Nel giorno in cui il Parlamento elvetico ha deciso la creazione di un Istituto nazionale per i diritti umani (INDU), il Consiglio nazionale ha approvato, con 106 voti a 81 e 1 astensione, una mozione che incarica il Consiglio federale di concretizzare gli obiettivi concernenti i diritti umani in Cina.
Si chiede, ad esempio, che in occasione di tutti gli incontri, bilaterali e multilaterali, e di tutti i colloqui a tutti i livelli gerarchici con Pechino, il tema sia abbordato. Le rappresentanze svizzere in Cina dovrebbero inoltre potenziare la loro competenza specialistica in ambito di diritti umani mediante risorse di personale.
Questo passo è stato giudicato eccessivo da una minoranza che ne chiedeva la bocciatura, considerando sufficienti i propositi formulati nella Strategia Cina 2021-2024 del Consiglio federale, per altro, contrario alla mozione. Ricordiamo che i rapporti ufficiali fra Svizzera e Cina risalgono al 1950 mentre, in tempi più recenti (2014), fra Berna e Pechino è entrato in vigore un accordo bilaterale di libero scambio. La pietra d’inciampo, tuttavia, riguarda proprio il capitolo dei diritti umani, un tema sul quale il dialogo è, di fatto, bloccato.
In attesa che il Consiglio degli Stati si pronunci sulla mozione a Modem ne discutiamo con:
Anna Giacometti, Consigliera nazionale PLR/TI e membro della Commissione di politica estera;
Simona Grano, sinologa all’Università di Zurigo;
Jon Pult, Consigliere nazionale PS/GR e membro dell’Alleanza interparlamentare sulla Cina.
In registrato anche il Consigliere nazionale Roger Köppel UDC/ZH.
Modem su Rete Uno alle 8.20, in replica su Rete Due alle 19.25. Ci trovate anche sul Podcast e sulle app: RSINews e RSIPlay
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