Arte e Spettacoli

Hieronymus Bosch

Un’inesauribile fonte di meraviglia

  • 16.01.2023, 10:34
  • 31.08.2023, 11:58
Hieronymus Bosch, San Giovanni Battista, 1495 circa. Madrid, Museo Lázaro Galdiano

Hieronymus Bosch, San Giovanni Battista, 1495 circa. Madrid, Museo Lázaro Galdiano

  • © Museo Lazaro Galdiano, Madrid
Di: Francesca Cogoni 

Difficile trovare in tutta la storia dell’arte un pittore tanto enigmatico e misterioso quanto Hieronymus Bosch. In primo luogo, perché il suo nome evoca subito scenari infernali e fantastici, brulicanti di creature mostruose, elementi bizzarri ed esseri grotteschi, che destano stupore e curiosità. Poi, perché tutta la sua opera è complessa e sfaccettata, carica di simboli e allegorie, ed è oggetto delle più varie interpretazioni. E, infine, perché della vita di questo artista non si sa granché: poche le informazioni biografiche certe, così come poche sono le opere autografe giunte fino a noi, nessuna delle quali risulta datata.
Insomma, quella di Bosch è una figura avvolta nel mistero, e ciò nonostante, o soprattutto per questo, incredibilmente affascinante, tanto da collocarsi tra i grandi Maestri del Rinascimento. “Inventore nobilissimo e meraviglioso di cose fantastiche e bizzarre”, per usare le parole dello scrittore e mercante Lodovico Guicciardini, Bosch si distinse per la capacità inventiva fuori del comune. I suoi dipinti, intrisi di caos, incubi, magia e follia, rappresentano quanto di più lontano possa esserci dai concetti di grazia, equilibrio e proporzione. Parliamo dunque di un Rinascimento ben diverso da quello classico e armonioso che fiorì in Italia, come sottolinea anche la splendida mostra in corso a Palazzo Reale a Milano fino al 12 marzo 2023. “Bosch e un altro Rinascimento” ha il pregio non solo di esibire alcuni dei più celebri capolavori del pittore fiammingo - uno su tutti, il visionario Trittico delle Tentazioni di Sant’Antonio in prestito dal Museu Nacional de Arte Antiga di Lisbona, che raramente lascia il Portogallo e che giunge in Italia per la prima volta - ma anche di svelare analogie, rimandi e influenze tra l’opera di Bosch e quella di alcuni dei più interessanti artisti fiamminghi, italiani e spagnoli coevi.

Hieronymus Bosch, Trittico delle Tentazioni di Sant’Antonio, 1500 circa. Lisbona, Museu Nacional de Arte Antiga

Hieronymus Bosch, Trittico delle Tentazioni di Sant’Antonio, 1500 circa. Lisbona, Museu Nacional de Arte Antiga

  • © DGPC - Luisa Oliveira

Jeroen Anthoniszoon van Aken (nome di battesimo dell’artista) nasce intorno al 1450 - molto probabilmente nel 1453 - a ’s Hertogenbosch (Boscoducale), nella regione del Brabante olandese, un territorio appartato rispetto alle rotte più battute, ma dalla discreta vita culturale e casa di numerosi monasteri e istituzioni religiose e laiche. La famiglia di Bosch annovera tra i suoi membri diversi pittori, tra cui Jan e Anthonius, rispettivamente nonno e padre dell’artista, e i suoi due fratelli Goossen e Thomas; è anche per distinguersi dai suoi parenti, oltreché per sottolineare il legame con la sua città d’origine, che Bosch decide di cambiare nome. Della formazione e dei viaggi dell’artista non si sa pressoché nulla, se non che la sua produzione pittorica ha avvio nella bottega di famiglia, presumibilmente tra il 1470 e il 1475. Qualche anno dopo, intorno al 1480, il giovane Bosch è menzionato per la prima volta come “libero maestro” in un documento. Negli stessi anni, il pittore sposa una ricca nobildonna, che porta in dote alcuni terreni della zona, cosa che permetterà all’artista di vivere in una condizione agiata e senza preoccupazioni economiche per il resto della sua vita. Nel 1486, Bosch entra a far parte della Confraternita di Nostra Signora, associazione di uomini e donne, laici ed ecclesiastici, accomunati dal culto della Vergine. È proprio dai registri della confraternita che è possibile trarre le poche notizie certe sulla sua vita, come quella relativa alla sua morte avvenuta nel 1516, come attesta un documento che parla del decesso di “Hieronymus Aquen, alias Bosch, insignis pictor”.

Hieronymus Bosch, Le tentazioni di sant’Antonio, 1500 circa. Madrid, Museo Nacional del Prado

Hieronymus Bosch, Le tentazioni di sant’Antonio, 1500 circa. Madrid, Museo Nacional del Prado

  • © Foto MNP - Foto Scala, Firenze

Al di là dell’appartenenza a tale associazione, però, nulla sappiamo sul credo religioso dell’artista. Senz’altro, tra le prerogative della Confraternita di Nostra Signora vi è il ripudio della licenziosità che domina in tale periodo la popolazione. Non dimentichiamo che Bosch nasce alla fine della guerra dei Cent’anni, in un momento di ripresa economico-sociale che porta prosperità e benessere, ma anche corruzione: la società è combattuta tra culto del piacere e senso del dovere morale e religioso. Tale clima si riflette nelle opere di Bosch, colme di scene peccaminose e di esseri ignobili e repellenti. Che cosa spinga il Maestro fiammingo a una visione così terrificante e singolare del mondo è materia di molteplici letture, ma di certo il suo sguardo pessimistico sulla società, che esprime enfatizzando la stoltezza, la dissolutezza e la malvagità degli uomini, non è così difforme dalla visione borghese e urbana diffusa tra ’400 e ’500. La genialità di Bosch sta nella capacità di tradurre sulla tela tali concezioni e certe credenze popolari in modo estremamente personale, totalmente indipendente dai canoni artistici del suo tempo, dimostrando una magistrale padronanza pittorica, nonché un’erudizione e una forza immaginifica straordinarie.

