Letteratura

Cento anni di Truman Capote

L’ambiguità artistica ed umana di uno degli scrittori più grandi del Novecento americano

  • 3 ottobre, 07:08
  • 3 ottobre, 11:53
Truman Capote
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Di: Red. 

Su Rete Due, nella rubrica Alphaville, si celebrano i cento anni dalla nascita dello scrittore, sceneggiatore, drammaturgo e attore statunitense Truman Capote (New Orleans, 30 settembre 1924 – Bel Air, 25 agosto 1984). In occasione del centenario, Garzanti ha pubblicato, ad inizio estate, una nuova edizione e traduzione di un piccolo capolavoro di inchiesta narrativa noir, Bare intagliate a mano, a cura di Marco Rossari, ospite della prima parte della puntata.

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L’operazione editoriale è nata dall’idea di un editor della casa editrice milanese, che ha proposto di dare vita autonoma ad un racconto che faceva parte della raccolta Musica per camaleonti (Music for Chameleons, 1980). Questa raccolta si compone di racconti e dialoghi, a volte fittizi a volte reali, di linea narrativa leggera, divertente, in cui l’autore ironizza e scherza anche su temi e questioni tragiche. Bare intagliate a mano si differenzia dal tono generale della raccolta, perché è una espressione pura di true crime, sulle orme del grande capolavoro di Capote A sangue freddo (In Cold Blood, 1965). Ricordiamo che con l’opera del ’65, Truman Capote inventò un nuovo genere letterario, quello della non-fiction novel, un racconto, insomma, che si situa a metà strada tra il reportage giornalistico e il romanzo, basandosi su fatti realmente accaduti con l’aggiunta di qualche elemento di immaginazione, che si mescola perfettamente con il resto senza risultare troppo riconoscibile e fuori contesto.

Bare intagliate a mano condivide le stesse caratteristiche. Quando Capote scrisse A sangue freddo, arrivava da un periodo in cui compose una serie di romanzi sul Sud rurale in cui era cresciuto, su New York, Colazione da Tiffany (Breakfast at Tiffany’s, 1958) ed era diventato il pupillo, anche temuto, della società newyorkese. Se, come abbiamo anticipato, A sangue freddo era basato su un’indagine di un omicidio, seguita da Capote in persona nello sperduto Kansas, Bare intagliate a mano è totalmente inventato. Nonostante ciò, Truman Capote inserì un sottotitolo che annunciava si trattasse di una vera cronaca di un delitto americano, confessando che lui stesso avesse conosciuto sia il detective che l’assassino, protagonisti della storia. Un’invenzione, se non altro, sicuramente riuscita: Bare intagliate a mano si presenta come un libro di narrativa pura, agghiacciante, inquietante, spaventoso, scritto divinamente e nello stesso stile della sua grandiosa non-fiction novel A sangue freddo. Non è un caso che lo scrittore americano divenne il modello per questo genere letterario, per merito della sua abilità narrativa, della sua eleganza stilistica e della sua capacità di fare i conti con l’abisso umano.

Truman Capote
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Nella seconda parte di puntata, Enrico Bianda, sempre ai microfoni di Alphaville, ospita la scrittrice, giornalista e critica cinematografica Cristina Battocletti e lo scrittore, drammaturgo e artista Luca Scarlini. Ci si domanda, preliminarmente, se Truman Capote, fondatore di un vero e proprio genere letterario, la non-fiction novel, possa essere considerato uno degli autori più importanti della letteratura americana del Novecento.

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Secondo Cristina Battocletti, sì. I grandi autori sono quelli che dicono qualcosa di universale nel proprio tempo e Truman Capote, oltre ad essere inventore di un genere narrativo del tutto nuovo, considerava il giornalismo come una seria forma d’arte. Il suo stile, poi, è riconoscibile perché iperbolico, metaforico, con forti radici nell’autobiografismo senza però cadere nell’autoreferenzialità ossessiva. E fu anche molto coraggioso, perché i suoi romanzi tematizzano una società diversa: ha guardato all’aristocrazia, alle stanze del potere, smascherando i limiti e le contraddizioni di quegli ambienti, pur restando sempre vicino agli umili, alle sue origini. Infine, l’ultimo elemento, fondamentale, per riconoscere la grandezza di Capote è, per Cristina Battocletti, la sua versatilità. Cinema, televisione, teatro, giornalismo, sono tutti ambiti percorsi dallo scrittore americano in maniera sempre magistrale.

Luca Scarlini è della stessa opinione. Capote ebbe persino la capacità di vestire i panni del poeta, perché riscoprì le mitologie americane del Sud degli Stati Uniti, luoghi che sembrano essere rimasti fuori dal tempo, fuori dalla storia, testimoni di un modo di sentire primordiale, originale, seppur mai limpido e spesso contraddittorio. La grandezza di Capote, secondo Scarlini, si misura anche in questo rapporto: un personaggio così internazionale, così votato alla mondanità, all’eccesso, alla provocazione, fu sempre fedele alle sue origini, perché il suo stile era inesorabilmente ancorato alle sue radici, espressione di quel mondo antico, sconfitto, da cui proveniva.

Il tema degli eccessi, della mondanità – sottolinea Cristina Battocletti – è centrale per raccontare la poetica di Truman Capote. Era difficile, sia per lui che per il suo pubblico, distinguere l’uomo dal personaggio. Estroverso, padrone di una magnifica eloquenza, intelligente, eterno fanciullo, omosessuale dichiarato, ironico e brillante, Truman Capote riuscì ad esaudire il suo desiderio di rivalsa sociale attraverso una denuncia del mondo che lo aveva portato al successo e che lo porterà, infine, alla sua distruzione. Il mondo dell’alta società americana, infatti, lo tradì e lui racconterà in maniera violenta le dinamiche delle stanze del potere, smascherando chiunque. Il culmine di questo rifiuto, di questa denuncia lo si ritrova in Preghiere esaudite (Answered Prayers, 1987), dove Capote ripercorre la sua relazione con un mondo che lo ha accolto ma da cui non si è sentito mai realmente amato, raccontando senza filtri e senza indugi, in maniera quasi maniacale, le vicende che lo hanno più ferito. Una funzione in senso lato politica, che si espresse anche nel suo contributo nella lotta alla pena di morte, che si ritrova in molti suoi racconti, uno su tutti il già ricordato A sangue freddo.

L’ambiguità di Truman Capote – scrittura, arte, poetica da un lato e solitudine, droga, eccessi, abbandono dall’altro – è simbolo della sua intera esistenza. Nonostante ciò, la sua parabola artistica e biografica rimane estremamente coerente. Nei suoi scritti si ritrovano le tracce di entrambi i suoi mondi interiori, che si completano a vicenda dando vita a una sintesi viva, autentica e originale.

Nell’ultima fase della sua vita, cui cifra è quella dell’eccesso, della decadenza, dell’abbandono, i drammi esistenziali diventano alimento per la creazione artistica. Ciò fa coincidere in maniera sostanziale, come dicevamo, persona e personaggio, autore e invenzione, fa sì che ci sia una letteratura che è molto attuale perché scorticata viva, senza protezioni, senza filtri. Di fatto, continua Luca Scarlini, le ultime interviste di Truman Capote ne sono l’esemplificazione: addolorato, spesso in stato confusionale a causa dell’alcool, senza peli sulla lingua. Queste interviste costituiscono una parte rilevante del suo percorso letterario e della sua poetica: spesso paradossale, sarcastico ma allo stesso tempo commovente. Tutti elementi che descrivono perfettamente il complesso spirito di uno degli scrittori americani più importanti ed influenti del Novecento americano.

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