È un successo amaro. La piccola associazione Caravane de solidarité aveva cominciato in marzo molto in piccolo. In poche settimane la distribuzione del sabato di pacchi alimentari è diventata talmente grande, da far muovere anche città e cantone che ora mettono a disposizione la logistica alla patinoire di Vernets e la consulenza dei servizi sociali. Sabato scorso sono stati distribuiti 1'683 i pacchi del valore di venti franchi con generi di base: riso, pasta, olio, tonno, sapone, pannolini per i bébé. Oggi, invece, ne sono stati distribuiti 2'600.
RG 12.30 del 03.05.2020 La distribuzione di cibo a Ginevra: il reportage di Lucia Mottini
RSI Info 15.05.2020, 15:49
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Chi era in fila ha aspettato per ore. Un fenomeno finito anche sulla stampa internazionale che sottolineava il contrasto tra la ricchezza di Ginevra e la povertà, certo accentuata dalla crisi del coronavirus. Ma perché la città si trova in questa situazione? Ci rispondono due specialisti. Alain Bolle, è il direttore del Centro sociale protestante a Ginevra e si occupa da anni di povertà e l’economista Giovanni Ferro-Luzzi, professore all’Università di Ginevra e alla Haute école de gestion, ha tra l’altro studiato l’operazione di regolarizzazione Papyrus.
Prima di tutto chi sono le persone in fila, tra cui si vedono molte donne e anche bambini?
Giovanni Ferro-Luzzi: Molti di loro lavorano nell’ombra e vivono con poco: appena il necessario per mangiare, vestirsi e qualche spesa per la salute. I settori per cui lavorano – economia domestica e ristorazione – sono stati tra i più colpiti dalla crisi. Con gli affitti molto elevati che ci sono a Ginevra, si trovano presto in difficoltà. Inoltre, anche chi ha un permesso B, non osa chiedere gli aiuti sociali perché teme che pregiudichi il rinnovo del documento, anche se c’è stata recentemente una comunicazione del governo rassicurante.
Alain Bolle: Una parte delle persone in coda hanno perso ogni reddito perché datori di lavoro scorretti li hanno lasciati a casa senza salario. Circa il 50% di loro non hanno uno statuto. Gli altri invece hanno dei diritti, ma i loro redditi sono talmente aleatori e i contratti di lavoro talmente spezzettati che non permettono loro di accedere alla disoccupazione parziale. Alcuni pur avendo un permesso B o C, anche con la disoccupazione non riescono ad arrivare a fine mese. C’è anche una piccola componente, meno del 5%, di richiedenti l’asilo che dispongono di 460 franchi al mese per le spese e quindi arrotondano con gli aiuti alimentari.
RG 12.30 del 10.05.2020 Le code per il cibo, occasione per un sondaggio: il reportage di Lucia Mottini
RSI Info 15.05.2020, 15:47
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Siete stupiti dell’alto numero di persone che escono alla luce del sole e fanno la fila per ore per un pacco tutto sommato ridotto?
Alain Bolle: Bisogna pensare che già nel 2017, quando il dipartimento guidato da Pierre Maudet ha lanciato l’operazione Papyrus, le associazioni parlavano di 10-12'000 persone in situazione irregolare. Nel frattempo, 2'300 persone sono state regolarizzate. Significa che i lavoratori dell’ombra sono ancora almeno 8'000 a Ginevra.
Il fatto che queste lunghe file appaiano a Ginevra, una città considerata ricca, ha suscitato stupore e commenti. È davvero un caso particolare o semplicemente questo tipo di distribuzione ha reso il fenomeno più visibile?
Giovanni Ferro-Luzzi: Probabilmente le due cose. È chiaro che i lavoratori clandestini si trovano piuttosto nelle città. Inoltre, a Ginevra ci sono molte persone originarie dell’America latina che sono impiegate presso le famiglie di diplomatici e funzionari delle organizzazioni internazionali. Quindi forse c’è una concentrazione più grande. Ma è anche una questione di visibilità: il fatto che ci sia appena stata un’operazione di regolarizzazione, rende forse queste persone meno timorose di uscire allo scoperto. E poi forse negli altri cantoni la distribuzione di pacchi alimentari non è stata organizzata in modo centralizzato.
Alain Bolle: Anche nel canton Zurigo i sans papiers esistono. Il canton Vaud sta scoprendo il fenomeno, perché la crisi lo rende più visibile. Sicuramente il settore alberghiero e della ristorazione è un grande consumatore di queste risorse.
Che cosa si dovrebbe fare allora di fronte a questa indigenza?
Giovanni Ferro-Luzzi: C’è la questione importante della sanità pubblica: fare come se queste persone non esistessero potrebbe essere controproducente. Occorre assicurarsi che, ad esempio, abbiano accesso al test del coronavirus se hanno i sintomi. E poi aiutare questa gente che si trova senza lavoro e bloccata a Ginevra dalla chiusura delle frontiere. In questo caso non è una questione di nazionalità: occorre organizzare la loro sopravvivenza in modo civile.
Alain Bolle: Ritorna la questione della regolarizzazione. Ma c’è anche quella dei controlli. I sindacati ve lo diranno e lo vediamo anche nell’applicazione delle misure Covid: gli ispettori del lavoro sono in numero nettamente insufficiente rispetto al numero di impieghi nel cantone. E i controlli spingono i datori di lavoro a regolarizzare i loro dipendenti. È stata tra l’altro una delle virtù dell’operazione di regolarizzazione Papyrus.
RG 18.30 del 21.02.2020 Operazione Papyrus, la corrispondenza di Lucia Mottini
RSI Info 15.05.2020, 15:42
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L'operazione Papyrus
L’operazione Papyrus è stata lanciata a Ginevra nel febbraio 2017 dal dipartimento della sicurezza e dell’economia diretto dal consigliere di Stato liberale-radicale Pierre Maudet, in accordo con la Segreteria di stato alla migrazione. L’obbiettivo era di regolarizzare in un modo più efficiente una parte dei lavoratori senza statuto presenti da anni nel cantone. Per ottenere un permesso tramite Papyrus, occorreva rispettare le seguenti condizioni: vivere da almeno dieci anni filati nel territorio (5 per le famiglie con bambini), essere economicamente autosufficiente, avere la fedina penale pulita. Sono criteri valevoli anche nel resto della Svizzera, ma a Ginevra la procedura è stata resa più semplice e veloce con la collaborazione attiva delle associazioni di aiuto agli immigrati. Al momento del bilancio nel febbraio di quest’anno, si contavano 2'350 regolarizzazioni nell’ambito dell’operazione Papyrus.