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Amico e avversario, è il tempo nelle sue infinite contraddizioni

Ecco la seconda puntata di Clichè con Michele Figini, Nick Hayek, Maccio Capatonda, Cristina Zavalloni e Stefano Nazzi

  • 12 ottobre, 10:00
  • 14 ottobre, 11:20
49:30

Tempo

Cliché 11.10.2024, 21:45

  • Keystone
Di: Tommaso Soldini 

Dal 4 ottobre 2024 è ripartita una nuova stagione di Cliché. Nuovo studio, nuovo giorno di messa in onda, nuovi cliché da indagare per un nuovo ciclo di sei puntate del magazine culturale di LA 1. Giunto alla sesta edizione, il format creato da Lorenzo Buccella si è rinnovato completamente e si è spostato a venerdì, dopo Patti Chiari. Accompagnano il percorso di ogni puntata le recensioni letterarie dello scrittore Tommaso Soldini (che qui firma un pezzo presentando la seconda puntata dedicata al tempo), gli interventi musicali di Camilla Sparkss e, tra le novità di questa stagione, le opere di video-arte realizzate con i materiali originali degli archivi storici RSI dall’artista Sir Taki. Buona lettura.

Sono le zero nove zero zero. È tempo. La discesa libera femminile, valida per le medaglie olimpiche, sta per avere inizio. La telecamera inquadra Michela Figini che, a pochi minuti dalla partenza, sta flettendo le ginocchia, roteando le braccia in alto, sciogliendo gli ultimi muscoli intirizziti dal freddo e dall’altitudine.

Le montagne della cornice fanno ancora pensare che la crisi climatica sia un sogno cattivo di pochi scienziati pazzi, un futuro distopico che non si farà mai presente; le cime sono tutte come devono essere, la neve è ovunque, bianca, soffice, polverosa.

La sciatrice svizzero-italiana appare concentrata, si direbbe che ha voglia di vincere, che è pronta, che la concorrenza conta e non conta. Sono tante le ragazze che potrebbero batterla, ma lei sa che la prima e più insidiosa avversaria è lei stessa. La sua mente. Perché, quando vai a cento chilometri all’ora, tu sei comunque ferma sugli sci. Sono loro a correre, loro a rovinare verso il basso. Tu, piegata come se avessi bruciori di stomaco lancinanti, devi guardare avanti e spostare il peso quel millimetro che basta per imboccare un tornante, virare dall’altra parte, raggiungere la velocità di punta.

Michela Figini adesso abbassa la cerniera della giacca pesante, si libera anche dai pantaloni, ne emerge una figura snella, quasi più nervi che muscoli, fasciata dalla tuta che per colori e disegni ricorda un orologio svizzero, il cinturino giallo pop, il quadrante fantasioso, la perfezione della puntualità.

Si avvicina adesso al cancelletto di partenza, il casco che le protegge gli occhi e la fronte, chissà se è un sorriso, quello che sembra trasparire, o una smorfia di tensione, la ricerca dello stato mentale ideale, quello che alcuni chiamano tempismo, e cioè la capacità di sguinzagliare le energie, le motivazioni, le ambizioni, tutte pronte per essere liberate nello stesso momento, in quel minuto e venti secondi predisposto per entrare nella storia dello sport.

Una gara di discesa libera potrebbe allora somigliare a tutta una vita: il cronometro che parte, le bandierine da seguire, da interpretare, le curve, i rettilinei, l’esigua possibilità di scelta. La curva la prendo in anticipo o la affronto a tutta? E infine l’arrivo, tra gli applausi di gioia se è un trionfo, di rispetto se, comunque, ci hai provato, ma non hai vinto.

Anche questa seconda puntata di Cliché potrebbe essere vista come una corsa contro il tempo che somiglia a tutte le corse, anche a quelle più estreme. Un’introduzione, una traccia da seguire, le deviazioni, e infine tagliare il traguardo, in quei cinquanta minuti che sono il nostro tempo a disposizione per andare a caccia del valore dei luoghi comuni. Perché siamo tutti un po’ come degli sciatori che, pur stando fermi, affrontano i dirupi.

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