Arte e Spettacoli

Robert Capa

L’avventura di un fotografo senza eguali

  • 22.10.2023, 11:20
  • 02.04.2024, 11:43
Robert Capa
Di: Francesca Cogoni 

Capita sovente che definizioni come “leggendario” o “iconico” vengano utilizzate a sproposito, senza alcun valido motivo. Non è questo il caso. Il nome e l’avventura fotografica di Robert Capa sono diventati leggenda a pieno diritto. Coraggioso, agile, risoluto, eroico, Capa si spinse fin dove nessun altro prima aveva osato andare, fotografò gli eventi bellici in modo così diretto e ravvicinato da rischiare più volte la vita, e infine perderla a soli quarant’anni, senza mai levarsi dal collo la sua fidata macchina fotografica, compagna di tante imprese eccezionali.
«Se le tue foto non sono abbastanza buone, vuol dire che non eri abbastanza vicino» dichiarava con fermezza.

Ma, nonostante Robert Capa sia ricordato soprattutto come il più grande fotografo di guerra di tutti i tempi, punto di riferimento per tantissimi fotoreporter a venire, è bene rimarcare che egli odiava la guerra ‒ “Come fotografo di guerra spero di rimanere disoccupato per il resto della mia vita” ‒ ed è doveroso portare l’attenzione anche sui suoi reportage e scatti lontano dal fronte, come le innumerevoli fotografie fatte ai diseredati, rifugiati e migranti, o i memorabili ritratti di amici e di personalità come Pablo Picasso, Ernest Hemingway, Truman Capote, Ingrid Bergman e Henri Matisse, solo per dirne alcuni.

Robert Capa, Gente lungo una strada fiancheggiata da edifici distrutti, Berlino, Germania, agosto 1945

Robert Capa, Gente lungo una strada fiancheggiata da edifici distrutti, Berlino, Germania, agosto 1945

  • © International Center of Photography - Magnum Photos

Endre Ernö Friedmann ‒ questo il nome di battesimo di Capa ‒ nasce a Budapest il 22 ottobre 1913 da una famiglia ebrea. Nel 1931 è costretto a lasciare il suo Paese per aver protestato contro il regime. Si trasferisce quindi a Berlino, dove inizia a studiare Scienze politiche alla Hochschule für Politik e al contempo lavora come assistente alla camera oscura presso la celebre agenzia fotografica Dephot, fondata dal suo connazionale Simon Guttman. Il primo lavoro di rilievo che gli viene assegnato dimostra fin da subito la sua forte determinazione e scaltrezza. Capa è inviato a Copenaghen per un servizio sulla conferenza del rivoluzionario sovietico in esilio Lev Trockij. Una delle sue foto finisce a tutta pagina su Der Welt-Spiegel. Di questo debutto racconterà: «A nessuno era consentito scattare foto perché Trockij non voleva mai essere ritratto. I fotografi arrivati da tutto il mondo con le loro pesanti attrezzature furono costretti a restare fuori. Io portavo in tasca una piccola Leica, quindi a nessuno venne in mente che fossi un fotografo. Quando arrivarono degli operai che dovevano portare lunghi tubi di acciaio nella sala, mi unii a loro e andai alla ricerca di Trockij».

