Letteratura

Cavallette caramellate in salsa di soia

Sayaka Murata e la sua narrativa disturbante

  • Oggi, 13:37
Sayaka Murata
Di: Mara Travella

Sono libri per stomaci forti, quelli di Murata Sayaka. Se il suo primo romanzo pubblicato in Italia La ragazza del convenience store (trad. di G. Coci, Roma, edizioni e/o, 2021), aveva forse fatto credere che si trattasse di una scrittura vicina al genere kawaii, con le pubblicazioni successive – da I terrestri (2021) passando per i racconti de La cerimonia della vita (2023) per approdare all’ultimissimo Parti e omicidi (2024), tutte edite da e/o e tradotte da Gianluca Coci – è apparso subito chiaro che la capacità di Murata Sayaka di smantellare i tabù (come la morte, la sessualità, il cannibalismo, l’alienazione lavorativa), con una scrittura asciutta e diretta, poco aveva a che vedere con le trame delicate e graziose del genere più mainstream della letteratura giapponese.

Classe 1979, in residenza alla Casa della Letteratura di Zurigo da gennaio 2024 (e sino a luglio), la pluripremiata scrittrice è originaria della prefettura di Chiba situata ad est di Tokyo. Chiba è considerata «il cortile segreto di Tokyo», zona verde e incontaminata poco distante della capitale. Non per niente molti dei suoi personaggi vivono la contrapposizione tra la metropoli e il villaggio montano, identificato come luogo del benessere e della libertà (anche sessuale), fuori dalle gabbie della fabbrica - società in cui si sentono imprigionati.

Nel bestseller che in Giappone ha venduto un milione di copie, La ragazza del convenience store, la protagonista sente il peso del giudizio di famigliari ed amici (e in fondo della società tutta) per la scelta di lavorare nello spazio protetto e isolato del kombini (quello che nel titolo italiano è stato identificato – forse a torto – con il termine inglese “convenience store”). Furukara, la giovane protagonista, non ambisce alla realizzazione personale attraverso la crescita lavorativa. E, per questo, rappresenta un’anomalia.

“Non dirmi che lavori ancora in quel kombini?” Rifletto un attimo, prendo tempo prima di rispondere. So bene che per una persona della mia età non è normale essere single e non avere un impiego full-time.

Sayaka Murata, La ragazza del convenience store

Sebbene non ami definirsi un’autrice militante, è indubbio che tutti i libri di Sayaka Murata ritornino con insistenza su storie di personaggi che cercano di evadere dal sistema poiché in questo – recepito come asfissiante e omologante – si sentono solo “contenitori vuoti”, parte di un “ingranaggio”, di cui essi sono la parte deviante, non funzionante né funzionale. L’unico momento in cui protagoniste e protagonisti dei suoi libri hanno occasione di scambiarsi opinioni ed entrare in contatto è nelle pause pranzo dal lavoro, sempre interrotte dai richiami delle e dei superiori. E, sebbene la comunicazione non sia sempre funzionale, le pagine dei suoi libri sono fitte di dialoghi ed incontri. Il lavoro, sembrano suggerire molte delle trame delle sue opere, è una condanna. Ne I terrestri, ad esempio, i due personaggi principali scelgono di scappare in montagna e vivere secondo i ritmi della natura – procacciandosi da soli il cibo e vivendo con il minimo indispensabile – per non rimanere invischiati nei meccanismi del sistema, il cui unico obiettivo è che le persone lavorino e si riproducano.

E io ero un ingranaggio, uno strumento che doveva servire al bene della società, al pari di tutti gli altri e sotto due aspetti in particolare: in primo luogo mi toccava impegnarmi a fondo nello studio per diventare un ottimo “strumento di lavoro”; e in secondo luogo dovevo essere una brava ragazza in salute così da fungere da “organo riproduttivo per la fabbrica”

