Arte

Addio a Monique Jacot

La grande fotoreporter e fotografa svizzera ci ha lasciati all’età di 89 anni

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Monique Jacot, Museo Tinguely, Basilea 1999

  • Keystone
Di: Red
A 19 anni sono entrata all’École des arts et métiers di Vevey. Fin dal primo trimestre dovevo avere una Rolleiflex. Ho lavorato come segretaria al tiro federale per potermene acquistare una. Una volta uscita dal negozio con il mio apparecchio nuovo fiammante, ho inserito un rullino e sono andata al Parc de Milan a Losanna per scattare delle fotografie. La mia prima immagine importante si trova su questa prima pellicola. Ritrae dei bambini che camminano davanti a delle roulotte. Questa fotografia non mi ha mai abbandonato. L’ho sempre tenuta e mi ha seguita fino ad oggi.

Monique Jacot, intervista di Nathalie Herschdorfer, 2020

È morta ieri la fotografa svizzera Monique Jacot, era nata il 19 agosto 1934, stava per compiere 90 anni. Monique Jacot aveva studiato fotografia, a metà degli anni ‘50, alla Scuola di Arti applicate di Vevey, era allieva di Gertrude Fehr. Fotografa “umanista”, con una spiccata empatia e particolare attenzione per i temi sociali e culturali, per tutta la durata della sua carriera non ha mai smesso di viaggiare.
Si reca negli Stati Uniti, ma anche nell’allora URSS, intraprende diversi viaggi in Cina, fotografa la Primavera di Praga e i funerali di Franco in Spagna. Svolge poi numerosi viaggi per conto dell’Organizzazione mondiale della sanità per la quale lavora dal 1959. Queste missioni le permettono di visitare diversi Paesi dell’Africa e del Vicino Oriente, in particolare lo Yemen. E come fotografa indipendente ha effettuato numerosi reportage, pubblicati in riviste come du e Camera.

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Per oltre 15 anni è impegnata a documentare la condizione femminile in Svizzera, allora assai trascurata dalla fotografia. Nel 1984 inaugura un importante progetto che la occupa fino al 1999: la documentazione delle condizioni di vita delle donne in Svizzera, nelle campagne e nelle fabbriche. Un impegno sfociato nella pubblicazione dei volumi Femmes de la Terre (1989), Printemps de femmes (1994) e Cadences: l’usine au féminin (1999).
Nel 2005 la Fondazione svizzera per la fotografia di Winterthur le aveva dedicato una importante retrospettiva.

Mentre i suoi reportage di dimensione sociale e politica evolvono verso una visione umanistica che si esprime in bianco e nero, dagli anni Settanta e Ottanta Monique Jacot esplora una fotografia che si allontana dallo stile documentario. Le sue ricerche la portano a nuove produzioni di immagini, in cui predomina la sperimentazione visiva. Negli ultimi anni Monique Jacot si era allontanata progressivamente dal fotogiornalismo classico, svolgendo i suoi grandi progetti da sola e senza committenti, per poi diffonderli sotto forma di pubblicazioni e mostre. In questo senso va la mostra che aveva inaugurato mesi fa a Venezia e che è ancora in corso (aperta fino al 14 settembre). Dal titolo: La figura e i suoi doppi, è un’accurata selezione di scatti presentata nella cornice del Palazzetto Bru Zane, durante la Biennale di Venezia.

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