Mi sono sempre mosso come se mi mancasse qualcosa. Ho desiderato sempre qualcosa in più. E ho tardato talvolta il cammino d’artista deliberatamente, perché aspettavo che tutte le pedine andassero al loro posto.
Emilio Isgrò
Emilio Isgrò ha riassunto così la sua spinta a fare arte nel docufilm, uscito l’anno scorso per celebrare i 60 anni dalla nascita delle sue cancellature, dal titolo: Emilio Isgrò. Autocurriculum sotto il sole, per la regia di Davide Bassanesi.
Il documentario racconta la vita e l’opera di un creativo di grande spessore: l’artista siciliano Emilio Isgrò, classe 1937, tra i massimi esponenti dell’arte contemporanea. Artista tra arte e letteratura: maestro dell’arte concettuale e della poesia visiva, Isgrò ora celebra l’uscita, per Solferino, della sua autobiografia: Io non cancello la mia vita fraintesa. Volume curato da Chiara Gatti, storica e critica d’arte, direttrice del MAN di Nuoro, intervistata per Alphaville.
Una originale autobiografia nella quale Isgrò si racconta e parla della sua genesi creativa, l’opera di un artista e intellettuale tra i più stimati a livello internazionale. Un artista che ha deciso di cancellare per evidenziare ciò che abbiamo dimenticato, ciò che abbiamo perduto: «Cancellare per ricordare», come dice lui.
“Cancellare per ricordare”: sembra un paradosso, invece è l’arte – intrisa di un pizzico di ironia – di un genio che non ha mai smesso di avere fiducia nell’uomo e nel mondo.
Chiara Gatti, curatrice di “Io non cancello la mia vita fraintesa” (Solferino, 2024)
Emilio Isgrò: una vita fraintesa?
Alphaville 22.01.2025, 11:30
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Nato a Barcellona Pozzo di Gotto in Sicilia nel 1937, ha cominciato la sua carriera come poeta, diventa giornalista, scrittore e poi artista visivo. Autore di storiche cancellature, un gesto forte volto a nascondere, con un tratto nero rosso o anche dorato, parti di un testo stampato, con l’intento di creare un nuovo significato, con la volontà di mettere in risalto la tensione tra l’invisibile e il visibile, tra l’assente e il presente.
Capivo che scrivevo cancellando, anzi, che cancellando in effetti scrivevo. Adesso per cancellare scrivo e per scrivere cancello
Emilio Isgrò
Chiara Gatti ricorda a Marco Pagani in Alphaville che Emilio Isgrò aveva iniziato come giornalista al “Gazzettino di Venezia” nei primi anni ‘60: «Correggeva le bozze di tanti scrittori e giornalisti per cui da correttore e ne lavoro editoriale al giornale lui cancellava, sistemava i testi. E guardando un articolo si rende conto che queste cancellature sulla pagina erano molto forti, questi segni neri che tracciava proprio con la penna, avevano un forte valore sia grafico che di comunicazione, andando a rendere il pezzo, che stava passando al giornale, ancora più forte. Per cui uno di questi piccolissimi ritagli, tipo da colonnino, lo aveva tolto dalle pagine del giornale e mostrato ad un gallerista di Venezia. Siamo ai primi anni ‘60 e questo gallerista gli ha detto ma guarda che questa cosa è potentissima, ha veramente un significato forte sia visivo che intellettuale».
Emilio Isgrò
Aveva già scritto raccolte di poesia e si accorse che spesso le parole venivano usate a casaccio si è dunque detto “mettiamo ordine nelle parole”. Chiara Gatti: «La provincia “colta ma sonnolenta” di Messina gli dà i natali, Milano lo accoglie in pieno boom economico come poeta già apprezzato e aspirante giornalista. Poi, l’esperienza veneziana e la virata verso le arti visive, la sua consacrazione a “cancellatore seriale” immerso nell’attualità politica e interessato a far dire ai grandi della storia (Eschilo, Leopardi, Wittgenstein, Sartre…), con dichiarato fraintendimento, ciò che più gli serve. E così, tra i successi e gli inciampi inevitabili, lungo la strada dell’affermazione, il maestro affina il suo metodo maniacale che lo ha reso un’autorità artistica indiscussa».
Io ho cancellato molte cose. Dai libri ai giornali, agli stessi globi terrestri. Ma ho cancellato non certo per sopprimere il dialogo tra gli uomini ma per depurare dalle sostanze velenose che oggi inquinano tutti noi.
Emilio Isgrò
Uomo della parola salvata, la parola che si fa senso e corpo artistico con il suo valore, con il suo significato, è artista testimone del suo tempo, uomo che denuncia quanto la parola sia oggi fortemente inquinata. Lo ha fatto con determinazione in occasione del Festival dello Sviluppo Sostenibile 2024, quando ha parlato della parola di oggi come «l’elemento più inquinata dell’umanità». Denunciando anche il mondo dell’arte e degli artisti quando applicano l’autocensura.
La censura è pericolosa, e nessuno la vuole, ma l’autocensura è ancora più pericolosa: uccide. E questo non ce lo possiamo proprio permettere.
Emilio Isgrò