Restano ancora aperti molti interrogativi dopo l'arresto avvenuto mercoledì in Ticino di un 32enne svizzero-turco sospettato di aver reclutato combattenti jihadisti. Nel centro per richiedenti l'asilo di Camorino la Polizia federale non è intervenuta e resta da chiarire quindi anche se il presunto reclutamento abbia legami con l'attività svolta dall'agente di sicurezza in questa struttura.
E’ assodato che l’uomo, agente di sicurezza dell'agenzia privata Argo 1 SA di Cadenazzo, è finito dietro le sbarre con accuse pesanti. L'inchiesta condotta dal Ministero pubblico della Confederazione, lo ha precisato in mattinata ai colleghi di Modem il portavoce André Marty, è in corso da qualche settimana.
Tra le domande che restano ancora senza risposte chiare c’è il ruolo e il grado di coinvolgimento del cittadino turco, anche lui oggetto del procedimento penale federale. Fino a che punto si può parlare di una cellula terroristica? E perché a differenza del primo lui è indagato a piede libero? Una delle ipotesi, ma non vi sono conferme, è che possa essere accusato solo di violazione di rappresentazione di atti di cruda violenza e non degli altri reati molto più pesanti menzionati nella nota della Procura federale.
Per quanto riguarda il filone d'inchiesta ticinese rimane in stato di arresto provvisorio il 36enne direttore dell’Argo 1 SA, agenzia che si era aggiudicata la gestione della sicurezza dei due centri d'accoglienza per richiedenti asilo aperti nelle protezioni civili di Camorino e Peccia (quest'ultimo ora chiuso per l'inverno). Incarico, va da sé, che è già stato revocato.
CSI/R.L./EnCa