Insabbiamenti di casi, trasferimenti di preti, documenti sensibili distrutti, testimonianze non ascoltate, vittime colpevolizzate o isolate, omertà: dalle 136 pagine del "Rapporto sul progetto pilota per la storia degli abusi sessuali nel contesto della Chiesa cattolica romana in Svizzera dalla metà del XX secolo" reso pubblico oggi, 12 settembre, emerge un quadro molto chiaro di come nei decenni gli abusi all’interno delle istituzioni religiose siano stati gestiti dalle sei diocesi svizzere e non solo. E nessuna delle sei diocesi nazionali ne esce bene, Lugano compresa.
Con il presente studio è stata posta una pietra miliare per la ricerca scientifica sugli abusi sessuali nell’ambito della Chiesa cattolica.
Il documento è stato realizzato grazie all’accordo raggiunto dalla Conferenza dei vescovi svizzeri, la Conferenza delle unioni degli ordini religiosi e altre Comunità di vita consacrata in Svizzera, la Conferenza centrale cattolica romana della Svizzera e il Dipartimento di storia dell’Università di Zurigo, che ha messo a disposizione un team di storici indipendente.
È una prima nazionale: mai prima d’ora era stato presentato uno studio che comprendesse tutta la Svizzera, realizzato attraverso un gruppo di ricerca indipendente che per stilare il suo rapporto ha consultato una ventina di archivi di istituzioni interne ed esterne alla Chiesa cattolica e raccolto e letto e parzialmente analizzato decine di migliaia di pagine di dossier. Ma non solo, ha condotto una decina di colloqui e interviste con persone vittime di abusi sessuali.
Chiesa cattolica, il rapporto sugli abusi sessuali
Telegiornale 12.09.2023, 12:30
Analizzati 1'002 abusi
Un lavoro enorme, durato un anno, in cui sono stati identificati e parzialmente analizzati 1'002 abusi, non solo su minorenni. “Il progetto pilota in Svizzera è stato condotto in ritardo”, si legge, "ma con un approccio eccezionalmente completo". Infatti, i documenti analizzati sono moltissimi e riguardano anche istituti scolastici, congregazioni, orfanotrofi e associazioni per l’infanzia e la gioventù.
Per quanto riguarda i casi identificati, si tratta senza dubbio solo della punta dell’iceberg.
In totale sono state identificate 510 persone accusate e 921 vittime di abuso. Nel 39% dei casi la persona abusata era di genere femminile, in poco meno del 56% di genere maschile, mentre nel 5% il genere non è stato identificabile sulla base delle fonti disponibili. Le persone accusate erano, a parte qualche eccezione, esclusivamente uomini. Dagli atti analizzati emerge che il 74% dei casi riguarda abusi sessuali su minorenni, anche su neonati. È nell’ambito della cura pastorale (lavoro dei sacerdoti e altri dipendenti ecclesiastici) inoltre, che sono emersi i maggiori abusi, il 50%.
A livello svizzero, risale al 2010 la prima organizzazione svizzera per le persone vittime di abusi sessuali nell’ambito della Chiesa cattolica, nata sull’onda lunga degli scandali emersi decenni prima negli Stati Uniti, a Boston, e in Irlanda. Un’onda che non si è mai arrestata e che ha travolto la Chiesa, obbligandola a una politica di maggiore trasparenza.
Trasparenza che però viene offuscata per esempio dal diritto canonico, il sistema giuridico della Chiesa, che regola, tra le altre cose, la conservazione dei documenti all’interno delle istituzioni ecclesiastiche. Tale diritto prevede un archivio segreto, in cui sono conservati gli atti dei processi penali ecclesiastici, a cui ha accesso solo il vescovo. Questi atti possono essere poi distrutti “se i rei sono morti o se tali cause sono concluse da un decennio con una sentenza di condanna, conservando un breve sommario del fatto”.
"Il diritto penale ecclesiastico si basa sul principio che (…) la Chiesa, indipendentemente da ogni autorità umana, possiede il diritto nativo e proprio di punire e condannare".
RG 12.30 del 12.09.23 gli Abusi in Ticino - di Romina Lara
RSI Info 12.09.2023, 12:56
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La diocesi di Lugano e quei documenti distrutti
Per i ricercatori dello studio, gli archivi sono stati fondamentali per far emergere i casi e la loro gestione. Ed è proprio qui che la diocesi di Lugano inciampa. È stata infatti riscontrata una situazione archivistica più complessa rispetto alle altre diocesi: non esiste un inventario del patrimonio e le scatole con i documenti sono “ordinate sommariamente per argomento”. Ma non solo, nell’archivio segreto i documenti riguardanti gli abusi sessuali ma anche comportamenti problematici agli occhi della Chiesa, come ad esempio rapporti con donne e uomini adulti sono frammentari, a causa della prassi archivistica, rendendo difficile la ricostruzione dei casi.
Diverse fonti inoltre suggeriscono la distruzione di documenti senza il sommario previsto. Viene riportato che nel 1995, stando a una lettera del vicario generale al nunzio apostolico, un sacerdote ricevette dall’allora vescovo Eugenio Corecco l’ordine di bruciare dei documenti legati ad abusi sessuali. Il sacerdote in questione però, contattato dai ricercatori, ha negato i fatti, "rendendo così impossibile confermare con certezza la distruzione di documenti".
RG 12.30 del 12.09.23 Intervista al vescovo di Coira Joseph Maria Bonnemain
RSI Info 12.09.2023, 12:58
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"Forte riluttanza a denunciare gli abusi"
Un’altra anomalia che è emersa a Lugano è la mancanza di un archivio organizzato per i dossier dell’attività della Commissione diocesana di esperti "Abusi sessuali in ambito ecclesiale", "fatto verosimilmente dovuto al numero limitato di casi trattati dalla stessa Commissione". Sono quattro le persone che si sono messe in contatto con la Commissione dal 2016 a oggi. Un numero così esiguo che porta gli studiosi ad affermare che è un numero "inverosimile" e che "evidenzia una forte riluttanza da parte delle persone offese a denunciare gli abusi". In Ticino, rispetto al resto della Svizzera, mancano inoltre associazioni di sostegno alle vittime.
Una riluttanza che però non è solo ticinese, ma una prassi riscontrata a livello nazionale. Le vittime fanno faticare a raccontare quanto subito. Hanno paura di non essere credute, alcune sono state "diffamate" da dipendenti ecclesiastici. Nel lungo rapporto pubblicato oggi vengono messe in evidenza la difficoltà e le vergogna dei famigliari a denunciare, anche perché spesso e volentieri c’era un rapporto di riconoscenza o gratitudine nei confronti dell’abusatore. Tra i modus operandi della Chiesa poi c’era la prassi di spostare i rappresentanti ecclesiastici all’interno e all’esterno della Svizzera, chiedere dei trattamenti di favore, insabbiare i casi di abuso.
Numero di segnalazioni
Per il futuro, gli studiosi hanno stilato un elenco di suggerimenti che prevedono l’istituzione di consultori indipendenti dalla Chiesa, la conservazione dei documenti, più risorse agli archivisti, l’accesso a tutti agli archivi e la realizzazione di nuovi studi sul tema.
Notiziario delle 10:00 del 12.09.2023
Notiziario 12.09.2023, 10:10
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