È un percorso a ritroso iniziato solo negli ultimi vent’anni, quello che ha portato la critica a riscoprire e riattribuire il ruolo pionieristico che spetta a Marianne Werefkin, antesignana di una nuova concezione artistica. Un titolo che Ascona, luogo prescelto e tanto amato dall’artista, non le ha mai sottratto e nel 1922, su invito dell’artista Ernst Kempter, fonderà proprio il Museo Comunale di Ascona (grazie anche alla collaborazione di altri artisti) donando alcuni suoi dipinti e quelli degli amici Paul Klee, Cuno Amiet e Arthur Segal.
Marianne Werefkin, Die Landstraße (1907)
Nata a Tula, in Russia, nel 1860, studia all’Accademia di Mosca sotto la guida del realista I.M. Prjanišnikov. Oltre a distinguersi presto per i suoi ritratti di maniera seicentesca, alla pittura affianca lo studio della scultura e dell’architettura, sono anni di crescita che la vedono spesso impegnata tra teatri e concerti. Trasferitasi a San Pietroburgo si forma presso l’atelier di un altro grande maestro del realismo russo, Il’ja Repin; finché all’età di trentasei anni, con il compagno Alexej Jawlenskij, si trasferisce in una Monaco effervescente sul piano artistico. La città bavarese rappresenta la culla del modernismo ed è la terra di approdo per artisti russi e tedeschi alla ricerca di un nuovo linguaggio, in cesura con il manierismo realista e con l'istituzione accademica. Il trasferimento coincide però anche con uno stallo nella produzione artistica di Werefkin che, per dimostrare la sua devozione a Jalenskij, rinuncia alla sua ricerca artistica per autoeleggersi musa del suo amante. Tuttavia, Werefkin non rinuncia completamente al mondo dell’arte, grazie alla pensione elargita dall’impero zarista per la scomparsa del padre, riesce comunque a mantenere una sua autonomia e persiste con un’intensa vita intellettuale. Emil Nolde, Gabriele Münter, Paul Klee, Maria e Franz Marc, Vasilij Kandinsky sono i nomi delle persone di cui si circonda e che come lei sentono la necessità di indagare nuove vie. Ancor prima delle tensioni belliche, che sfoceranno poi nel primo conflitto mondiale, Werefkin compie numerosi viaggi per l’Europa dove tesse una fitta rete di contatti. Fondamentale sarà il suo primo soggiorno in Italia, terra che le rapirà il cuore e che ispirerà il diario, pubblicato sul Neuer Zurcher Zeitung, dal titolo Ausfahrt nach Italien.
Polizeiposten in Wilna (1914), Fondazione Marianne Werefkin, Museo Comunale d'Arte Moderna, Ascona
Di rientro a Monaco, nel 1905, torna protagonista della sua arte e ricomincia a dipingere realizzando i primi quadri espressionisti. Stilisticamente influenzata da Paul Gauguin e dai Nabis verrà soprannominata “la francese”. Ispirata da questa ritrovata spinta artistica, Werefkin e il compagno, eserciteranno un influsso decisivo sulla pittura di Gabriele Münter e Vasilij Kandinskij, e proprio da questi scambi nascerà l’idea di creare un’associazione d’artisti con lo scopo di organizzare eventi espositivi e manifestazioni: la Neue Künstlervereinigung München (NKVM). L’anno successivo Werefkin e Jawlenskij aderiscono al neonato Blaue Reiter (il Cavaliere Azzurro) e in uno dei suoi viaggi a Parigi, Werefikin avrà modo di conoscere Henri Matisse (sempre in quel periodo partecipa insieme alla NKVM, al Blaue Reiter e a Die Brücke alla mostra della Neue Sezession di Berlino). Più di un decennio ricco dal punto di vista dello scambio culturale e artistico, che si concluderà con lo scoppio del primo conflitto mondiale e l’esilio forzato in Svizzera, meta che accolse il mondo culturale in fuga di tutta Europa. Costretta a emigrare a Ginevra nell’agosto del 1915 con un permesso da rifugiata, porta con sé Jawlenskij, l’amante del compagno e il figlio avuto da questa relazione, Andreas.
