Letteratura

Amitav Ghosh

Il romanziere della crisi climatica

  • 7 dicembre 2021, 10:34
  • 31 agosto 2023, 11:18
Amitav Ghosh

Amitav Ghosh

  • Keystone
Di: Gilberto Mastromatteo 

“Io sono me assieme al mio ambiente – scriveva José Ortega y Gasset, il maggiore filosofo spagnolo del secolo scorso – se non salvo il mio ambiente, non salvo neppure me stesso”. Sembrerebbe un manifesto ambientalista, la cifra dei tempi in cui viviamo, attanagliati dalla crisi climatica. In realtà, l'“ambiente” cui si riferiva Gasset era contenuto nella parola circunstancia, dunque definiva più un contesto sociale e storico, che ecologico.

Tre elementi le cui sorti ritroviamo unite, un secolo dopo, nell'esperienza di Amitav Ghosh, scrittore indiano che negli ultimi vent'anni si è guadagnato la palma di paladino dei temi legati all'ambiente e al cambiamento climatico, in letteratura.

Antropologo sociale per formazione e reporter inviato nei maggiori teatri di crisi del subcontinente indiano, la circunstancia che definisce la salvezza dell'umanità, per Ghosh, è indissolubilmente storica e ambientale assieme. Sono le Circostanze incendiarie, di cui scrive nel 2006, riunendo in un intenso saggio gli appunti di oltre vent'anni di viaggi. Dal conflitto etnico, politico e religioso che infiamma il confine tra India e Pakistan, al disastro naturale che minaccia la sopravvivenza delle isole Andamane e Nicobare, nel Bengala.

Come un drone in perenne decollo verticale, Ghosh allarga via via il proprio campo visivo, dai contingenti drammi umani dell'Antropocene al suo devastante impatto sull'intero pianeta. Il focus sul cambiamento climatico era iniziato già nel 2004, con il romanzo Il Paese delle maree. Un potente affresco di ciò che accade nell'arcipelago delle Sundarbans, sul delta del Gange, dove intere foreste di mangrovie scompaiono, sommerse dall'oceano che invade il fiume sacro. Nel 2019, con L'isola dei fucili, parte ancora da queste acque, per giungere sino a quelle della laguna di Venezia, raccontandone la comune fragilità, attraverso la rocambolesca ricerca del mercante di archibugi Bonduki Sadagar.

Da Calcutta a New York, passando per il Bangladesh, lo Sri Lanka, l'Iran, l'Egitto e Oxford, la vicenda umana di Ghosh è quella di un cosmopolita puro, capace di essere testimone del comune destino ecologico che attende il pianeta. Un romanziere della crisi climatica, si direbbe. Anche se l'opinione pubblica impara a conoscerlo meglio grazie ad un saggio, La grande cecità del 2016, nel quale denuncia il disinteresse della letteratura nei confronti del grande tema del cambiamento climatico. I confini letterari sono labili. Presente e passato, narrativa di viaggio e reportage, saggio storico e memoir si incontrano spesso nel sapiente inchiostro di Ghosh, un po' come fanno le acque del Gange e del Brahmaputra, nel golfo del Bengala.

Oggi torna in libreria con Jungle nama, per i tipi di Neri Pozza e ci parla ancora di clima e ambiente, questa volta raccontando un'antica leggenda del Bengala. Quella della dea Bon Bibi, una divinità indù che viene venerata sincreticamente anche dai musulmani, i quali la ritengono una santa miracolosa. Ancora una volta, il set è quello delle Sundarbans, luogo dell'anima per Ghosh. Bon Bibi veglia sulle foreste di mangrovie e sugli uomini che in esse si avventurano, proteggendoli dal demone Dokkhin Rai, che si manifesta con le sembianze di una tigre.

13:16

Intervista Amitav Ghosh

RSI Cultura 07.12.2021, 09:50

L'opera è composta utilizzando la metrica del dwipodi poyar: versi "a due piedi" da 12 sillabe l'uno, incatenati dalla rima. E il testo è intervallato dalle affascinanti illustrazioni realizzate dall'artista di origine pakistana Salman Toor.

Ghosh deve viaggiare nel passato della sua infanzia, risalire le generazioni, per cercare una metafora adatta a raccontare il nostro presente, il nostro scellerato rapporto con l'ambiente e il futuro che ci attende tutti. La trova in un rito atavico, un'invocazione corale in forma di mantra, da recitare ad alta voce. Un racconto che i genitori possano leggere ai propri figli.

Del resto, quella di consegnare alle nuove generazioni un messaggio, tramandando loro speranze disattese e talvolta richieste di perdono, è la cifra letteraria dei nostri tempi. Lo ha fatto Wilbur Smith, prima di andarsene, scegliendo la fiaba ambientalista Fulmine, per dare forma al proprio testamento letterario. Anche Ghosh parla agli adulti, rivolgendosi ai più piccoli, dai quali passa la speranza per un futuro più attento al regno di Bon Bibi.

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