Ci siamo spesso imbattuti in un’impasse, parlando di Africa da qui, dall’Europa o da qualunque altro luogo che non sia l’Africa. Un’impasse che può essere esemplificata molto bene dalla facilità – o forse meglio faciloneria – con cui per esempio raccontando l’arte africana, ne abbiamo affermato il valore etnologico. Come se ad avere un contenuto e un valore squisitamente artistico potesse essere solo l’arte occidentale (o dei Paesi sviluppati, insomma). Per cambiare la narrazione, non devono semplicemente cambiare le categorie: deve forse cambiare il narratore.
La moda africana ci ha offerto esattamente questo: uno sguardo diverso, una storia diversa. La nostra porta d’accesso è stato il primo rapporto dell’UNESCO, l’agenzia delle Nazioni Unite per la cultura, dedicato a questo settore, tanto vitale per l’economia africana, quanto promettente dal punto di vista simbolico e “narrativo”. Con noi Lulu Shabell, consulente e imprenditrice (fondatrice del gruppo Lulubell), che ha partecipato alla stesura del rapporto.
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