La loro matita traccia profili, coglie attimi e cristallizza gli eventi. Seduti tra il pubblico, l’inseparabile taccuino in grembo, mostrano quello che altrimenti l’opinione pubblica non potrebbe vedere. In molti Paesi, fotografie e riprese video sono vietate nei tribunali. Tra questi c’è la Turchia, dove negli ultimi anni – specie dopo il fallito golpe del 2016 – si sono svolti numerosi processi a oppositori del presidente Recep Tayyip Erdoğan. Politici,giornalisti e intellettuali spesso finiti alla sbarra con accuse a vario titolo di aver complottato contro il governo: eventi che i turchi hanno potuto vedere attraverso gli occhi e le mani di un gruppo di illustratori, che in modo spontaneo hanno voluto contribuire così a tenere il pubblico informato.
L’attività di questi disegnatori è iniziata con i processi per le proteste del 2013 di Gezi Park a Istanbul. Da lì in avanti, le illustrazioni delle arringhe degli avvocati e delle testimonianze degli imputati hanno cominciato a essere diffuse in modo sempre più ampio, anche sfruttando il volano dei social network. Visto il massiccio impiego della carcerazione preventiva, ritenuto spesso esagerato dagli osservatori internazionali, è solo attraverso il loro tocco che i volti di molti imputati celebri sono tornati a diffondersi dopo le udienze. Del resto, raccontano questi artisti, gli stessi giudici li hanno a lungo guardati con simpatia, o almeno tolleranza: forse perché una matita spaventa meno di un obiettivo, ed evoca una dimensione di innocenza. Così è stato per lo più fino al novembre scorso, quando a Necmi Yalçın hanno vietato di continuare a disegnare in aula gli imputati nel processo al quotidiano laico Cumhuriyet, il più antico della Turchia, lanciando una nuova sfida alla libertà d’espressione.
Cristoforo Spinella
n.d.r.: nell'immagine d'apertura del video Mustafa Kemal Güngör, avvocato, implicato nel processo Cumhuriyet, disegnato dall’illustratore Necmi Yalçın.