Questo 2024 ha portato a Cannes ancora delle proteste del movimento Metoo. C’è poi stato il cortometraggio di denuncia nei confronti di un cinema francese sessista e patriarcale che ha aperto la sezione Un certain regard. Cannes premières, selezione dove finiscono i film che sono piaciuti, ma non abbastanza per le competizioni ufficiali, ha presentato Being Maria sulle vicende che hanno visto Maria Schneider soccombere alla fama di Ultimo Tango a Parigi. Tutti elementi che fotografano un cambio, quantomeno di sensibilità, nei confronti della condizione femminile all’interno del mondo del cinema.
Strabiliante però è stata la massiccia presenza di storie al femminile. Mai come quest’anno il cinema è donna, non tanto perché ci siano più registe (sempre troppo poche), ma perché le figure femminili hanno dominato i racconti dei film scelti per il concorso principale. Sono otto i ritratti di donne, su ventidue film della selezione, molto diversi tra loro, volti a restituire al pubblico lo sguardo femminile sulla società contemporanea.
Ragazze, giovani e giovanissime, donne mature, sexy e dal fascino discreto, dominano indiscusse ogni genere di storia vista fino a qui.
Mi soffermo su due titoli Emilia Perez di Jacques Audiard e The Substance di Coralie Fargeat. Il genere cattura per la potenza espressiva che riesce a sprigionare ed entrambi i registi hanno affrontato la sfida con intelligenza e sensibilità (sì anche la Fargeat è sensibile). In Emilia Perez Audiard racconta il Messico dei narcotrafficanti mettendo in scena il rapporto tra tre donne determinate a non soccombere ad una società machista che le costringe a negare la loro intelligenza, forza e senso della giustizia. La Emila del titolo (un bravissimo Carlos Gascon) diventa donna dopo una vita trascorsa da boss di uno dei cartelli più violenti di tutta Città del Messico. Riesce in questa impresa grazie all’aiuto di Rita, una Zoe Saldana di incredibile intensità e scatenata in canti e balli (vi ricordate i Guardiani della Galassia e la verdognola Gamora incapace di ballare?). C’è poi Selena Gomes nel ruolo di Jessica, la moglie abbandonata che crede di essere vedova. Un terzetto esplosivo per l’energia profusa nelle coreografie e nell’intensità espressiva sempre a servizio di una storia raccontata con intelligenza e empatia nei confronti delle donne. Jacque Audiard sì che sa raccontare il femminile. Quanto fosse brava Coralie Fargeat lo sapevamo da Revenge. In The Substance, che se la giuria fosse coraggiosa premierebbe con uno dei riconoscimenti principali, la regista alza la posta. In breve la trama: il personaggio di Demi Moore, cinquantenne, ex diva, riciclata in Tv, si vede messa da parte perché non più tonica e succosa. La sua sostituta? Sarà ancora lei dopo aver assunto la misteriosa sostanza. Per sette giorni vivrà in un corpo dalle curve sinuose e la settimana successiva dovrà ritornare la cinquantenne di prima, purtroppo le cose si complicano e il fisico della cinquantenne diventerà decrepito. Non vi svelo nulla di più. Andate a vedere questo lavoro, mai moralistico, senza intenti educativi che tanto vanno di moda, spietato e scorretto fino alla fine nel condannare l’ossessione contemporanea per la bellezza e la gioventù. Donne autentiche per delle storie che non cercano compromessi e indagano con coraggio il femminile. Tutto il contrario di Parthenope. La donna scritta da Paolo Sorrentino è una figurina nata dall’immaginario di un regista che indugia sempre in inquadrature voyeuristiche. Meno male che l’interprete, la credibile Celeste dalla Porta, infonde nel personaggio autentica passione. Quella che è mancata a Sorrentino.
Nuove uscite in sala, Cannes e Premi Svizzeri di Musica
Spoiler 23.05.2024, 13:30
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