Discriminazioni diffuse, persecuzioni in aumento. È un quadro allarmante quello che emerge dal rapporto 2016 sulla libertà religiosa nel mondo (pubblicato dall’ Aiuto alla Chiesa che soffre). Riferisce di un netto peggioramento delle violazioni rispetto al rapporto precedente, del 2014. Attentati; esecuzioni sommarie; chiese, moschee, templi incendiati; pulizie etniche. In 38 su 196 paesi al mondo la situazione è definita grave o gravissima.
Sono essenzialmente tre i macro-fenomeni che concorrono all’aumento delle violazioni delle libertà fondamentali e religiose in particolare: le migrazioni forzate (per la guerra o la fame); il crescente fondamentalismo dei regimi autoritari; il genocidio come strumento delle guerre di religione. In ben due terzi dei paesi al mondo (che inglobano 5 miliardi di persone) non è garantita nessuna libertà religiosa.
Come far fronte a questo drammatico scenario? È possibile intervenire per frenare o quantomeno contenere le sanguinose persecuzioni? E in che modo le religioni incidono sulle relazioni internazionali, sullo scacchiere geopolitico mondiale?
Ne parliamo a Modem con:
Roberto Simona, responsabile per la svizzera italiana e romanda di “Aiuto alla chiesa che soffre” e tra i curatori del rapporto 2016
Samir Jelassi Radouan, imam della moschea della Lega dei musulmani in Ticino
Fabio Petito, docente di relazioni internazionali all’Università di Sussex, nel Regno Unito
Loretta dal Pozzo, collaboratrice Rsi dall’Asia, sulla difficile situazione in Myanmar e Indonesia.
Padre Jihad Youssef, monaco della comunità Deir Mar Musa in Siria, fondata da Padre Paolo dall’Oglio.
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