Arte

Lin May Saeed

L’artista e attivista, scomparsa nel 2023, credeva fermamente nella parità fra umani e animali e definiva le sue sculture opere “di speranza”

  • Ieri, 11:06
Lin May Saeed, The Liberation of Animals from their Cages III, 2008. Courtesy The Estate of Lin May Saeed e Jacky Strenz, Francoforte sul Meno.jpg

Lin May Saeed, The Liberation of Animals from their Cages III, 2008

  • Courtesy The Estate of Lin May Saeed e Jacky Strenz, Francoforte sul Meno
Di: Francesca Cogoni

«Per un certo periodo l’uomo e la scimmia sono stati uguali, finché all’uomo non è venuto in mente di montare su un cavallo e farlo correre. La scimmia voleva superarlo. Salì sulla schiena di una giraffa e si arrampicò sul suo collo come se fosse un albero. Quando arrivò in cima e non riuscì ad andare oltre, tornò giù e si tolse il pensiero.» In poche righe taglienti ecco l’attitudine dell’Homo sapiens a prevaricare sugli animali. Lin May Saeed non era solita scrivere, il suo medium privilegiato era la scultura. A un certo punto della sua vita, però, compose alcune brevi favole ‒ come quella sopraccitata ‒ che troviamo ora raccolte in un piccolo e prezioso volume, Fables (Mousse Publishing), appena dato alle stampe per accompagnare la bella retrospettiva che rende omaggio all’artista tedesco-irachena a circa un anno dalla sua prematura scomparsa, avvenuta il 30 agosto 2023 all’età di cinquant’anni. Due le sedi del progetto espositivo: la GAMeC di Bergamo, nell’ambito dell’ampia rassegna Pensare come una montagna (fino al 22 settembre), e Ortisei, in occasione della nona edizione della Biennale Gherdëina, The Parliament of Marmots (fino al 1 settembre).

Lin May Saeed, Milo, 2023. Veduta dell'installazione, Georg-Kolbe-Museum, Berlino. Photo Enrich Duch.jpeg

Lin May Saeed, Milo, 2023.

  • Georg-Kolbe-Museum, Berlino. Photo Enrich Duch

Fermamente convinta della parità fra esseri umani e animali, per oltre vent’anni Lin May Saeed si è interrogata con perseveranza e rara sensibilità sulla «storia della coesistenza tra umani e animali su questa Terra, dal momento in cui le loro strade si sono divise». Saeed era un’attivista che aveva scelto l’arte per veicolare il proprio pensiero e per sensibilizzare e stimolare l’empatia e il rispetto verso tutte le specie animali. Quello che immaginava, sperava e raffigurava, attraverso opere colme di una grazia limpida e toccante, era un mondo di armonica coesistenza fra gli esseri viventi, privo di qualsiasi sopraffazione o sfruttamento. Un mondo utopico, certo. E meraviglioso.

Nata nel 1973 a Würzburg, in Germania, da madre tedesca di origini ebraiche e padre iracheno, nel 1995 Lin May Saeed si iscrive all’Accademia d’Arte di Düsseldorf per studiare inizialmente scenografia, ma con il crescere del suo interesse per i diritti degli animali e per le teorie del filosofo animalista Tom Regan, si orienta verso la scultura, considerandola come il linguaggio più consono per esprimere le proprie convinzioni. Fin dal principio del suo percorso artistico, Lin May Saeed ha un materiale prediletto, che si discosta dai tradizionali mezzi scultorei: il polistirolo. Un materiale facile da produrre ma difficile da distruggere, poiché derivante dal petrolio e non biodegradabile, che l’artista sceglie sia per le sue caratteristiche tecniche sia per il suo portato simbolico. Per Saeed, infatti, il polistirolo rispecchia appieno le contraddizioni della contemporaneità e la fallibilità umana, ricordandoci l’impatto dell’uomo sull’ambiente. Al contempo, ne apprezza la granulosità, la leggerezza e maneggevolezza, che le consentono di lavorare in piena autonomia, anche su grande scala. Quale modo migliore per riscattare un tale materiale se non dandogli una nuova vita per mezzo dell’arte?

05_Lin May Saeed, Vedute dell'installazione - GAMeC, Bergamo, 2024. Foto Antonio Maniscalco. Courtesy GAMeC - Galleria d'Arte Moderna e Contemporanea di Bergamo.jpg

Vedute dell'installazione - GAMeC, Bergamo, 2024

  • GAMeC, Bergamo, 2024. Foto Antonio Maniscalco. Courtesy GAMeC - Galleria d'Arte Moderna e Contemporanea di Bergamo