Sayaka Murata, I terrestri

La questione della riproduzione e del corpo femminile inteso come territorio di conquista è un’altra direttiva tematica su cui si sviluppa tutta l’opera dell’autrice. Proprio la questione della fertilità e della riproduzione è al centro del racconto che dà titolo alla raccolta Parti e omicidi, pubblicato in traduzione a maggio 2024. Si tratta di un ripescaggio, in quanto l’originale è del 2016, a conferma della validità dell’operazione editoriale per cui, dopo un successo di pubblico quale era stato La ragazza del convenience store anche libri meno conosciuti possano giungere al pubblico in traduzione. Proiettata in un futuro distopico, la trama di questo racconto si sviluppa in un futuro non meglio precisato in cui è stato instaurato un sistema di controllo delle nascite e delle morti. «In un mondo in cui l’amore e il sesso non conducono più alla riproduzione della specie» spiega la voce narrante (un personaggio femminile, come di consueto nell’opera di Murata) «l’omicidio rappresenta lo stimolo principale alla procreazione. L’intento di sopprimere una vita diventa la chiave di volta per crearne altre». Attraverso l’opera volontaria di persone (donne e uomini) definite “gestanti”, la società conta sul servizio fornito da esseri umani che mettono al mondo dieci figli nell’arco della propria vita – figli che verranno poi attribuiti ad altrettante famiglie – con l’obiettivo di ottenere in cambio la possibilità di uccidere. Ogni dieci nascite, un omicidio legalizzato.

Collegandosi a temi cari ad un certo tipo di narrativa distopica (come Margaret Atwood ne Il racconto dell’ancella) ma anche weird (per l’Italia si pensi all’indimenticabile Sirene di Laura Pugno, che infatti molto deve all’immaginario nipponico) l’autrice interroga le infinite possibilità di controllo del corpo femminile e, parlando del parto, scandaglia infine con precisione chirurgica la questione della morte e del rapporto dell’uomo con la fine della vita.

Normalità, anormalità, istinto, “natura”, amore sono concetti attorno ai quali, di opera in opera, Sayaka Murata continua a soffermarsi. Le trame dei suoi racconti e dei suoi romanzi, come cerchi concentrici, si delineano intorno ad un nucleo di quesiti fondamentali. La scelta di presentare storie in cui l’omicidio è premeditato ed autorizzato, così come banchettare con la carne dei propri simili per celebrarli (come ne La cerimonia della vita ed ancora in Parti e omicidi) o ancora, di credere a realtà parallele e personaggi immaginari, continua a rimettere in questione ed a spostare il limite oltre il quale ciò che è conosciuto potrebbe ridefinirsi, modificarsi e riattualizzarsi come “normale”.

Mondi in cui esistono maglioncini morbidi come il cachemire ma fatti di capelli umani, in cui l’amore non è prerogativa alla creazione di una famiglia – e anzi in cui l’unione di tre persone è all’ordine del giorno – o ancora in cui ricevere per posta l’annuncio della propria morte è un fatto ordinario: questi sono solo alcuni degli universi raccontati dall’autrice. Spazi certo disturbanti e scomodi, ma che molto hanno da dire sulla nostra realtà, come ogni buon romanzo distopico sa fare. E pensando a quest’ultimo genere, va segnalato che la narrativa dell’autrice nipponica non rinuncia mai a mettere al centro l’umano in tutte le sue sfaccettature e perversioni e, anche se il periodo temporale delle sue storie è indefinito, elementi della quotidianità fanno capolino per riportare chi legge in un qui ed ora riconoscibili. Ed anzi chi si immerge nella lettura dei racconti contenuti ne La cerimonia della vita o in Parti e omicidi, oppure nei romanzi I terrestri e La ragazza del convenience store, dovrà fare attenzione a non scambiare per scelte originali elementi tipici della cultura giapponese, come le cavallette caramellate in salsa di soya di cui una delle sue personagge è ghiotta (attenzione: fanno dimagrire). Se dentro quel weird lettrici e lettori sanno prendere posto, troveranno storie inconsuete e dolorose, che molto hanno da dire sulla mostruosità e sulla deriva dell’essere umano, ma anche felici, di una felicità bambinesca e solo illusoria, che trova la propria immagine in un dente di leone cresciuto sul ciglio di una strada.

Luoghi, sensi e il nostro destino

Alice 29.06.2024, 14:35

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