Nel ’33, con l’ascesa al potere del partito nazionalsocialista, Capa è costretto ancora una volta a scappare. Lasciata la Germania, si sposta a Parigi, dove spera di affermarsi come fotogiornalista, ma i primi tempi non sono facili: Capa patisce la fame e tira avanti grazie all’aiuto della comunità di rifugiati ungheresi e tedeschi a Montparnasse. A poco a poco, armato di grinta, tenacia e affabilità, Capa si inserisce nell’ambiente socioculturale parigino, fotografa le manifestazioni, le sommosse e la vittoria del Fronte Popolare, la coalizione di partiti di sinistra che si oppone al fascismo internazionale. Ben presto stringe amicizia con i fotografi Henri Cartier-Bresson e David Seymour, e incontra Gerda Taro, al secolo Gerta Pohorylle, giovane tedesca, profondamente antifascista, anche lei fuggita dalla Germania nazista. Sarà l’inizio di un importante sodalizio sentimentale e professionale. Insieme a lei “inventa” il personaggio Robert Capa, costruendo l’immagine di un affermato e affascinante fotografo americano e vendendo le foto con questo nome. E ancora insieme a lei si reca in Spagna nel 1936, per documentare la violenta guerra civile, condividendo con la sua compagna convinzione politica e passione per la fotografia. I due ritraggono gli scontri armati in Catalogna e Aragona, i miliziani repubblicani a Barcellona e l’arrivo delle Brigate Internazionali a Madrid, mostrando tutta la ferocia del conflitto. Risale a questo periodo una delle immagini più celebri non solo di Capa, ma di tutta la storia del fotogiornalismo: quella del miliziano ferito a morte sul fronte di Cordova nel settembre 1936. Il fotografo immortala l’istante preciso dell’uccisione dell’uomo.

Robert Capa, Donne in cammino in un paesaggio deserto, Stalingrado, URSS, 1947

Robert Capa, Donne in cammino in un paesaggio deserto, Stalingrado, URSS, 1947

  • © International Center of Photography - Magnum Photos

Purtroppo, in questo atroce conflitto a perdere la vita sarà anche Gerda Taro, travolta da un carro armato mentre è intenta a fotografare la battaglia di Brunete. È un durissimo colpo per Capa, che abbandona la Spagna e si reca prima a New York e poi in Cina, dove per sei mesi documenta la resistenza contro l’invasione giapponese. Tra tutte le foto di questo periodo, in mezzo ai soldati che si addestrano e ai civili fra le macerie, ve n’è una che colpisce in modo particolare: è l’immagine di alcuni bambini cinesi che giocano spensierati sulla neve, ad Hankou. In contrapposizione a tutte le brutture e sofferenze causate dal conflitto, Capa cattura la gioia e l’innocenza di un campo innevato animato dai giochi infantili.

Nel 1938 Capa è di nuovo in Spagna. Ormai consapevole della vittoria di Franco, fotografa la fuga dei Repubblicani e l’esodo verso la Francia, realizzando una serie di scatti toccanti e pregni di disperazione, come quello di una bambina che si riposa durante l’evacuazione di Barcellona, che pare quasi interrogarci con il suo sguardo diretto e candido, o il ritratto di un violoncellista in un campo di internamento per esiliati repubblicani in Francia. Nel dicembre del ’38, l’autorevole rivista inglese Picture Post pubblica un ampio servizio sulla guerra civile spagnola corredato di ben ventisei foto di Robert Capa, proclamandolo come “il miglior fotografo di guerra del mondo”. A venticinque anni Capa è ormai un fotoreporter di successo.

Tra il ’41 e il ’45 si sposta lungo l’Europa per coprire gli assedi, i combattimenti e l’avanzata delle truppe alleate durante la Seconda guerra mondiale: è in Gran Bretagna, poi in Sicilia e in Campania. “Queste furono le mie fotografie più autentiche della vittoria” scriverà a proposito degli scatti raffiguranti il lutto delle madri di una ventina di ragazzi napoletani che avevano combattuto contro i tedeschi prima dell’arrivo degli Alleati.

Il 6 giugno 1944, Robert Capa si trova a Omaha Beach per testimoniare lo sbarco delle truppe americane in Normandia. “Le pallottole aprivano buchi nell’acqua attorno a me e io mi affrettai a mettere fra loro e me un ostacolo d’acciaio” racconterà. Purtroppo, per un errore tecnico di un addetto alla camera oscura, delle oltre cento foto scattate se ne salvano soltanto undici.

Insieme a Hemingway, Capa accompagna gli Alleati verso la periferia di Parigi e partecipa alla liberazione della città. Successivamente si sposta in Germania, paracadutandosi oltre il Reno insieme alle truppe americane e raggiungendo Lipsia e quel che resta di Berlino. La Seconda guerra mondiale è ormai agli sgoccioli. Con le sue foto, Capa lascia una testimonianza visiva straordinaria e ineguagliabile di questo terribile conflitto: attimi di vita e di morte, di resistenza e devastazione che fanno parte del patrimonio iconografico del Novecento.

