Mezzo secolo fa, quando si parlava di “rock” era immediatamente percepibile il suo valore semantico. La stessa definizione ha successivamente generato una serie di sottogeneri (folk rock, blues rock, jazz rock, rock progressive…) unificati da una stessa matrice.
Nei tempi odierni, i valori iniziali hanno perso il loro significato; il suono è cambiato e assistiamo ad una sorta di abuso del definirsi “rocker”; chi s’annovera in questa categoria ha spesso poca conoscenza delle origini e della storia di questa importante forma artistica generatasi nella seconda metà del ventesimo secolo. Altri l’hanno abbandonato come forma espressiva di protesta preferendogli ambiti come il rap, la trap, il pop. Pertanto, cos’è rimasto del “rock” come lo conoscevamo?
Ci rispondono il giornalista e prolifico scrittore Massimo Cotto (di recentissima uscita il suo nuovo libro “Il rock di padre in figli*”) e Claudio Trotta, punto di riferimento per il settore dei live e della divulgazione musicale in Italia.
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