Marianne Werefkin, Der Lumpensammler (1917)
A Zurigo entra in contatto con il nascente movimento Dada e con la cerchia internazionale di artisti e intellettuali. Proprio a partire da questo contesto culturale di profondo cambiamento prenderà forma la pittura della maturità di Marianne Werefkin. Una pittura identitaria caratterizzata per i tratti vibranti e i colori tipici dell’espressionismo tedesco: colori caldi accostati a toni freddi. I materiali utilizzati dall’artista sono moderni, la tempera su carta viene incollata su cartone, discostandosi definitivamente dalla tradizione accademica. Nel 1917 Lugano accoglie Werefkin e Jawlwnskij che collaborano alla messa in scena dei balletti di Aleksandr Sakharov, ma dopo la Rivoluzione d’ottobre la vita di Werefkin inizia a prendere una strada destinata a una caduta inarrestabile. Persa la pensione zarista e rimasta con pochi mezzi, Werefkin, e quella che oggi verrebbe definita la sua famiglia allargata, si trasferisce ad Ascona, meta internazionale e viva grazie alla fama del Monte Verità. Chiusa la relazione con Jawlwnskij, Werefkin decide di restare ad Ascona e di continuare, inarrestabile, con la sua ricerca artistica: nel 1920, in occasione della XII Esposizione d’Arte a Venezia Werefkin espone le sue opere nel Padiglione russo e ricopre un ruolo centrale nella fondazione del Museo Comunale di Ascona, che nel 2022 ha celebrato il suo centenario.
Marianne Werefkin, Liebeswirbel, ca. 1917
L’entusiasmo di Marianne Werefkin non cessò mai di intensità: tra simbolismo ed esoterismo, psicanalisi e teosofia forti di un’arte spirituale che la conducono ben oltre le etichette (lusinghiere per il periodo storico) che le sono state attribuite come “il Rembrandt russo”, durante il manierismo accademico e “la levatrice” o “l’amazzone del Cavaliere azzurro”, in seguito. La sua necessità di vivere per l’arte la spinge nel 1924, con Walter Helbig, Ernsr Frisk, Albert Kohler, Gordon M. McCouch, Otto Niemeyer-Holstein e Otto van Rees a fondare il gruppo Der Grosse Bär (L’Orsa Maggiore). Sarà il 1925, dopo una personale nella galleria Neue Kunst Fides a Dresda, a consacrarla tra gli artisti (ambito a prevalenza maschile) più rivoluzionari del Novecento, tant’è che nel 1927 Bruno Goetz scriverà un romanzo, Das göttliche, ispirato alla pionieristica figura di Werefkin.
Marianne Werefkin, Die törichten Jungfrauen, 1921
Oggi, la sala al piano superiore del Museo Cantonale di Ascona accoglie diversi suoi dipinti, l’odore della tempera colora inaspettatamente l’aria; è più probabile che provenga dalle cornici (dipinte di nero per una scelta di curatela), ma è bello pensare che tutta la sua passione si possa ancora respirare. I dipinti esposti risalgono ai primi decenni del Novecento, i soggetti rappresentati sono dinamici, si allungano curvandosi sinuosi verso l’alto. Le figure spesso danno le spalle a chi guarda, l’impressione è quella di un eterno andare, un tendere verso una meta simbolica intangibile. I vicoli stretti, i paesaggi di montagna e le vette si richiudono su loro stesse caricando i dettagli di grande importanza, svelando il mistero solo a chi osserva da vicino. L’impressione è che le montagne siano vive, in alcuni dipinti delle chimere, il tratto è breve e vibrante, fugge dai confini delle cornici, così come i protagonisti e le protagoniste di tempera imprigionate nella tela.
Marianne Werefkin, Sonnenaufgang, ca. 1924
Non manca l’ironia, che si fa evidente nei ritratti La vita alle spalle o I due Santi. Ancora, ricorrenti sono il soggetto della barca in partenza, il tema del viaggio, le città abbandonate, i paesi arroccati tra le rocce e incorniciati dalle alpi innevate sullo sfondo. Le atmosfere predilette per questi dipinti della maturità sono la sera, con la sua luce crepuscolare e i colori caldi oppure la notte, rischiarata dalla luna: un gioco di luci e ombre, che nascondono ma allo stesso tempo dichiarano la visione dell’artista. Ed è attraverso queste composizioni palpitanti che Marianne Werefkin continua a fare risuonare l’eco della sua ricerca.
Marianne Werefkin non abbandonerà più Ascona e la sua popolazione, rimarrà attiva e molto popolare fino al 1936, dopo due anni si spegnerà nel borgo in riva al lago dove verrà sepolta con il rito russo ortodosso.