Arte e Spettacoli

Amedeo Modigliani

Artista irrequieto dal fascino eterno

  • 12.07.2023, 00:00
  • 31.08.2023, 11:26
Amedeo Modigliani
Di: Francesca Cogoni 


Mi guardavi e parlavi dei volti tuoi strani degli occhi a cui hai tolto l’età…

Il 24 gennaio 1920, all’Hôpital de la Charité di Parigi, moriva Amedeo Modigliani, stroncato a soli 35 anni da una meningite tubercolare, fase terminale della tubercolosi polmonare che lo affliggeva fin dalla giovanissima età. È un inverno gelido, l’artista sta finalmente acquisendo notorietà e successo. Ha tanti amici a Parigi, compagni di bevute ed estimatori, tutti affascinati dal suo carisma e dalla personalità unica. Medita di ritornare in Italia, nella sua Livorno, per un po’ o per sempre, insieme alla compagna, la pittrice Jeanne Hébuterne, che aspetta da lui il secondo figlio. Ma i sogni e i buoni propositi si infrangono al cospetto della dura realtà: quella di un’esistenza irrequieta, lacerata dagli eccessi, segnata dalla mescolanza di grandezza e miseria. Straziata dal dolore, il giorno dopo la morte del compagno, Jeanne Hébuterne si suicida lanciandosi dal quinto piano. Al funerale di Modigliani ci sono tutti: Picasso (che lo invidiava per l’ineguagliabile stile), Max Jacob, André Derain, Maurice Vlaminck, Paul Guillaume… Un lungo e solenne corteo funebre accompagna il feretro fino al cimitero di Père-Lachaise. “Morte lo colse quando giunse alla gloria” è inciso sulla tomba dell’artista, dove molti anni più tardi saranno finalmente trasferite anche le spoglie dell’amata Jeanne, “compagna devota fino all’estremo sacrifizio”.

Ecco il tragico epilogo della breve e turbolenta vita di Amedeo Modigliani, e la nascita della sua leggenda. Da questo momento in poi avrà la nomea di “artista maledetto”. Dicerie e aneddoti più o meno veritieri si sprecheranno sul suo conto. Difficile ricostruire un ritratto preciso e legittimo, non offuscato da notizie ingannevoli e montature. A fare chiarezza sulla sua biografia ci penserà nel corso degli anni la figlia Jeanne, che dopo la prematura morte dei genitori viene affidata alla nonna paterna.

Amedeo Modigliani, opere

Amedeo Clemente Modigliani nasce il 12 luglio 1884 a Livorno da una famiglia borghese della comunità ebraica, ultimo di quattro figli. Suo padre, Flaminio Modigliani, è titolare, sulla via della bancarotta, di alcune società agricole e minerarie in Sardegna; sua madre, Eugénie Garsin, nata a Marsiglia ma di famiglia livornese, è una donna colta, tenace e intraprendente, che sopperisce alle necessità familiari e compensa l’assenteismo e i fallimenti del marito impartendo lezioni private e lavorando come traduttrice e critica letteraria. È lei a occuparsi dell’istruzione di Amedeo, a inculcargli l’amore per la lettura e per il sapere. Il piccolo Modigliani cresce in un clima familiare movimentato e carico di stimoli intellettuali, ma fin dall’adolescenza la sua salute è cagionevole: contrae dapprima una febbre tifoide, poi una pleurite che si trasformerà in tubercolosi. Con la madre, si reca dunque nel Sud Italia, a Napoli, Capri, Amalfi e poi Roma, per curarsi e cercare sollievo. Durante questi soggiorni, il giovane Amedeo è colpito dalla bellezza dell’arte antica italiana. Sin dalla tenera età mostra un profondo interesse per il disegno e riempie pagine e pagine di schizzi. Così, nel 1898, Dedo, come viene affettuosamente chiamato in famiglia, decide di abbandonare gli studi, stremato anche dalle gravi condizioni di salute, e di indirizzarsi verso l’arte. La madre gli concede di fare pratica nell’atelier di Guglielmo Micheli, allievo del celebre pittore livornese Giovanni Fattori, principale esponente dei Macchiaioli. Negli anni successivi, Modigliani continua la sua formazione frequentando la Scuola Libera di Nudo presso le Accademie di Firenze e di Venezia. Nella città lagunare, riceve “gli insegnamenti più preziosi della vita”, come riporta in una lettera all’amico Oscar Ghiglia, e resta folgorato dalla grande pittura veneta, in particolare da quella di Vittore Carpaccio. Sebbene le sue prime opere risentano della scuola “macchiaiola”, Modigliani non ama dipingere paesaggi, cerca ardentemente nuovi stimoli, vuole evadere. Poco più che ventenne, scrive all’amico lontano: “Affermati e sormontati sempre. L’uomo che dalla sua energia non sa continuamente sprigionare nuovi desideri e quasi nuovi individui destinati per affermarsi sempre e abbattere tutto quel che è di vecchio e di putrido restato, non è un uomo, è un borghese, uno speziale”. Sono parole impetuose, colme di vitalità, che lasciano trapelare le letture giovanili di Modigliani: Nietzsche e D’Annunzio, in particolare. E si narra che sia proprio con una copia di Così parlò Zarathustra e con una de La Divina Commedia che, nel 1906, il “giovanetto di belle fattezze e di volto gentile”, per usare le parole dell’amico Ardengo Soffici, approda nella rutilante Ville Lumière.

