Uno spettacolo piacevole, con un Conan O’Brien perfetto nella sua prima conduzione della serata più difficile per un attore e presentatore. Quella degli Oscar, gli Academy Award, che per quasi 4 ore si è dipanata tra battute e omaggi; premi e delusioni.
Una serata nella quale Isabella Rossellini ha -lo ha detto lei stessa- indossato la sua storia, ovvero un vestito di velluto blu in omaggio a David Lynch e gli orecchini di mamma Ingrid Bergman, gli stessi che aveva la sera in cui nel 1979 ha vinto la statuetta. E tra una standing ovation per l’apparizione (per assegnare il premio per la miglior canzone originale) di Mick Jagger e quella per la delegazione dei pompieri di Los Angeles, in prima linea nei drammatici incendi delle settimane passate, non poteva mancare quella per Gene Hackman, scomparso in circostanze ancora misteriose alcuni giorni fa, ricordato da Morgan Freeman e celebrato nel tradizionale tributo “in memoriam” dedicato ai protagonisti del cinema scomparsi negli ultimi 12 mesi.
Due soli i momenti politici veri (oltre alle battute sussurrate del conduttore O’Brien): Daryl Hannah che prima di aprire la busta per il miglior montaggio, che inneggia a favore dell’Ucraina uscendo dal copione, e il ringraziamento di due dei quattro registi del documentario vincitore, “No other land”, già premiato alla Berlinale 2024 come miglior documentario e in attesa di una distribuzione negli Stati Uniti. Realizzato da un collettivo israelo-palestinese formato da Basel Adra, Yuval Abraham, Rachel Szor ed Hamdan Ballal, racconta una storia di amicizia “impossibile” mentre Masafer Yatta, agglomerato di venti villaggi al confine sud della Cisgiordania, viene demolito. “Circa 2 mesi fa -ha detto Basel Adra- sono diventato padre e spero che mia figlia non debba vivere la stessa vita che sto vivendo io ora, sempre temendo la violenza dei coloni, le demolizioni delle case e gli sfollamenti forzati che la mia comunità, Masafer Yatta, vive e affronta ogni giorno sotto l’occupazione israeliana”. “Abbiamo fatto questo film -gli ha fatto eco Yuval Abraham- perché insieme le nostre voci sono più forti. Quando guardo Basel, vedo mio fratello, ma siamo diseguali. Viviamo in un regime in cui io sono libero secondo la legge civile, e Basel è sotto leggi militari che distruggono la sua vita e che non può controllare”.
Il grande trionfatore di questi 97mi premi Oscar è dunque Sean Baker. Il suo film “Anora” ha conquistato 5 delle 6 statuette alle quali era candidato: la commedia grottesca sull’amore contrastato tra una spogliarellista di Brooklyn e il rampollo di una famiglia di oligarchi russi, già Palma d’oro a Cannes ha conquistato i premi per il miglior film, regia, attrice protagonista, sceneggiatura originale e montaggio. Se la statuetta a Mikey Madison è forse quella meno attesa della serata (dopo il crollo delle quotazioni di Karla Sofía Gascón tutti puntavano su Demi Moore) sono da record le quattro personali vinte da Sean Baker che di questo film è co-produttore, regista, sceneggiatore e montatore. Quattro Oscar li aveva vinti in una edizione, quella del 1953, Walt Disney, ma per 4 film diversi.
“Anora” a Cannes è stato presentato lo stesso giorno di Pulp Fiction 30 anni dopo: per il film di Quentin Tarantino è arrivata la Palma d’oro ma non l’Oscar, che ieri lo stesso Tarantino ha consegnato nelle mani di Sean Baker per la miglior regia. Un virtuale passaggio di consegne...
E’ dunque “Emilia Perez”, dall’alto delle sue 13 nomination, il grande sconfitto. Il film di Jacques Audiard è riuscito a boicottarsi da solo, prima con il riemergere di alcuni tweet della protagonista, Karla Sofía Gascón, poi con le prese di posizione dello stesso regista e della produzione, Netflix, che fino all’ultimo non ha pagato il viaggio a Los Angeles alla protagonista. Solo due i premi per il film: a Zoe Saldaña come miglior attrice non protagonista e per il brano “El Mal” come miglior canzone originale (ma in questa categoria concorreva con 2 titoli). E come si diceva prima degli Oscar, avere il marchio della piattaforma non porta bene nella corsa alle statuette.
Tre Oscar su 10 candidature per “The Brutalist” di Brady Corbet: oltre a quello per la fotografia e la colonna sonora, spicca il premio per il miglior attore, consegnato ad Adrian Brody a 22 anni di distanza da “Il Pianista” di Roman Polanski che gli valse il primo trionfo e il titolo di attore più giovane a vincere l’Oscar: non ce l’ha fatta a strapparglielo Timothée Chalamet. Nessun Oscar, nonostante le 8 candidature per “A Complete Unknown”. Chalamet era in gara anche con “Dune - Parte 2” che ha vinto 2 premi tecnici (effetti sonori ed effetti visivi).
Miglior attore non protagonista è Kieran Culkin per “A real pain”, scritto e diretto da Jesse Eisenberg, nelle sale della Svizzera italiana da giovedì scorso. Il miglior film di animazione è “Flow” emozionante storia a sfondo ecologista, senza dialoghi, con protagonista un gatto che deve provare a superare la paura dell’acqua dopo una inondazione devastante.
Il miglior film internazionale è invece “I’m still here” del regista brasiliano Walter Salles, grazie anche alla strepitosa interpretazione di Fernanda Torres, a cui non è riuscito di strappare sufficienti voti per conquistare la statuetta di miglior attrice, dopo aver invece conquistato il Golden Globe come miglior attrice in un film drammatico. Presentato a Venezia, dove ha conquistato il Premio Osella per la migliore sceneggiatura, è la storia, ambientata nei primi anni ‘70, di Eunice Facciolla e dei cinque figli avuti col marito, ex deputato del PTB, Rubens Paiva, il quale viene prelevato dalla polizia per un interrogatorio dal quale non farà mai ritorno.

In attesa degli Oscar
Telegiornale 02.03.2025, 20:00