Le banche ticinesi celerebbero una serie di tesori di cartastraccia: vagonate di vecchie lire che non hanno più alcun valore. A sostenerlo è la sedicente Fondazione italiana risparmiatori (FIR) che tramite i media della Penisola ha svelato l’ennesimo caso del genere. Stavolta si tratta di 5 miliardi depositati in una cassetta di sicurezza all’UBS di Lugano ereditate, si legge sulle Prealpina, da un imprenditore di Varese dal nonno.
Una storia molto simile a diverse altre diffuse dalla stessa fonte: quella dei 3 miliardi emersa lo scorso aprile, o quella del miliardo svelata a dicembre e tante altre. Troppe. Tant’è che la FIR, come abbiamo già riferito, per queste e altre rivelazioni è finita al centro delle verifiche dei gruppi che svelano le false notizie in circolazione sul web.
In primo luogo, hanno accertato, non è iscritta nel registro delle fondazioni lombarde, non ha codice fiscale né partita IVA. Lei stessa, poi, sul suo sito (registrato 6 mesi fa a Brno, come verificato da RSI) si definisce una associazione. Ma non solo. Della FIR non c’è traccia all’indirizzo dove avrebbe sede (Via Tortona 37 a Milano).
Ad essere reale è invece il numero di cellulare. Una volta chi rispondeva era tale Andrea Rossi. Ora è di Giovanni Rossetti. Un tempo, come rivelato dal Corriere della Sera il 21 aprile 2018, apparteneva a tale Giacinto, la fonte di tanti finti scoop smascherati da Striscia la notizia, come scoperto da David Puente, consulente della polizia postale e cacciatore di bufale.
Diem