12:03

Documentario Amedeo Modigliani

RSI Cultura 09.10.2023, 08:13

La “città delle luci” all’inizio del Novecento straripa di artisti da ogni dove: qui sta sbocciando la grande arte del nuovo secolo, qui l’artista livornese vuole dare vita a “un’opera nuova”, sviluppando un linguaggio tutto suo, che assorbe e filtra le tendenze emergenti pur restando indipendente e originalissimo. A Parigi, Modì, come viene appellato dai suoi amici francesi, vive e vivacchia tra Montmartre e Montparnasse, si confronta con numerosi artisti, frequenta mostre e gallerie, partecipa più volte al Salon d’Automne e a quello des Indépendants, e spesso paga nei caffè e nelle trattorie con i cosiddetti “dessin à boire”, disegni realizzati in maniera estemporanea su tovagliette e pezzi di carta.

Modì=Maudit (“maledetto” in francese). Si narra che l’arte non fosse la sola ossessione di Modigliani: ci furono anche l’alcol e le droghe, abitudini condivise da gran parte degli artisti, chi più chi meno, nella Parigi di inizio Novecento. Come sottolinea bene Corrado Augias nel libro Modigliani, l’ultimo romantico (Mondadori, 1999), nel racconto della vita di questo singolare artista “storia e leggenda sono così strettamente mescolate da risultare quasi inestricabili. Anche le testimonianze di coloro che lo conobbero sono contraddittorie”. C’è chi ne esalta l’animo gentile ed educato e l’eccellente cultura (Modigliani è solito declamare i versi danteschi mentre dipinge), chi invece lo considera ubriacone e rissoso, e chi ancora lo paragona a un moderno “Antinoo” per i suoi ricci e il portamento fascinoso. Quel che è certo è che lo sguardo attento di Modigliani si posa su tanti, tantissimi modelli nel breve corso della sua carriera. Innumerevoli i ritratti realizzati, gran parte dei quali femminili: ci sono amanti e amici, serve e bambini, mecenati e artisti nella sua copiosa produzione pittorica. Sono ritratti dalla forte carica espressiva, dalle pennellate svelte e nette, dai colori e i tratti via via più rarefatti. Mostrano linee sinuose e colli affusolati, mani posate sul grembo e occhi allungati, vuoti, cupi, e poi spudorati e imponenti nudi (nel 1917, presso la galleria Berthe Weill di Parigi, la prima personale dell’artista viene chiusa immediatamente per lo scandalo provocato dai suoi nudi). Farsi ritrarre da Modigliani è come farsi leggere l’anima. L’artista riesce a trasferire sulla tela l’essenza dei soggetti che ha di fronte, pur semplificando e depurando al massimo le figure. Per un certo periodo, si dedica anche alla scultura, dando vita a volti affilati dai lineamenti arcaizzanti che richiamano l’arte africana. In tutti i lavori di Modigliani ritroviamo l’intenso vitalismo, ma anche la profonda malinconia e l’inquietudine del suo essere. L’artista non cerca facili consensi e non vuole sottostare ad alcun precetto. La sua originalità risiede nell’“equilibrio tra l’ossessione e la calma” secondo Giuseppe Ungaretti.

Amedeo Modigliani, Pablo Picasso e André Salmon

Amedeo Modigliani, Pablo Picasso e André Salmon

  • © Musée Carnavalet

Nel volume Ricordi via Roma. Vita e arte di Amedeo Modigliani (Il Saggiatore, 2010), Beatrice Buscaroli descrive in modo molto efficace l’arte di Modì: “Per lui la storia, tutta la storia, sta dentro quei volti, con la potenza indicibile che trasmette loro. Non sono soltanto ritratti. Sono immagini eterne che travalicano il loro tempo e rappresentano l’umanità intera. Fanciulle, servette, pittori falliti, scultori poveri, amanti, mercanti. Stanno dentro la linea pura che li eleva a immagini destinate a durare; hanno addosso il ricordo della scultura trecentesca, della pittura di Botticelli e di Carpaccio. […] Hanno la forza di una vita che per trovare quella forma è morta e resuscitata”.

Oggi, nell’accostarci alle opere di questo straordinario protagonista del Novecento (imperdibile in questi giorni la mostra Modigliani e l’avventura di Montparnasse. Capolavori dalle collezioni Netter e Alexandre, presso il Museo della Città di Livorno fino al 16 febbraio), il modo migliore per coglierne la bellezza e il senso più autentico è quello di sgomberare la mente dai luoghi comuni, di allontanare per un attimo l’immagine del genio scapestrato e vizioso e di pensare a quella di un artista libero e indipendente, un uomo forte e fragile allo stesso tempo che, prendendo a prestito le parole dell’amico Léon Indenbaum, “bruciò la sua vita… lavorando per la nostra gioia”.

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