Arte e Spettacoli

Le collezioni del MASI: “Sentimento e osservazione. Arte in Ticino 1850-1950”

La presentazione delle collezioni del MASI, arricchita da alcune importanti opere in prestito, esplora l’evoluzione dell’arte in Ticino dal 1848 alla fine della Seconda Guerra Mondiale, mettendo in luce le influenze culturali provenienti sia dal Sud che dal Nord

  • Oggi, 10:53
Luigi Rossi, Il canto dell'aurora

Luigi Rossi, Il canto dell'aurora

  • MASI
Di: Virginia d’Umas 

Le collezioni del MASI riflettono l’evoluzione della storia recente delle arti visive in Ticino. A partire dal XIX secolo, questa non è solo influenzata dalla comunità artistica locale, ma anche da artisti, collezionisti, mercanti e studiosi che hanno scelto il Ticino come nuova patria. In particolare, le collezioni mettono in luce l’ambivalenza tipica del Cantone, che, da un lato, conserva un’identità culturale italiana e, dall’altro, appartiene politicamente allo Stato federale svizzero. La presentazione delle collezioni del MASI, arricchita da prestiti di opere significative, vuole offrire una panoramica su come l’arte in Ticino – dal 1848, anno della fondazione dello Stato federale, fino alla fine della Seconda Guerra Mondiale – si sia evoluta nel suo specifico contesto culturale, evidenziando le influenze provenienti sia dal Sud che dal Nord. Il percorso espositivo si sviluppa lungo tappe cruciali: dal tardo Romanticismo al Realismo, passando per l’Impressionismo e il Post-Impressionismo; dal Simbolismo all’Espressionismo, dalla Nuova Oggettività al Realismo Magico, fino alle prime espressioni del Surrealismo.

Dal XIX secolo, artisti provenienti dalla Svizzera tedesca e da altri paesi d’Oltralpe iniziano a soggiornare in Ticino, prima in modo sporadico e poi sempre più frequentemente stabilendosi definitivamente. Queste presenze spingono la comunità artistica locale a confrontarsi con l’orientamento tradizionale dell’arte italiana e le innovazioni delle correnti nordiche, spesso in contrasto tra loro. Tra il 1850 e il 1950, l’arte ticinese si sviluppa lungo due linee principali: un attaccamento alla tradizione italiana e un fiorente regionalismo, con una graduale apertura alle tendenze moderne provenienti dal Nord. Solo dalla fine degli anni Cinquanta, con l’inserimento dell’arte italiana nell’avanguardia internazionale, questi contrasti si attenuano, e gli artisti ticinesi iniziano a vivere diversamente la propria identità culturale.

La presentazione delle collezioni del MASI è divisa in cinque sezioni cronologiche. Il primo capitolo, “Paesaggio e storia”, esplora come la nascita della Confederazione svizzera porti alla nascita di una coscienza identitaria anche nella pittura di paesaggio, facendo del Ticino un tema rilevante per i pittori provenienti sia dal Nord che dal Sud delle Alpi. La sezione successiva, “Il paesaggio come simbolo”, evidenzia l’influenza del Simbolismo europeo, in cui le opere dei pittori ticinesi si intrecciano con quelle di artisti italiani e svizzeri tedeschi. “Sentimento e atmosfera” si concentra sul paesaggio, dove Post-impressionismo e Divisionismo offrono una visione condivisa del paesaggio meridionale e settentrionale. La sezione “Osservazione della vita quotidiana” raccoglie diverse concezioni artistiche tra XIX e XX secolo, dal Verismo al Realismo magico e Nuova oggettività. Infine, “Sguardi moderni” mostra come il cubo-futurismo e l’Espressionismo abbiano rivoluzionato la forma e il colore anche in Ticino grazie all’arrivo di artisti stranieri.

L’artista zurighese, Paul Camenisch (1893-1970), architetto di professione, iniziò ad avvicinarsi alla pittura attraverso l’acquerello, dipingendo architetture immaginarie. Dopo un soggiorno sul Monte Verità, la notte di San Silvestro del 1924-1925 a Obino, nel Mendrisiotto, Camenisch diventa co-fondatore del gruppo artistico Rot-Blau, insieme a Albert Müller e Hermann Scherer; sono questi gli anni in cui dipinse i suoi luminosi paesaggi ticinesi. Inizialmente i suoi dipinti sono influenzati dagli stili di Scherer e Kirchner ma si orienta verso un espressione più realistica dopo aver co-fondato Gruppe 33, un’associazione di artisti antifascisti a Basilea. 

Il 30 giugno 2020, il MASI acquisisce all’asta Swiss Made UNLOCKED di Sotheby’s Zurigo un’opera di Paul Camenisch datata 1926 e dipinta su entrambi i lati della tela, una particolarità questa che caratterizza diverse opere dell’artista. Da un lato si trova una veduta del Mendrisiotto, mentre dall’altro un autoritratto con paesaggio intitolato Der Mann in den Reben (L’uomo nel vigneto). Inizialmente, il lato esposto era quello dell’autoritratto, ma grazie a una cornice speciale, l’opera può ora essere mostrata da entrambi i lati. Questa nuova acquisizione si aggiunge a un’altra opera dell’artista nella collezione del Cantone Ticino, anch’essa dipinta su due lati e acquistata nel 1991. Si tratta di Männlicher Akt – Bildnis Max Haufler in der Breggia (Nudo maschile – Ritratto di Max Haufler nella Breggia), del 1926 circa, con sul retro L’Equilibre – Bildnis Lisa Mutschelknaus (L’Equilibrio – Ritratto di Lisa Mutschelknaus), datato 1934. 

