Si chiama R-zero, ovvero sigla del numero di riproduzione di base, ed è il fattore matematico a cui si guarda quando si deve decidere il passaggio da una fase all'altra nella gestione di una pandemia. Nel momento di maggior espansione del nuovo coronavirus l'indice era a 2,5. Ora in Svizzera, grazie alle misure restrittive introdotte, è sceso sotto l'1. Le autorità sanitarie però avvertono: attenzione, il potenziale di contagio del virus non è affatto diminuito.
“L’R-zero rimane lo stesso. – spiega Paolo Ferrari, capo area medica dell’Ente Ospedaliero Cantonale (EOC) – Il virus non è diventato più benigno in questi giorni, malgrado il fatto che sia sceso sotto l’uno. Quello che è cambiato è il cosiddetto R-E, quindi il numero di contagi effettivo o se preferite il numero di riproduzione effettivo del virus e questo dipende da tutta una serie di fattori”.
Tra questi l’R-zero, ma l’R-E è anche influenzato dal grado di immunità raggiunto dalla popolazione e dalle misure di igiene e di distanziamento sociale applicate. Tornando all’R-zero del coronavirus 2.5 è poco o tanto? “Il virus si trasmette tramite goccioline – replica Ferrari – Quelli che si trasmettono tramite aria hanno un R-zero molto più alto. Un esempio in questo ambito è il morbillo, che ha un R-zero del 15. Però l’R-E effettivo è molto più basso perché tutti i bambini vengono vaccinati”.
Con un R-E inferiore all’uno i numeri dei contagi sono ora sotto controllo, ma a che livello si tornerebbe a mettersi sull’attenti? “Se da meno dell’uno sale sopra l’uno bisogna cominciare a suonare un campanello d’allarme”, replica Ferrari.