Se vi è già capitato di desiderare di vivere in un altro periodo storico perché lo considerate migliore del presente, allora forse avete sperimentato la sindrome dell’epoca d’oro. Stiamo parlando dell’idea persistente di essere nati nel tempo sbagliato, troppo tardi, idealizzando quello che è venuto prima. I good old days, i bei tempi andati, non sono mai stati così attraenti. Ma perché ci sembrano più luminosi, anche se non li abbiamo mai vissuti?
Ci sono una varietà di fattori che entrano in gioco. Di base, si può trattare di un bias cognitivo, ovvero un errore di valutazione della mente che ha a che fare con due meccanismi difensivi: negazione e idealizzazione. Neghiamo il presente quando per noi è insoddisfacente e vogliamo allontanarcene. Idealizziamo il passato, convinti che sia più affine a noi, proprio perché non lo abbiamo mai vissuto. Inciampare in questo tipo di bias ci porta a bramare qualcosa che non abbiamo mai avuto e che, inoltre, non avremo mai. E l’inghippo sta proprio qui.
In alcune lingue, esistono delle parole precise per definire questi tipi di sentimento. In finlandese la parola kaukokaipuu descrive la nostalgia che si prova per un posto in cui non si è mai stati. Anche in tedesco troviamo la parola Fernweh, la nostalgia e il dolore per la lontananza da un luogo mai visto ma che sentiamo emozionalmente vicino. Entrambe ricercano la possibilità di altri mondi mai conosciuti, mitizzandoli.
Nel corso dei secoli, molti scrittori, filosofi, poeti, artisti e anche registi hanno cercato di raccontare la nostalgia del passato mai vissuto. Indagandolo, scandagliandolo, cercando di definire come quest’ idea si instilli nell’animo umano.
Il poeta spagnolo Federico García Lorca, nella sua poesia Pioggia, del 1921 ne parla così:
La nostalgia terribile di una vita perduta,
il fatale sentimento di esser nati tardi,
o l’illusione inquieta di un domani impossibile
con l’inquietudine vicina del color della carne.
Lo scrittore italiano Alessandro Baricco nel suo romanzo Seta del 1996 scrive invece: «È uno strano dolore... Morire di nostalgia per qualcosa che non vivrai mai».
Il regista Woody Allen ha portato sul grande schermo la sindrome dell’epoca d’oro con il film Midnight in Paris, uscito nel 2011.
Il protagonista si chiama Gil-interpretato da Owen Wilson- ed è uno scrittore in profonda crisi creativa ed esistenziale. Durante un viaggio a Parigi con la sua fidanzata, avvengono dei fatti che cambiano la sua percezione delle cose. Ogni sera, a mezzanotte, vagando per la Ville Lumière si ritrova catapultato come in un incantesimo in epoche passate. Inizialmente nella Parigi degli anni ‘20. Incontra e conversa con grandi personaggi del passato come Hemingway, Picasso, Salvador Dalì, Zelda e Francis Scott Fitzgerald. Questi incontri sono così stimolanti e illuminanti che Gil comincia a desiderare di non tornare più al presente e alla sua vita. Poi si innamora di Adriana, una donna che vive proprio negli anni ‘20 ma che vorrebbe aver vissuto prima, durante la Belle Époque. Il film spiega e sviluppa il concetto della sindrome dell’epoca d’oro in maniera evocativa ed efficace. In una scena viene definito così:
“La nostalgia è negazione di un presente infelice. Il nome di questo falso pensiero è sindrome dell’epoca d’oro. Cioè l’idea errata che un diverso periodo storico sia migliore di quello in cui viviamo. È un difetto dell’immaginario romantico di quelle persone che trovano difficile cavarsela nel presente”.
Molto di quello che viviamo oggi ha un legame con il passato e ne subisce l’influenza. Parliamo delle mode ma anche di prodotti culturali come la musica, il cinema o i libri. Negli ultimi anni, per esempio, diverse serie tv sono state ambientate nel passato. Un’operazione che tra le altre cose permette alle nuove generazioni di conoscere e a volte anche appassionarsi a un periodo storico che non hanno mai vissuto. Un esempio eclatante è quello di “Strangers Things”, serie statunitense che racconta la storia di alcuni ragazzi che negli anni ‘80 vivono nella cittadina fittizia di Hawkins, nello stato dell’Indiana. La serie restituisce diversi riferimenti culturali di quegli anni e uno dei motivi del suo successo è proprio questo. La sua colonna sonora ha riportato in auge dei pezzi eighties come “Running Up That Hill” di Kate Bush, tornato in vetta alle classifiche più di 30 anni dopo la sua uscita.
Nostalgia canaglia
Millevoci 09.03.2023, 11:05
Contenuto audio
Guardare indietro è una tendenza che fa parte dell’animo umano. È una spinta a cercare qualcosa di diverso, a guardare da un’altra parte quando quello che abbiamo ci appare banale o spiacevole. A volte, questa spinta ci permette di creare arte, di dare vita a opere nuove anche se ispirate al passato, ecco allora che la nostalgia può dirsi rivelatoria e compiuta.