L’8 aprile 1973, alla veneranda età di 91 anni, Pablo Picasso posava per sempre tela, tavolozza e pennello, dopo averli utilizzati senza sosta per oltre settant’anni. Eppure Picasso è uno di quei pochi straordinari artisti per cui l’attributo “immortale” ha davvero senso e fondamento, perché il suo nome, la sua personalità e la sua opera sono ancora fortissimamente vivi. Riprova ne è l’ampio progetto internazionale “Picasso Celebration 1973-2023”, organizzato per rendere tributo al maestro andaluso nel cinquantenario della morte. Un corposo calendario con cinquanta mostre sparse tra Europa e Stati Uniti omaggia l’inarrivabile genio picassiano scandagliandone la debordante produzione artistica ed esplorandola in tutte le sue angolazioni e declinazioni, perché se è vero che Picasso è tra gli artisti di gran lunga più conosciuti, è altrettanto vero che la sua arte è fonte di continua scoperta.
Opere di Picasso
A ospitare buona parte delle iniziative sono, naturalmente, la Spagna e la Francia, con in testa il Musée National Picasso di Parigi, principale promotore delle celebrazioni insieme al Museo Picasso di Malaga e a Bernard Ruiz-Picasso, nipote dell’artista e presidente della Fundación Almine y Bernard Ruiz-Picasso para el Arte. Vale la pena, però, segnalare anche alcune meritevoli mostre che hanno luogo in Svizzera e in Italia: in primis, “Picasso. Artist and Model – Last Paintings” alla Fondation Beyeler fino al 1 maggio, un approfondimento sulla tarda carriera di Picasso, in cui emerge maggiormente il tema del rapporto tra pittore e modella.
Al MANN Museo Archeologico Nazionale di Napoli, invece, fino al 27 agosto è allestita l’interessante mostra “Picasso e l’antico”, che pone l’accento sull’influenza che la collezione del museo napoletano esercitò sull’artista in seguito alla sua celebre visita in Italia nel 1917.
Anche la Collezione Peggy Guggenheim di Venezia ricorda l’artista spagnolo esponendo tutti i suoi capolavori presenti in collezione, opere acquistate dalla mecenate americana tra gli anni Trenta e Cinquanta del XX secolo e che ben esemplificano l’evoluzione del linguaggio visivo di Picasso nel corso del tempo.
Il comune di Sarzana, poi, in collaborazione con il Museo Casa Natal Picasso di Malaga, propone fino al 16 luglio il progetto espositivo “Picasso. Le origini del mito”, che permette di ammirare opere grafiche e ceramiche del grande artista, oltreché una serie di rare fotografie che lo ritraggono, alcune scattate dall’amico Robert Capa.
Tutte queste mostre e iniziative, insomma, non fanno altro che ribadire quanto, al di là del mito che lo circonda, Pablo Picasso rappresenti ancora oggi una figura di riferimento imprescindibile e un protagonista indiscusso del Novecento e della cultura moderna. La sua ansia di sperimentazione, il suo continuo ricercare nuove tecniche e forme espressive, il suo voler costantemente sfidare sé stesso e gli altri, la sua capacità di scardinare i canoni e al contempo guardare ai classici, il suo temperamento ribelle e irruento hanno fatto di lui l’emblema di un artista in perenne divenire, animato dalla passione e dall’impeto creativo fino alla fine. Un artista che per tutta la vita alternò “evasione e museo”, come scrisse di lui Alberto Moravia.
“A tredici anni dipingevo come Raffaello. Ci ho messo tutta una vita per imparare a dipingere come un bambino”: questa dichiarazione di Picasso, sebbene provocatoria, ben riassume la sua parabola artistica e la sua attitudine. Nato a Malaga il 25 ottobre 1881, primogenito di don José Ruiz Blasco, professore di disegno e pittore accademico, e di Maria Picasso y López, di origini liguri, Picasso mostra fin da bambino un talento innato per il disegno e la pittura. Il suo primo dipinto, Il picador, risale addirittura al 1888-89.
Dopo una breve permanenza a La Coruña, in Galizia, nel 1895 Picasso si trasferisce con la famiglia a Barcellona, dove frequenta con profitto la scuola di Belle Arti La Lonja. Nel 1897 la sua formazione prosegue alla Real Academia de San Fernando di Madrid. Nella capitale spagnola visita regolarmente il Prado, dove trova ispirazione nei capolavori di grandi maestri come Velázquez, Goya ed El Greco. Anche il soggiorno a Horta de Sant Joan, insieme all’amico Manuel Pallarès i Grau, immerso nella vita campestre e lontano dai condizionamenti accademici, è un momento fondamentale per la formazione di Picasso.
Omaggio a Picasso
Voci dipinte 02.04.2023, 10:35
Nel 1899, l’artista fa ritorno a Barcellona, dove diventa assiduo frequentatore della taverna El Quatre Gats, ritrovo di giovani artisti e intellettuali. Ma è la capitale francese, con i suoi musei, i caffè, i cabaret e la vivace vita notturna, ad attrarre il giovane Picasso. Nei primi anni del Novecento, l’artista soggiorna più volte a Parigi. “Se vedi Opisso, digli di venire, perché gioverà alla salvezza della sua anima; e digli anche di mandare al diavolo Gaudì e la Sagrada Familia… Qui ci sono veri maestri dappertutto” scrive a un amico catalano. Ma l’entusiasmo è interrotto dal suicidio del suo caro amico Carlos Casagemas. Inizia così per Picasso una fase di profondo turbamento, che si riflette nelle tonalità fredde e spente e nei soggetti dimessi e malinconici dei suoi quadri: è il cosiddetto “periodo blu”, che prosegue fino al 1904, anno in cui l’artista decide di trasferirsi definitivamente a Parigi, andando a vivere in una vecchia fabbrica di Montmartre, riconvertita in atelier per artisti e nota come Bateau-Lavoir. Ben presto, Picasso stringe amicizia con Max Jacob e Guillaume Apollinaire e, a poco a poco, il suo umore si risolleva. Questa evoluzione emotiva si riflette nelle sue tele, che acquistano tonalità più calde e delicate, dando avvio al “periodo rosa”, in cui affiorano i temi del circo, degli acrobati e dei saltimbanchi.
