggio, il campionamento e l’evacuazione sicura di carcasse di cinghiale. Protezione civile, autorità cantonali e rappresentanti dell’Ufficio caccia e pesca si sono riuniti per simulare il ritrovamento di un animale presumibilmente infetto.
La malattia - particolarmente contagiosa e letale per i suini, e il grande timore è che possa toccare gli allevamenti di maiali - è stata segnalata in Italia fino a 40 chilometri dal confine e si presume che possa arrivare fino in Ticino. Quando sarà il momento “se noi saremo rapidi nel trovare la malattia, i cinghiali infetti saranno ancora molto pochi. Dopo qualche settimana o dopo qualche mese potrebbe già essersi estesa”, ha spiegato ai microfoni della RSI Chiara Menegatti, veterinaria cantonale aggiunta. “Il semaforo della preoccupazione un anno e mezzo fa era giallo, oggi sicuramente rosso”, ha detto dal canto suo il veterinario cantonale Luca Bacciarini. “Le autorità italiane stanno facendo un buon lavoro nel trattenere la malattia a sud, ma lentamente avanza. Se non entro fine anno, nel 2025 arriverà da noi di sicuro”, ha affermato.
Il messaggio alla popolazione è oggi ancora di prevenzione, ma anche di segnalazione: chi - mentre a funghi o a spasso con il cane, per esempio - dovesse vedere una carcassa di cinghiale o un esemplare in evidente difficoltà perché malato, è invitato a chiamare il guardiacaccia o il 117. Per l’uomo, vale la pena ripeterlo, non c’è nessun pericolo e nemmeno per altri animali da fattoria o da compagnia: si ammalano, e muoiono, solo i suini, selvatici e non.
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