Gli svizzeri partiti a combattere sono una cinquantina
Modem

L’anti-jihad della Confederazione

L’Ufficio federale di polizia sta valutando nuove misure contro il terrorismo

  • Keystone
  • 27.02.2015
  • 30 min
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Anche la Svizzera si sta muovendo contro il terrorismo jihadista. L’Ufficio federale di polizia (Fedpol) è al lavoro per estendere e completare gli strumenti finora a disposizione. Fra le misure in fase di valutazione ci sono la creazione di un una hotline a disposizione dei genitori di giovani che si sospetta si stiano radicalizzando e l’estensione dei dati dei passeggeri che transitano dagli aeroporti elvetici.

A fare il punto della situazione, giovedì a Berna, una speciale task force di Fedpol, stando alla quale il ritiro del passaporto di chi è in procinto di recarsi in Iraq o in Siria o il divieto di entrata in Svizzera di presunti jihadisti non sono invece ritenute soluzioni adeguate.

Viene per contro data molta importanza al dialogo con la comunità musulmana (da riprendere ed estendere), al fine di evitare l’eventuale radicalizzazione di alcuni suoi esponenti. In quest’ambito, così come riguardo alle misure più intrusive e repressive, Berna intende coinvolgere maggiormente le polizie cantonali.

In attesa della revisione della Legge sui servizi d’informazione (che sta per essere discussa dal Parlamento), come valutare efficacia e tempi d’attuazione di quanto presentato da Fedpol? I recenti tragici attentati giustificano un intervento più celere e incisivo? In che misura e con quali modalità è opportuno coinvolgere le comunità musulmane in Svizzera? Modem ne parla con Stefan Blättler (presidente della Conferenza dei comandanti di polizia cantonali); Lorenzo Vidino (esperto di sicurezza e terrorismo) e con Matteo Gianni (dottore in Scienze politiche all’UNI di Ginevra, esperto di Islam).

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