Hieronymus Bosch, Giudizio finale, 1500 circa. Musea Brugge, Bruges

Hieronymus Bosch, Giudizio finale, 1500 circa. Musea Brugge, Bruges

  • © Lukas - Art in Flanders VZW - Bridgeman Images

Ma non solo. Il talento di Bosch si manifesta anche nella impareggiabile abilità di mescolare realtà e allucinazione, lucidità e follia. Bosch è sì un pittore del grottesco, dell’onirico e del fantastico, ma è anche abile nel rappresentare certi particolari, soprattutto naturali, in modo assai realistico, spesso quasi scientifico. C’è un racconto molto interessante di Dino Buzzati a questo proposito. Si intitola Il maestro del Giudizio Universale (in L’opera completa di Bosch, collana Classici dell’Arte”, Rizzoli Editore, Milano 1966) e lo scrittore vi narra l’incontro con un certo van Teller, un anziano uomo convinto che Bosch sia un suo antenato e che dichiara con veemenza, riferendosi ai critici che avevano scritto sul pittore: «Parlano dell’inferno, parlano della dannazione eterna, parlano di sant’Agostino, delle eresie, della riforma di Lutero. […] E i refoulements sessuali… i complessi aberranti… la componente sodomitica… l’esoterismo negromantico… Quanta fatica inutile! Ma se è così semplice; così limpido! Se non è mai esistito un pittore più realista e chiaro di lui!… Altro che fantasie, altro che incubi, altro che magia nera… La realtà nuda e cruda che gli stava davanti… Solo che lui era un genio che vedeva quello che nessuno, prima di lui e dopo di lui, è stato capace di vedere. Tutto qui il suo segreto: era uno che vedeva e ha dipinto quello che vedeva…». È senz’altro significativa e fa riflettere questa descrizione di Bosch quale acuto osservatore e pittore realista capace di vedere “oltre” e di mettere a nudo le inquietudini, le ossessioni e le contraddizioni della società.

Hieronymus Bosch, Trittico delle Tentazioni di sant’Antonio (particolare), 1500 circa. Lisbona, Museu Nacional de Arte Antiga

Hieronymus Bosch, Trittico delle Tentazioni di sant’Antonio (particolare), 1500 circa. Lisbona, Museu Nacional de Arte Antiga

  • © DGPC - Luisa Oliveira

Tra fine ’400 e inizio ’500, in virtù del suo singolare ingegno, Bosch attira l’attenzione e le lodi di committenti e collezionisti anche di alto rango, come il re di Spagna Filippo il Bello, Margherita d’Austria ed Enrico III di Nassau. Pare sia proprio quest’ultimo, che svolge il ruolo di governatore di molte delle province degli Asburgo nei Paesi Bassi, a commissionare uno dei più grandiosi e complessi dipinti di Bosch, e di tutta la storia dell’arte: il Trittico del Giardino delle Delizie, databile intorno al 1490-1500 e oggi conservato al Museo del Prado di Madrid. Un grande, intricato racconto di ispirazione biblica dove s’intrecciano elementi umoristici, erotici, religiosi, filosofici ed esoterici. Servendosi di un ricchissimo vocabolario simbolico, Bosch riempie le tre tavole che compongono il lavoro di demoni, mostri, corpi nudi, chimere, oggetti animati, animali reali e fantastici, architetture contorte, strumenti musicali, incendi, elementi botanici, situazioni assurde e paradossali, ibridando umano, animale, vegetale e minerale.

Hieronymus Bosch, Trittico dei Santi Eremiti, 1495-1505 circa. Venezia, Gallerie dell’Accademia

Hieronymus Bosch, Trittico dei Santi Eremiti, 1495-1505 circa. Venezia, Gallerie dell’Accademia

  • © Gallerie dell’Accademia di Venezia

In quest’opera in modo particolare, ma anche in tutte le altre (dal Trittico del Giudizio di Vienna a quello degli Eremiti, passando per il sopraccitato Trittico delle Tentazioni di Sant’Antonio), il nostro sguardo si perde nel catturare e osservare i tanti dettagli, si muove insistentemente da un punto all’altro della superficie pittorica, rapito e stupefatto. Anche qui stanno la bellezza e la peculiarità dell’arte boschiana: non vi si può dedicare uno sguardo distratto e veloce. Per apprezzarla appieno occorre avvicinarsi e osservare con attenzione, compiere una lenta esplorazione. Le creazioni di Bosch sono incredibili microcosmi, piccoli universi palpitanti. E non importa se non tutto appare chiaro o comprensibile: è piacevole lasciarsi avvolgere dai tanti enigmi e dalle figure criptiche che popolano i suoi lavori.

Nel 1953, lo storico dell’arte Erwin Panofsky scrisse: «Nonostante le molte ingegnose, dotte e in parte estremamente utili ricerche dedite al compito di “decifrare Jerome Bosch”, non posso fare a meno di credere che il vero segreto dei suoi magnifici incubi e fantasticherie debba ancora essere svelato. Abbiamo scavato alcune brecce attraverso la porta di una stanza chiusa; ma in qualche modo non ci sembra d’aver trovato ancora la chiave». Ecco, ancora oggi l’opera di Bosch è come un viaggio senza fine, una continua rivelazione, un’inesauribile fonte di meraviglia.

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