Letteratura

Difendi, conserva, prega

Giovanni Lindo Ferretti e il ritorno all’arcaico

  • 24 ottobre 2022, 10:01
  • 14 settembre 2023, 09:20
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Di: Marco Alloni 

Ci sono libri scritti senza alcuna precisa intenzione, come dettati dallo spirito, che direzioni e intenzioni ne ha sempre di imperscrutabili. Sono libri “lasciati andare”, per così dire, libri “lasciati essere”, in cui la forma ha un suo modo informe di non calarsi in nessun canone. Appartengono a quella dimensione del pensiero in cui il pensiero, semplicemente, si abbandona: non cerca né consenso né altro che il proprio fluire. Sono libri dove l’anima parla in una solitudine così estesa da abbracciare quelle altrui.

È il caso di Óra. Difendi, conserva, prega di Giovanni Lindo Ferretti, cantante dei CCCP e poi dei CSI e uno dei fondatori del punk italiano. Edito da Aliberti, il volume è già nel titolo un tributo al raccoglimento, Óra non essendo – pur contemporaneamente essendolo – una connotazione temporale, bensì l’imperativo di “prega”, dal sostantivo orazione. Óra come appello a quel fondo di dedizione al divino che solo a un dipresso, ma non necessariamente, incontra in una confessione, nel Cristianesimo, il proprio alveo.

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Fedele alla linea?

Laser 25.04.2018, 09:00

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Scrive Ferretti: “Ho imparato a pregare nel lettone di mia nonna prima di addormentarmi. In casa eravamo solo io e lei, erano tempi difficili, di disgrazie, di dolore, ma non per me che crescevo bene e in salute (...) Il silenzio ci faceva compagnia, fortificava pensieri e azioni”.

Siamo nello spazio dell’arcaico, dove il tepore di un letto e di un abbraccio senile dischiudono quella coincidenza tra pagano e cristiano che è della verità del religioso delle origini. Ferretti esce in effetti dalle angustie della comunicazione, dell’informazione di massa, delle ansie di successo, guadagna il cerchio dell’intimità dove la preghiera assolve al compito sommo dell’introspezione: la primitività – “diventammo cristiani nella seconda metà del primo millennio, non è cambiato granché, da allora” – torna a vincerla sull’effimero della modernità. “Non leggo i giornali, non guardo la televisione, non frequento i social, nato tra i morti sui monti / vivo sui monti tra i morti”. E in questo anticonformismo agito dalla preghiera e dall’isolamento i fragori del contemporaneo appaiono finalmente ridicoli.

È uno dei compiti dell’intelligenza, una delle urgenze dello spirito: ritrarsi dalle seduzioni del caduco e riconsegnarsi all’essenza. D’altra parte Ferretti si richiama ai Barbari, ai Longobardi, a quel sostrato di umanità vagante e silvestre che ha determinato la nostra genetica più di quanto abbia fatto l’Impero Romano. La Storia si allea alla fede in modo quasi naturale: laddove siamo contaminati dal primitivo si dischiude il carattere più autentico delle nostre matrici.

Libretto o memorandum dello spirito, il volume di Ferretti è però anche un prontuario e una guida alla preghiera, al Rosario, una guida alla pratica del raccoglimento nel quadro di una conversione annunciata che, insieme alla preghiera, ritrova i luoghi dell’infanzia come per una voce provvidenziale che decide senza preavviso che non poteva essere che così: “Non so quando ho ricominciato a pregare. L’ho fatto così, perché mi si allargava il cuore”. Allora ci rendiamo conto che preghiera è anche ritorno, recupero, ridefinizione degli errori e degli accecamenti, che preghiera non è solo dialogo con Dio ma patto sovrano con il tempo: il tempo della perdita si riavvolge nella coltre di un tempo eterno che permane cessando di mutare inutilmente.

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Per questo il libro di Ferretti – per questo e molto altro – è una sferzata di luce persino per un ateo: perché è infine un atto di militanza antropologica in nome del ritorno a qualche possibile purezza aurorale, la stessa che non a caso reclamava Pasolini quando, esortandoci alla conservazione, alla difesa, alla preghiera, ci poneva di fronte allo sconquasso della modernità e dell’omologazione, demoni oscuri di quella corsa in avanti che non solo un credente sa preludio all’Apocalisse.

Quindi, se libro per e della salvezza questo di Ferretti si propone di essere, lo sia anche per chi non sa pregare. Perché salvarci è un dovere che travalica ogni orizzonte, persino quello religioso.

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