Arte e Spettacoli

Sabine Weiss

Caparbietà e gentilezza, nel centenario della nascita

  • 23.01.2024, 11:25
  • 23.01.2024, 11:55
sabine weiss
  • Thomas Kern/swissinfo.ch
Di: Francesca Cogoni 

Ci sono fotografi che sono maestri della composizione e della luce, eppure le loro immagini non possiedono un briciolo di spontaneità o empatia. E poi ve ne sono altri che riescono a coniugare meravigliosamente il lato umano e quello meccanico, la sensibilità e la tecnica, grazie a una capacità rara e innata. Sabine Weiss faceva parte di quest’ultima cerchia. Nelle sue fotografie c’è tanta perizia, ma anche tanta grazia, e soprattutto un particolare senso di vicinanza emotiva con il soggetto. «Adoro questo dialogo costante tra me stessa, la mia macchina fotografica e il mio soggetto, è ciò che mi differenzia da altri fotografi, i quali non cercano questo dialogo e preferiscono prendere le distanze dal loro soggetto».

L'uomo che corre (Hugh). Parigi, Francia, 1953

L'uomo che corre (Hugh). Parigi, Francia, 1953

  • Sabine Weiss

Scomparsa all’età di 97 anni lo scorso 28 dicembre 2021, la fotografa franco-svizzera ha trascorso gran parte della sua esistenza a ritrarre e documentare con il suo sguardo gentile le infinite sfumature della vita quotidiana, con un occhio di riguardo per i “marmocchi” incontrati per strada. «Quando fotografa i bambini, diventa bambina lei stessa. Non esistono assolutamente barriere tra lei, loro e la sua macchina fotografica» diceva di lei il marito, il pittore americano Hugh Weiss, che non smise mai di sostenerla e incoraggiarla.

Porte de Saint-Cloud, Parigi, Francia, 1950

Porte de Saint-Cloud, Parigi, Francia, 1950

  • Sabine Weiss

Considerata “l’ultima grande fotografa umanista”, in realtà Sabine Weiss non aderì mai apertamente a questa corrente, anche se il suo approccio e il suo stile erano molto vicini a quelli di colleghi come Robert Doisneau, Willy Ronis, Edouard Boubat, Brassaï e Izis, e con loro condivideva il forte interesse verso l’essere umano: «Penso che, per essere potente, una fotografia debba parlarci di un aspetto della condizione umana, farci sentire l’emozione che il fotografo ha provato di fronte al soggetto». Osservando le sue innumerevoli immagini, catturate in giro per il mondo nel corso di oltre settant’anni di carriera, questa emozione è certamente palpabile.

Sabine Weber (in seguito prenderà il cognome del marito) nasce il 23 gennaio 1924 nel piccolo borgo elvetico di Saint-Gingolph, vicino alla frontiera franco-svizzera. La sua passione per la fotografia si manifesta fin dalla giovanissima età: a undici anni, infatti, si diletta con le pellicole e con una macchina fotografica in bachelite acquistata con la sua paghetta. Appoggiando la sua vocazione, nel 1942 i genitori la mandano a fare un apprendistato presso il rinomato studio di Paul Boissonnas a Ginevra, dove impara tutti i rudimenti del mestiere.

Colonia familiare per malati mentali. Dun-sur-Auron, Francia, 1951-1952

Colonia familiare per malati mentali. Dun-sur-Auron, Francia, 1951-1952

  • Sabine Weiss

Fin da subito, Sabine Weiss sa che il mondo della fotografia è ancora appannaggio degli uomini e che non sarà facile farsi strada, ma prosegue il suo cammino con fierezza e ostinazione. Ottenuto il certificato di idoneità professionale come fotografa, nel 1946 si trasferisce a Parigi, dove lavora inizialmente come assistente del fotografo Willy Maywald, operando soprattutto nel campo della moda e dei ritratti.

Moda per Vogue, Francia, 1955

Moda per Vogue, Francia, 1955

  • Sabine Weiss

Pochi anni più tardi, Sabine incontra l’uomo della sua vita, il pittore americano Hugh Weiss; i due si sposano e vanno a vivere in una piccola casa-studio nella zona ovest della città, immergendosi nel clima artistico parigino e frequentando pittori, scultori e musicisti, tra i quali Braque, Chagall, Giacometti, Niki de Saint Phalle, Utrillo. Negli anni dell’immediato dopoguerra, la capitale francese si sta piano piano risollevando, per le strade c’è tanta miseria ma anche tanta speranza e desiderio di rinascita e ricostruzione. All’inizio degli anni Cinquanta, Sabine Weiss decide di continuare il suo percorso autonomamente. Tra i suoi primi soggetti vi sono proprio le animate strade parigine, i riti quotidiani, gli istanti fugaci, i volti, i piccoli gesti e le emozioni delle persone che le abitano. Di giorno, immortala i giochi dei bambini che affollano i quartieri, quei discoli con la faccia sporca e i capelli arruffati che attirano istintivamente il suo sguardo, oppure passanti, operai, negozianti; quando cala la sera, insegue la vita che brulica sotto le tante luci della città.

