L'arresto, in Bolivia, del terrorista italiano Cesare Battisti il 13 gennaio ha riaperto il dibattito sui cosiddetti “anni di piombo”, una delle pagine più sanguinose della storia italiana. Così, a 40 anni di distanza, l'Italia si è detta più determinata che mai ad andare a caccia di tutti i terroristi latitanti protagonisti di quel periodo che si sono rifugiati all’estero.
Sul tavolo ci sarebbero 30 nomi ma molti di loro hanno ormai acquisito la cittadinanza straniera e quindi non sono più estradabili. Fra loro, Alvaro Lojacono Baragiola che da anni vive in Svizzera; ex brigatista rosso complice anche nella strage in via Fani a Roma che portò al sequestro di Aldo Moro, presidente della DC, la cui uccisione 55 giorni dopo segnò l’apice di quegli anni. Il 63enne, condannato in Svizzera e in Italia per vari fatti connessi con gli anni di piombo, non ha mai scontato le pene pronunciate dalla giustizia italiana, relative alla strage in via Fani.
C’è chi – non solo in Italia - vorrebbe riaprire il caso, ma l’Ufficio federale di giustizia a Berna precisa che ormai la faccenda è chiusa e la Svizzera non permette l’estradizione di un suo cittadino. Come mai tanto clamore attorno a una vicenda di 40 anni fa? Ci saranno nuovi colpi di scena? Una confusione giuridica da chiarire e un tuffo nel clima degli anni ’80 per comprendere il contesto storico degli anni di piombo.
Modem affronta il tema con:
Agnese Balestra Bianchi, ex presidente della Corte d’assise di Lugano che condannò Baragiola all’ergastolo;
Dick Marty, già procuratore pubblico a cavallo tra gli anni ’70 e ’80;
Vladimiro Satta, storico e documentarista, autore di vari libri sugli “Anni di Piombo” e sul “caso Moro”.
Modem su Rete Uno alle 8.20, in replica su Rete Due alle 19.25. Ci trovate anche sul Podcast e sulle app: RSINews e RSIPlay
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