È la vera Belle Époque italiana: l’epoca nella quale convivono poesia e sogno, una realtà semplice. La semplicità dei rapporti umani, il modo di approcciarsi, il tatto che si doveva avere, il rispetto dell’altra persona. I tempi lenti, anche nel corteggiamento... C’erano dei riti che non andavano accelerati. Questa, secondo me, è una parte importante del film. Permea tutta la storia attraverso i personaggi e le vicende: qualcosa che è proprio protagonista del film.
Neri Marcorè, intervistato da Alessandro Bertoglio
Debutto alla regia di Neri Marcorè, notissimo attore, conduttore televisivo italiano e immenso imitatore (celebre il suo Alberto Angela per l’Ottavo Nano) Zamora è ambientato negli anni ‘60. Un’era che il regista definisce “la Belle Époque italiana”, dove convivevano poesia e sogno, grandi protagonisti del suo film. Un paese in quegli anni “rosa e azzurro” come l’ha definito Marcorè.
Sceneggiato da Maurizio Careddu, Paola Mammini, Alessandro Rossi e dallo stesso Neri Marcorè è tratto dall’omonimo libro di Roberto Perrone (uscito nel 2003), primo romanzo del giornalista, scrittore morto improvvisamente nel gennaio del 2023, purtroppo poco prima che il film uscisse dalle sale di montaggio.
Intervista a Neri Marcoré, ospite di Castellinaria
Alessandro Bertoglio, Alphaville 15.11.2024, 11:00
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Siamo nella Milano della metà degli anni ‘60. La piccola fabbrica dove lavora Walter Vismara chiude senza preavviso. Walter trova un nuovo posto di lavoro presso un’altra azienda. Il suo nuovo capo, il cavalier Tosetto, ha una vera e propria fissazione per il calcio e ogni settimana obbliga i suoi impiegati a strazianti sfide sul campo tra “tra scapoli e ammogliati”, come si diceva un tempo. Ma Walter non nutre una vera e propria passione per il calcio e nutre scarso interesse agonistico e viene destinato a stare in porta. Un ruolo che gli vale il soprannome sarcastico di Zamora, in riferimento al famoso portiere spagnolo del Real Madrid. Le umiliazioni in ufficio e sul campo da gioco lo inducono a chiedere l’aiuto di Giorgio Cavazzoni, ex portiere del Milan e della Nazionale.
Il film, che è stato presentato in concorso al Bari International Film Festival - dove ha ottenuto una menzione speciale per la fotografia, magnificamente diretta da Duccio Cimatti - sarà proiettato a Bellinzona, alla presenza del regista, venerdì 19 novembre alle 20:30, nell’ambito di Castellinaria, il Festival del cinema giovane.
Nell’era digitale sarebbe impossibile raccontare la stessa storia. Già se ci fermiamo al secolo scorso, senza arrivare ai primi anni duemila, con la digitalizzazione, e quindi la velocizzazione di tante cose: dai rapporti umani, alla fruizione di contenuti... sarebbe completamente diverso... Quindi, l’abbiamo valutato, ma non ci siamo spostati dall’ambientazione del libro, che è nel 1963. Ci siamo solo avvicinati un po’ di più, perché volevo che si sentisse un po’ lo spirito del ‘68. Quindi il film è ambientato tra il ‘65 e il ‘66. Era giusto restare in quell’epoca. Quell’epoca consentiva anche di restituire quella ingenuità della quale era permeata l’Italia e non soltanto l’Italia. Era un paese che cresceva, c’era la speranza del futuro e si vedeva tutto rosa e azzurro.
Neri Marcorè, intervistato da Alessandro Bertoglio