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A mani nude contro il petrolio

L'arcipelago che fa capo a Mauritius è in stato di choc ambientale e la popolazione è in ginocchio - Il racconto di Laura Morosoli, fotografa

  • 17 agosto 2020, 07:52
  • 22 novembre, 18:45
03:10

Il paradiso perduto?

RSI/Lorenzo Simoncelli 17.08.2020, 07:45

  • ©Laura Morosoli

Si lavora senza sosta per rimuovere le circa mille tonnellate di petrolio sversato dalla nave cisterna Wakashio a 7 chilometri dalla costa sud-orientale di Mauritius. Un disastro ambientale che rischia di compromettere per sempre uno tra gli ecosistemi oceanici più importanti al mondo.

Migliaia di volontari locali ed internazionali sono arrivati da tutta l’Isola per cercare di tamponare l’avanzata della marea nera. Tra loro Laura Morosoli, una fotografa ticinese di Tesserete che, da 3 anni, vive proprio nella zona colpita dallo sversamento di greggio. Oltre a documentare gli eventi scattando foto emblematiche, sta costruendo barriere artigianali composte da fibre di cocco e paglia in grado di assorbire il greggio fuoriuscito dalla nave cisterna.

Uscire in mare per... pescare petrolio

Ad essersi mobilitate, in particolare, sono le donne mauriziane. Alcune di loro hanno deciso di donare i propri capelli ai volontari affinché li usino come ulteriore ostacolo per arginare la marea nera. I danni all’ecosistema in aggiunta al Covid-19 rischiano di mettere in serio pericolo la vita di migliaia di isolani completamente dipendenti dal turismo.

Lorenzo Simoncelli

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