Anche se nel corso dei decenni il suo nome è andato via via annebbiandosi, Julie Helene Bider, meglio conosciuta come Leny, fu una figura di spicco nel panorama svizzero novecentesco, in particolare degli anni ruggenti del secolo scorso, quando con il fratello Orkar diventò rappresentante di concetti cardine di quegli anni quali l’innovazione tecnologica e le espressioni avanguardiste. Se tuttavia Oskar Bider da sempre viene ricordato come un pioniere dell’aviazione svizzera (per primo sorvolò i Pirenei e le Alpi, cofondò le truppe di aviazione diventandone poi primo pilota, partecipò alla fondazione della società civile Ad Astra per creare una rete di linee aeree in Svizzera ed effettuò un volo storico di ben sette ore e mezzo intorno alla Confederazione elvetica), di Leny invece restano solamente delle fotografie e qualche suo schizzo. Questo almeno fino al 2009, quando l’Associazione femminile del suo comune di nascita (che le dedicò poi anche una piazza) le intitolò una mostra per esporre le sue creazioni di moda. Lo stesso anno lo scrittore Johannes Dettwiler pubblicò due brevi lavori biografici su Julie Helene, dati alle stampe per la prima volta nella serie trimestrale del «Basel-bieter Heimatblatt», poi stampati nel 2019 in una versione rivista e ampliata costituita da circa 270 pagine, per commemorare il centenario della morte di Leny Bider e di suo fratello Oskar.
Leny e Oskar Bider
La storia di Leny inizia l’8 novembre 1894 a Langenbruck, nel Canton Basilea Campagna; la più piccola dei tre figli avuti dalla madre Frida Maria (Glur) e del padre Jakob Bider, tesoriere, ricco commerciante di tessuti e Granconsigliere cantonale. Dopo la dipartita prematura della mamma, la famiglia decise di trasferirsi a Basilea; dapprima Leny fu iscritta alla scuola femminile della città, la Töchterschule, dove sembrò tornare anche un po’ più serena grazie alle scorribande con le amiche, le passioni per il teatro e i concerti. Ben presto però fu costretta a spostarsi ancora, questa volta nel pensionato femminile Clos du Matin a Losanna, dopo che anche il padre morì improvvisamente nel 1911. La famiglia in effetti non resse anche a quell’ennesimo duro colpo, sgretolandosi completamente: i figli si divisero e la ragazzina si trasferì per qualche tempo a Liestal, a casa dello zio e tutore Max Albert Glur-Foster, fratello della mamma e rettore della scuola secondaria femminile. Una figura importante per Leny, essendo pittore di acquerello, assiduo lettore di classici greci e soprattutto appassionato di vecchie commedie teatrali, stimolando ancora di più i suoi interessi e passioni. Lo zio dopo poco tempo decise tuttavia che la ragazza dovesse essere istruita e soprattutto formata in modo più rigoroso, inviandola quindi nel pensionato losannese; un luogo in cui non trovò mai conforto e, anzi, dove si sentì annientata e imprigionata come lei stessa scrisse sul suo diario privato. Un animo ribelle che non poteva essere domato; Leny frequentò comunque i teatri cittadini e venne in contatto con i giovani rappresentanti della scena artistica losannese. Decise dunque di abbandonare la struttura meno di un anno dopo il suo arrivo, frequentando in seguito la scuola di economia domestica di Merligen (sul lago di Thun), che abbandonò dopo pochi mesi, lasciando poi addirittura la Svizzera alla volta dell’Inghilterra, dove lavorò come ragazza alla pari in diverse famiglie (1913-14).
Bieder tornò poi in patria nel 1915, a Zurigo precisamente, dove le prospettive e le possibilità avevano ampio raggio per l’entusiasta diciottenne. Frequentò assiduamente il Cabaret Voltaire, culla del dadaismo, in cui si fece travolgere dalle mostre d’arte russa e francese, dalle danze, dalle letture poetiche, dalle esecuzioni di musiche africane e dagli spettacoli provocatori e dissacranti che lì venivano organizzati; letteralmente il ‘pane per i denti’ della giovane Leny. Decise dunque di iscriversi ad una scuola di arte drammatica per il cinema muto e, un anno più tardi, diventò la titolare di un atelier di moda allestito nella soffitta di uno stabile situato sulla Bahnhofstrasse, al numero civico 33. Un luogo in cui poter sprigionare la sua grande creatività, disegnando diversi modelli di cappello, ma anche partecipando a esposizioni d’arte e lavorando come fotomodella.
Biografie über Leny Bider, die Schwester von Oskar, di Johannes Dettwiler.
Per quanto riguarda il lavoro nel cinema, il primo cortometraggio nel quale fu attrice comprimaria è datato primavera 1917, intitolato Frühlingsmanöver, e si traduceva in una piccante commedia militare attraverso la quale Leny fece parlare molto di sé, avendo accettato di indossare dei pantaloni che fino a quel momento erano relegati esclusivamente a ruoli maschili. In generale comunque, questo cortometraggio muto non incontrò i favori del pubblico, ma soprattutto dell’esercito, tanto da internare addirittura il regista fino alla fine della guerra. Un’onta anche per la famiglia di Leny, ma questo non la fermò di certo. Anzi. Sempre quell’anno vestì i panni di protagonista (anche se sotto lo pseudonimo di Leny Harold) ne La guida alpina, primo film svizzero di successo per il cinema, destando grande scalpore soprattutto per aver girato una scena con un bacio mozzafiato, considerato decisamente scandaloso per l’epoca.
Alla base, tuttavia, il talento di Bieder nella recitazione era innegabile, tanto da essere considerata l’astro nascente del cinema elvetico. Ciononostante, la sua carriera si interruppe improvvisamente quando nel 1919, a distanza di due giorni dall’annuncio del suo matrimonio con il titolare di una farmacia Ernst Theodor Jucker, il 7 luglio apprese che suo fratello Oskar era morto in un incidente aereo; Leny non riuscì a sopportare l’ennesimo immenso dolore di un lutto famigliare, arrivando a compiere l’estremo gesto, togliersi a sua volta la vita in una stanza presa in affitto in un ex albergo di Zurigo.
Lapide di Leny e Oskar Bider nel cimitero di Langenbruck (Basilea Campagna)
I due fratelli furono sepolti alcuni giorni dopo insieme, nel cimitero di Langenbruck, a sugello del loro strettissimo legame; Leny ed Oskar condivisero moltissimo, facendo parte di una “jeunesse dorée”, che negli anni ’20 del secolo scorso era simbolo di emancipazione e nello stesso tempo costituiva una nuova forma di prigione, tra eccessi, droghe ed alcool; proprio in preda agli ultimi vapori alcolici dopo una festa, l’amato fratello morì durante quel suo ultimo volo, intrapreso per mostrare agli amici le sue abilità acrobatiche. Un legame ripercorso e descritto nel 2011 anche da Margrit Schriber, autrice del romanzo Das zweitbeste Glück dedicato alla vita dei fratelli Leny e Oskar Bider.
Leny Bider
RSI Cultura 01.12.2021, 01:00
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