Giacomo Puccini
La Recensione

Turandot a Caracalla

Puccini nel 21° secolo

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  • 20.09.2024
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Di: Paolo Prato  

Aveva un bel dire Berlioz che la musica all’aperto è un non senso. Chiedetelo alle migliaia di persone che hanno applaudito la Turandot che ha chiuso la stagione estiva del Teatro dell’Opera di Roma… Una rappresentazione, quella diretta da Donato Renzetti, che ha regalato momenti di entusiasmo e coinvolto più generazioni grazie a una regia spettacolare e inusuale a firma di Francesco Micheli. Niente a che vedere con lo sfarzo e l’esotismo di maniera che hanno fossilizzato l’opera anche oltre il proprio tempo: al contrario, una scena futuribile firmata dall’archistar Massimiliano Fuksas e la sua compagna Doriana colloca la principessa senza cuore nell’iper-modernità digitale, mentre le antiche rovine diventano fondali su cui vengono proiettati fasci di luci laser, icone della cultura pop e spezzoni di video. Realtà e finzione sono ribaltate: Turandot è una hikikomori che coltiva la propria solitudine nella propria cameretta dove si trastulla con il computer – unica presenza nel biancore più totale - mentre è il proprio avatar (Lise Lindstrom) ad agire su un palcoscenico che l’ha ospitata più volte: con Aida, Turandot è uno dei superclassici di Caracalla, dove esordì nel lontano 1938. Tutto è ridotto all’essenziale. Non vi sono cambi di scena se non suggeriti dalle fantasmagorie che accelerano le percezioni visive e trasportano vicenda e spettatori all’interno di un gigantesco videogioco. In tutto ciò la musica, apparentemente, passa in secondo piano. Un po’ perché arcinota e persino ingombrante, almeno dagli anni Novanta quando i Tre Tenori riqualificarono Nessun dorma come inno sportivo, rendendolo virale. Un po’ perché la componente visiva e teatrale è diventata ormai il terreno di confronto privilegiato per tramandare un repertorio che continua a vivere di sovvenzioni statali e necessita di aggiornarsi per parlare al pubblico di oggi, molto diverso. Certo, gli spalti dell’antico stabilimento termale hanno pur sempre attirato la classe medio alta, inclusa una grossa quota di turisti immersi nelle immarcescibili vacanze romane. Ma l’opera resta uno spettacolo popolare, a cui la fruizione open air aggiunge piacere e persino una salutare dose di entertainment.

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