L'artista Alberto Giacometti. Parigi, Francia, 1955

L'artista Alberto Giacometti. Parigi, Francia, 1955

  • Sabine Weiss

Come spiega efficacemente Virginie Chardin: «A differenza di Cartier-Bresson, Doisneau, Brassaï o Izis, Sabine Weiss non costruisce le sue immagini come un dipinto o una scena, né metaforicamente per difendere un punto di vista o far passare un messaggio sotto forma di allusione. Le sue inquadrature discendono da un’esperienza intima, uno slancio spontaneo e intuitivo verso il soggetto».

Autoritratto, 1953

Autoritratto, 1953

  • Sabine Weiss

C’è un autoritratto emblematico del 1953 in cui una quasi trentenne Sabine Weiss, le mani salde sulla Rolleiflex appesa al collo, con indosso una giacca scura dal taglio sobrio, i capelli raccolti e la frangetta sbarazzina, solleva lo sguardo con un accenno di sorriso, come se volesse dire: «Ce l’ho fatta», «Sto facendo quello che più amo e per cui mi sono battuta». È l’immagine di una giovane donna consapevole delle proprie capacità, che ha trovato il suo posto nel mondo della fotografia. Grazie alla segnalazione di Robert Doisneau, in questi anni Sabine Weiss entra a far parte dell’autorevole agenzia di stampa Rapho (unica donna insieme a Janine Niépce) e inizia a collaborare con Vogue, accanto a colleghi come William Klein, Henry Clarke e Guy Bourdin, realizzando una serie di impeccabili servizi di moda. In breve tempo, i suoi scatti compaiono sulle principali testate nazionali e internazionali, come Paris Match, Le Ore, The New York Times, Life, Newsweek, Esquire. Viaggia intensamente tra l’Europa e il Medio Oriente e ritrae numerose personalità di spicco: da Robert Rauschenberg ad Alberto Giacometti, da Ella Fitzgerald a Romy Schneider e Brigitte Bardot, solo per dirne alcuni.

L'attrice Romy Schneider. Parigi, Francia, 1961

L'attrice Romy Schneider. Parigi, Francia, 1961

  • Sabine Weiss

Nel 1953, Sabine Weiss è tra i fotografi partecipanti alla collettiva Post War European Photography al MoMA di New York e l’anno successivo l’Art Institute di Chicago le dedica un’importante mostra personale. Culmine di questa ascesa è l’esposizione di tre dei suoi scatti nell’ambito della storica mostra The Family of Man, organizzata da Edward Steichen al MoMA di New York nel 1955.

Porte de Vanves. Parigi, Francia, 1952

Porte de Vanves. Parigi, Francia, 1952

  • Sabine Weiss

L’America apprezza il talento di Sabine Weiss e lei non si fa attendere: nella primavera del 1955 raggiunge il paese a bordo del transatlantico Liberté insieme al marito. Con il suo stile peculiare, candido, diretto e talvolta imbevuto di umorismo, la fotografa esplora le strade di New York, dal Bronx ad Harlem, passando per Chinatown, cogliendo la frenesia e la vitalità della metropoli. I suoi scatti vengono pubblicati dal New York Times in un ampio servizio intitolato I newyorkesi (e la Washington) di una parigina.

New York, USA, 1955

New York, USA, 1955

  • Sabine Weiss

Nei decenni successivi, Sabine Weiss continuerà a fotografare e viaggiare senza sosta, realizzando ritratti, servizi di moda, reportage e fotografie più intime e personali. Solo alla soglia dei novant’anni, con l’arrivo della sua assistente Laure Delloye-Augustins, decide di deporre la macchina fotografica e di dedicarsi con attenzione alla conservazione e valorizzazione del suo ampio archivio, prezioso tesoro visivo del Ventesimo secolo. Tra i tanti riconoscimenti ricevuti negli anni, val la pena citare il recente premio “Women in Motion for Photography” assegnato da Kering e dai Rencontres d’Arles nel 2020.

Venditori di pane. Atene, Grecia, 1958

Venditori di pane. Atene, Grecia, 1958

  • Sabine Weiss

Mossa da una inestinguibile curiosità e dal desiderio di comunicare e dialogare con il prossimo, Sabine Weiss non smise mai di ricercare e di fissare su pellicola la bellezza fugace nella vita di tutti i giorni: «Scatto fotografie per preservare l’effimero, catturare il caso, conservare un’immagine di ciò che scomparirà: gesti, atteggiamenti, oggetti che sono ricordi delle nostre brevi vite. La macchina fotografica li prende e li congela nel momento stesso in cui scompaiono».

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