Ricorrendo quindi a scarti di polistirolo trovati e ad avanzi di cantiere, Saeed inizia a creare le sue opere, popolate fin da subito da animali di ogni foggia e provenienza geografica, accompagnati talvolta da figure umane. A ispirarla sono le storie e le favole, i miti e le leggende dell’antica Mesopotamia ‒ terra d’origine del padre ‒ così come della tradizione cristiana e islamica. I suoi primi lavori sono soprattutto bassorilievi che, combinando polistirolo, pittura acrilica e altri materiali come acciaio e legno, ritraggono scenari di pacifica convivenza, piccoli suggestivi Eden, momenti di incontro e condivisione. Pensiamo per esempio a Seance with Humans and Animals (2007), in cui uomini e animali appaiono riuniti attorno a un tavolo, come se stessero discutendo su qualche importante decisione da prendere. O come lo splendido bassorilievo Liberation of Animals from their Cages III (2008), dove alcuni animali, tra cui una giraffa, un elefante e una scimmia, ritrovano la libertà grazie all’intervento di un uomo.

Il motivo della “liberazione” degli animali ricorre sovente nella produzione dell’artista, che vi dedicherà negli anni una serie di lavori. Lin May Saeed sceglie volutamente di non ritrarre situazioni di violenza e sopruso, bensì di dare vita a opere “di speranza”, come lei stessa le definisce, che sembrano porsi in bilico tra un passato ancestrale e incontaminato e un futuro fatto di uguaglianza e solidarietà. In contrapposizione all’odierna overdose di immagini crudeli, Saeed adotta un linguaggio lieve e gentile, e il suo messaggio arriva chiaro e forte, senza necessità di urlare, provocare o turbare.

Lin May Saeed, Landscape with Ant Hills, 2021. Foto Wolfgang Günzel. Courtesy The Estate of Lin May Saeed e Jacky Strenz, Francoforte sul Meno.jpg

Lin May Saeed, Landscape with Ant Hills, 2021

  • Foto Wolfgang Günzel. Courtesy The Estate of Lin May Saeed e Jacky Strenz, Francoforte sul Meno

Accanto a peculiari bassorilievi, l’artista scolpisce nel polistirolo anche creature animali a grandezza naturale. Ecco allora nascere dalle sue mani pangolini (ben prima che questo curioso animale salisse alla ribalta delle cronache durante la pandemia da Covid-19), iene, formichieri, pantere, volpi, vitelli… Alcune sculture sono realizzate con estrema cura del dettaglio, altre appaiono più abbozzate, e tutte spiccano su esili supporti di legno, utilizzati anche per il loro trasporto. Così elevate, le creature scolpite da Lin May Saeed acquistano dignità e centralità, e sembrano venirci incontro scrutandoci nel profondo. Sono soggetti e non oggetti, “messaggeri” e “promesse”, per citare John Berger (Perché guardiamo gli animali?, Il Saggiatore, 2016).

Tra le tante fonti di ispirazione di Saeed vi era l’antichissimo ciclo di poemi dell’Epopea di Gilgamesh, in cui si narra del divario tra uomo e natura. Un personaggio, in particolare affascinava l’artista: Enkidu, un uomo selvaggio allevato dagli animali. Non sapendo di essere umano, egli si nutre di erba e beve da un abbeveratoio come le gazzelle. Libera anche numerosi animali dalle trappole. Ma a un certo punto, in seguito all’incontro con una donna, Enkidu diventa cosciente della sua appartenenza alla specie umana e inizia a percepire gli animali come estranei, e così fanno loro con lui, esiliandolo dalla comunità. Molte opere di Lin May Saeed riflettono su questo momento di separazione, suggerendoci di ripensare il nostro rapporto con gli animali. «Tutto il lavoro di Saeed può essere letto come un invito ad abbandonare la prospettiva antropocentrica e a osservare le distanze tra le diverse specie da un punto di vista alternativo» scrive a questo proposito Lorenzo Giusti, curatore della retrospettiva in corso. «[…] Le sue sculture, le sue figure di animali – selvaggi, domestici, reali, immaginari, preistorici, futuri, diffusi, estinti – sono ritratti di singoli individui che, al pari degli umani, con le loro differenze, partecipano al paradosso dell’esistenza».

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Lin May Saeed, Vedute dell'installazione - GAMeC, Bergamo, 2024

  • Foto Antonio Maniscalco. Courtesy GAMeC - Galleria d'Arte Moderna e Contemporanea di Bergamo

Lin May Saeed è scomparsa troppo presto, ma la sua arte resta ad ammaliarci e a sussurrarci che una Terra più giusta e sana è possibile se tutti noi ci impegniamo ad aprirci all’alterità e a porci in una prospettiva di ascolto e armonia con il mondo animale, e naturale tutto. Come scriveva già negli anni Sessanta la biologa e zoologa statunitense Rachel Carson in Brevi lezioni di meraviglia: «Nessun bambino dovrebbe crescere senza avere ascoltato il coro degli uccelli all’alba in primavera».

Il corpo

Voci dipinte 09.06.2024, 10:35

  • © Museo nazionale svizzero landesmuseum.ch

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