Robert Capa, Bambini che giocano nella neve, Hankou, Cina, marzo 1938

Robert Capa, Bambini che giocano nella neve, Hankou, Cina, marzo 1938

  • © International Center of Photography - Magnum Photos

Efficaci a questo proposito sono le parole di Richard Whelan, scrittore e autore di Robert Capa: A Biography: «Capa è noto per gli scatti straordinariamente ravvicinati sui campi di battaglia, ma l’altra faccia della sua documentazione della guerra è quella delle sofferenze dei civili innocenti, specie dei bambini. Capa era presente quando venivano sganciate le bombe sulle zone residenziali di Madrid, Hankou e Londra, ma di rado fotografò i morti o i feriti gravi. Piuttosto, si concentrava sui sopravvissuti, per i quali la vita andava avanti nonostante le perdite devastanti e la totale distruzione. Si potrebbe dire che il grande tema delle fotografie di guerra di Capa è il trionfo dello spirito umano sulle più terribili avversità».

Nel 1947 Robert Capa concretizza finalmente un’idea che gli frulla in testa già da qualche tempo: creare un’agenzia cooperativa indipendente e libera. Lo fa coinvolgendo i suoi amici Cartier-Bresson e Seymour. Nasce così la Magnum Photos, che cambierà per sempre il ruolo del fotografo nel mondo dell’informazione. Nonostante la fondazione della Magnum, però, nulla cambia nello stile di vita e nell’attività professionale di Capa, che continua a spostarsi febbrilmente da un Paese all’altro con la macchina fotografica saldamente ancorata al collo, sempre pronto a nuove avventure e sfide all’apparenza impossibili, come quella di visitare l’Unione Sovietica post-bellica, preclusa alla gran parte dei fotografi occidentali. Capa vi si reca con l’amico John Steinbeck, scrittore considerato dal governo russo come conforme al Realismo socialista. Di questa esperienza dichiarerà: «Più vai a Est con una macchina fotografica, meno piaci alla gente, per molte ragioni: e la maggior parte non sono buone». A Russian Journal, la pubblicazione a quattro mani che ne risulta, offre un interessante spaccato della condizione socio-economica tra Mosca, Stalingrado, la Georgia e l’Ucraina.

Robert Capa, Un contadino siciliano indica a un ufficiale americano la strada presa dai tedeschi, Sicilia, agosto 1943

Robert Capa, Un contadino siciliano indica a un ufficiale americano la strada presa dai tedeschi, Sicilia, agosto 1943

  • © International Center of Photography - Magnum Photos

Gli ultimi viaggi e reportage di Capa sono quelli in Israele, tra il 1948 e il 1950, per documentare la fondazione ufficiale dello Stato d’Israele e il primo conflitto arabo-israeliano, e infine quelli nell’Indocina francese, nel 1954, come inviato di Life chiamato a sostituire il fotografo ufficiale per documentare il conflitto tra l’esercito coloniale francese e il movimento comunista dei Viet Minh. È proprio qui che il 25 maggio 1954 Capa perde la vita colpito da una mina antiuomo, mentre è intento a fotografare le manovre francesi sul delta del Fiume Rosso. Dopo l’esplosione l’inseparabile fotocamera Contax è ancora nella sua mano sinistra.

Robert Capa, Folla in festa per la liberazione della città, Parigi, Francia, 25 agosto 1944

Robert Capa, Folla in festa per la liberazione della città, Parigi, Francia, 25 agosto 1944

  • © International Center of Photography - Magnum Photos

«Per me, Capa indossava l’abito di luce di un grande torero, ma non uccideva; da bravo giocatore, combatteva generosamente per sé stesso e per gli altri in un turbine. La sorte ha voluto che fosse colpito all’apice della sua gloria» dichiarò Henri Cartier-Bresson, sottolineando due delle principali qualità di Robert Capa, quelle che hanno contribuito a farne un eroe: il dinamismo e la generosità.

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