Il 1907 segna uno dei momenti chiave del percorso di Picasso. L’artista dà vita a una delle sue opere più celebri e rivoluzionarie: Les Demoiselles d’Avignon. Cinque donne nude, con forme e volumi scomposti, raffigurate mediante una visione simultanea da più lati. Picasso comincia a fare sua la lezione dell’ammirato Cézanne, ovvero “trattare la natura secondo il cilindro, la sfera e il cono”. È il preludio dell’avventura cubista, che nell’opera dell’artista spagnolo attraverserà due fasi: quella “analitica” (1908-11) e poi quella “sintetica” (1912-13), caratterizzata da un ammorbidimento del rigore geometrico rispetto alla fase precedente e dall’impiego del papier collé e del collage. È questo uno dei momenti più innovativi e significativi dell’arte moderna e Picasso, insieme a Braque, ne è principale protagonista.
Nel corso di un viaggio in Italia nel 1917, per incontrare Sergej Djagilev e la compagnia dei Ballets Russes, per cui realizzerà le scene e i costumi di alcuni balletti, Picasso resta rapito dall’arte classica e rinascimentale. Così, il suo stile cambia ancora una volta direzione, approdando a una fase di impronta “neoclassica”, contraddistinta da un rinnovato interesse per il disegno e per la rappresentazione figurativa, che si manifesta attraverso volumi monumentali e composizioni equilibrate. Negli anni successivi, poi, l’artista si avvicina al Surrealismo, stringendo amicizia con André Breton e Paul Éluard.
Tra gli anni Venti e Trenta, la fama di Picasso è in costante crescita e le esposizioni a lui dedicate in giro per il mondo si moltiplicano. “Gusto, gusto, sempre gusto, abilità manuale, virtuosismo da Paganini… [Picasso] può fare di tutto, conosce tutto, ha successo in tutto ciò che intraprende…” dichiara lo scrittore Jacques-Émile Blanche. Nel frattempo, minotauri, tauromachie, centauri e altri miti antichi, figure ibride in bilico tra umano e animale, bene e male, Eros e Thanatos prendono ad affollare le tele dell’artista, mentre la sua incontenibile furia creativa si estende anche all’ambito plastico.
Nel 1936 in Spagna inizia la sanguinosa guerra civile che vede le truppe del governo repubblicano scontrarsi con le milizie nazionaliste di Francisco Franco. Picasso ne è scosso profondamente. Proprio mentre sta lavorando a un’opera per il Padiglione spagnolo dell’Esposizione Universale di Parigi del 1937, avviene il bombardamento che rade al suolo la cittadina basca di Guernica. Sconvolto dal terribile avvenimento, l’artista dipinge di getto la sua opera più emblematica: Guernica, appunto, una tela monumentale che diventerà simbolo di denuncia contro tutte le guerre, un’opera dal messaggio universale, purtroppo sempre tragicamente attuale. Oggi conservata al Museo Nacional Centro de Arte Reina Sofía di Madrid, anche Guernica, come il suo autore, è protagonista di un anniversario in questo 2023: sono infatti trascorsi settant’anni dalla storica esposizione del dipinto nella Sala delle Cariatidi del Palazzo Reale di Milano, insieme ad altre trecento opere del maestro spagnolo. Fu la prima e unica volta che Guernica arrivò in Italia.
Durante gli anni dell’occupazione nazista di Parigi, Picasso, a differenza di molti colleghi, non abbandona la città, ma continua a lavorare nello studio di rue des Grands-Augustins, sebbene la sua arte sia considerata “degenerata” dai tedeschi. Saluterà Parigi soltanto a guerra conclusa, per lasciarsi alle spalle le atrocità belliche e il senso di oppressione causato dal conflitto. Si muove quindi verso la soleggiata Antibes, dove ritrova gioia e spensieratezza: una joie de vivre che pervade anche le opere realizzate in questo periodo, caratterizzate da colori vivaci e solari. Meta successiva è il piccolo centro provenzale di Vallauris, dove Picasso si dedica soprattutto all’arte della ceramica, avviando una proficua collaborazione con la bottega di Suzanne Ramié: una ulteriore testimonianza di quanto il suo talento e il suo estro non conoscano confini.
Nel 1961, infine, Picasso si stabilisce a Mougins insieme alla seconda moglie, l’artista Jacqueline Roque (volutamente non si è parlato di tutte le altre muse, compagne e amanti, non certo perché irrilevanti, ma, anzi, perché l’argomento meriterebbe un approfondimento a parte). Nel pittoresco borgo dell’entroterra della Costa Azzurra, Picasso porterà avanti la sua prolifica attività artistica con inesausta vitalità fino alla morte.
“I miei quadri, finiti o no, sono le pagine del mio diario e sono validi in quanto tali. Il futuro sceglierà le pagine che preferirà. Non spetta a me di farlo. Io ho sempre operato per il presente”: ebbene, così facendo, Picasso si è assicurato il futuro restando sempre presente.