salario basso, salari mediani ticinesi
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Quei salari mediani ticinesi che preoccupano: cosa fare?

Di Antonio Bolzani

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  • 20.03.2024
  • 41 min
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Il Ticino è il fanalino di coda nella classifica nazionale dei salari mediani: ne parliamo oggi sulla scia di quanto è stato pubblicato ieri dall’Ufficio federale di statistica. Le cifre comunicate hanno però scatenato un vivace botta e risposta fra i sindacati e le organizzazioni padronali. Il tema del dibattito: il valore di queste statistiche e di questi confronti fra singoli Cantoni e regioni, un argomento che sta suscitando un acceso dibattito. Di fronte ai numeri che fra poco vi esporremo, qual è la vostra prima reazione? Ne parliamo con voi in diretta allo 0848 03 08 08, oppure scriveteci via Wathsapp allo 076 321 11 13. Diamo uno sguardo più approfondito a quanto è stato comunicato ieri. Il salario mediano lordo in Svizzera per un posto a tempo pieno era di 6’788 franchi al mese nel 2022, secondo i dati della rilevazione pubblicata dall’Ufficio federale di statistica, ma in Ticino non superava i 5’590 franchi. Rispetto al 2020 il salario mediano svizzero è aumentato di 123 franchi, mentre quello ticinese di solo 46 franchi. Il divario è così cresciuto da 1’119 a 1’198 franchi. Queste sono le cifre nude e crude. Il 10% dei dipendenti meglio pagati ha superato i 12’178 franchi, il 10% meno pagato è rimasto al di sotto dei 4’487. Il 12,1% della popolazione attiva ha percepito un reddito giudicato “basso”, ovvero meno di 4’525 franchi. Gli esperti della Confederazione hanno constatato che dal 2008 la piramide dei salari è rimasta sostanzialmente stabile: per la parte meglio retribuita e per quella meno pagata si è registrato un incremento rispettivamente del 13,5% e del 14,3%. È andata meno bene alla cosiddetta classe media (+11,5%). E se la differenza fra uomo e donna si sta progressivamente riducendo (dall’11,5% del 2018 al 9,5% del 2022), ma rimane forte soprattutto fra chi occupa posizioni di responsabilità, altri fattori hanno ancora un impatto molto significativo. Di quello regionale abbiamo detto: il Canton Zurigo risulta avere i salari migliori, davanti all’area lemanica, mentre il Ticino figura all’ultimo posto (8’755 franchi per un quadro superiore, 3’000 in meno di uno zurighese, e 5’184 per gli altri). E poi il settore di occupazione: in rami quali il settore farmaceutico, l’informatica, le banche e l’industria del tabacco si guadagna significativamente di più che nelle costruzioni, nell’industria meccanica e soprattutto che nel commercio al dettaglio, la ristorazione, i servizi di alloggio e quelli personali, che figurano in fondo alla scala. La posizione occupata - di responsabilità o meno - determina le differenze salariali ancor più della formazione. Un laureato guadagna 10’210 franchi in media, ma sono 13’833 se è un capo a 8’841 se non lo è. Scarti analoghi si riscontrano anche per le altre tipologie di diploma. Infine il permesso di soggiorno: la manodopera straniera con elevate responsabilità incassa di più di quella svizzera. Ad esempio, i frontalieri (permesso G) che occupano posizioni ad alto livello di responsabilità guadagnano 10’707 franchi, quelli con permesso di domicilio (permesso C) 11’495 franchi e quelli con permesso di dimora (permesso B) 12’791 franchi, rispetto ai 10’476 franchi percepiti dal personale dipendente svizzero. Questa situazione si capovolge se consideriamo i posti di lavoro che non comportano responsabilità gerarchiche. Con 6’496 franchi, la remunerazione del personale dipendente di nazionalità svizzera senza funzione di quadro è superiore ai salari versati alla manodopera straniera, ovvero 5’300 franchi per le persone titolari di un permesso B, 5’787 per quelle con permesso C e 5’859 per quelle con permesso G. Riassumendo: fra i Cantoni svizzeri e il Ticino il divario salariale cresce ancora. Nel 2022 la retribuzione mediana nel Cantone era di 5’590 franchi, quella nazionale di 6’788. Inoltre il 12,1% della forza lavoro ha una paga “bassa” ma diminuisce lo scarto fra uomini e donne.

È ospite:
Sergio Rossi, professore ordinario di macroeconomia e di economia monetaria all’Università di Friborgo

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