Paul Camenisch, Autoritratto

Paul Camenisch, Autoritratto

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Il doppio dipinto acquistato dal MASI appartiene alla prima serie di tele ad olio realizzate nella primavera del 1926, durante i mesi di lavoro a stretto contatto con Scherer nel Mendrisiotto. Un inconfondibile linguaggio pittorico caratterizzato da una palette cromatica vivace, da punti di vista multipli e prospettive disarticolate, dal ripetersi, quasi naïf, di segni grafici che fanno vibrare la superficie del dipinto, contraddistingue le sue tele sin dagli esordi, differenziandole in maniera significativa da quelle dei suoi amici basilesi. Lo accomuna a loro invece la scelta dei soggetti: il paesaggio del Mendrisiotto, in particolare i dintorni di Castel San Pietro, con le sue colline disseminate di vigneti, l’inconfondibile Villa Loverciana, ma anche ritratti degli amici pittori e autoritratti con paesaggio. La zona collinosa cosparsa di una ricca vegetazione con un ruscello in primo piano e sovrastata dalla sagoma di Villa Loverciana, è la protagonista anche del dipinto a soggetto paesaggistico del MASI. 

Dopo la Prima guerra mondiale, l’Internationale Kunstausstellung di Dresda del 1926 rappresentò la prima grande esposizione d’arte internazionale nella Repubblica di Weimar, organizzata con un progetto curatoriale mirato a presentare lo stato attuale delle arti in Europa e negli Stati Uniti. Furono esposti oltre 800 dipinti e circa 190 sculture di quasi 460 artisti provenienti da 20 paesi. La direzione artistica era stata affidata a Hans Posse, direttore della Gemäldegalerie di Dresda. La partecipazione di Der Mann in den Reben a questa prestigiosa mostra degli anni Venti conferisce all’opera un valore storico-artistico particolare. La scelta del MASI di acquisire il doppio dipinto, conferendo ai due lati della tela la stessa importanza, consente di integrare e rafforzare significativamente la qualità e il valore storico-artistico del nucleo di opere risalenti alla prima esperienza del gruppo Rot-Blau, conclusasi definitivamente con la morte di Albert Müller (14 dicembre 1926) e di Hermann Scherer (13 maggio 1927), avvenuta a poca distanza proprio dalla significativa Internationale Kunstausstellung di Dresda. 

Edoardo Berta, Funerale bianco

Edoardo Berta, Funerale bianco

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Edoardo Berta (1867-1931) è uno dei principali e più influenti artisti ticinesi attivi tra la fine dell’Ottocento e l’inizio del Novecento. Protagonista della pittura divisionista con un impronta simbolista, ha ottenuto riconoscimenti in Lombardia, a livello nazionale e ha ottenuto anche alcuni successi in Germania e Inghilterra. Non solo è stato coinvolto in numerose commissioni e giurie d’arte, ma ha anche ricoperto il ruolo di conservatore dei beni culturali, portando a termine i primi importanti scavi e restauri in Ticino. Con Funerale bianco, Berta realizza la sua prima opera di grande formato: «un’opera completa e organica, la prima vera opera di questo artista, che in essa rivela la sua maturità e la sua forza gentile», come scriveva un cronista del quotidiano Il Dovere. Esposto in alcune delle mostre più prestigiose dell’epoca, il dipinto segnò il primo importante successo di critica per Berta e rappresenta un punto centrale nel suo percorso artistico. Esistono oggi due versioni del dipinto. La prima, considerata originale, fu acquistata dagli eredi dell’artista dalla Fondazione Caccia per la Collezione della Città di Lugano nel 1931 e appartiene oggi alla raccolta gestita dal MASI. La seconda, una «copia eseguita dall’autore», fu esposta nel 1932 alla retrospettiva tenutasi al Castello di Locarno e fa ora parte della Collezione di questa città. Funerale bianco, dipinto da Edoardo Berta tra il 1900 e il 1902, è entrato a far parte della Collezione della Città di Lugano nel 1931 ed è esposto al MASI, nella mostra “Sentimento e Osservazione. Arte in Ticino 1850-1950”. Durante la chiusura del museo nel 2021, a causa delle restrizioni Covid-19, l’opera è stata rimossa per un restauro conservativo, volto a ripristinare la leggibilità del dipinto e a recuperare le porzioni di pittura compromesse da precedenti interventi. Il restauro ha anche permesso approfondite indagini sulle tecniche e materiali usati da Berta, contribuendo a ricostruire la storia dell’opera, in particolare grazie al confronto con una versione conservata a Locarno. La tecnica pittorica di Funerale bianco è particolarmente inusuale. Le pennellate e gli spessori variano notevolmente: sui toni chiari, spessi e stratificati, con evidenti creste di colore, mentre gli scuri appaiono più sottili e omogenei. Il fenomeno di craquelé nelle zone chiare suggerisce l’uso di una miscela sperimentale con un eccessivo siccativo, probabilmente bianco di piombo. Le analisi spettroscopiche future potranno confermare l’esatta composizione dei materiali. Berta stesso, in una cartolina del 1902, raccomandava che il dipinto fosse trattato con cura, dato che la tecnica a tempera richiedeva particolare attenzione, specialmente per il colore bianco.

La mostra “Sentimento e osservazione. Arte in Ticino 1850-1950” ambisce a una comprensione, la più ampia possibile, della storia dell’arte ticinese, integrando sia ciò che ha suscitato interesse ed è stato collezionato nella regione, sia ciò su cui si sono confrontati e ciò che hanno creato artisti locali e stranieri in Ticino. Non si tratta dunque di un punto di arrivo, ma piuttosto dell’inizio di un’indagine che apre molteplici temi e domande. 

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