Versi

Disperazione e speranza, il grido dei poeti iraniani oltre la censura

In Iran i poeti della tradizione sono letti con la stessa riverenza riservata ai santi e ai profeti, il cui sapere è ancora oggi balsamo di verità e bellezza - L’uscita per Lo Specchio di Mondadori di un volume dei più importanti poeti del Paese vissuti nell’ultimo secolo

  • 12 novembre, 16:00
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Di: Francesco Occhetto, Scrittore e traduttore, ha curato alcuni libri della scrittrice Adriana Zarri e del poeta Gian Piero Bona

È uscito in tutte le librerie Poeti iraniani. Dal 1921 a oggi, uno speciale titolo della storica collana Lo Specchio di Mondadori che per la prima volta, in Italia come in Europa, presenta una selezione dei più importanti poeti dell’Iran vissuti nell’ultimo secolo. Curata da Faezeh Mardani e da Francesco Occhetto, questa antologia ripercorre i grandi momenti della storia iraniana contemporanea, segnata da enormi metamorfosi culturali e drammatici eventi politico-sociali, riflessi nei versi di dodici poeti perlopiù sconosciuti in Occidente. Esito, questa lacuna, di un’immagine unilaterale del Paese, promossa negli scorsi decenni dalla narrazione politica e massmediatica internazionale, ideologicamente impegnata a far emergere solo alcuni aspetti della sua multisfaccettata cultura.

Paese delle cupole celesti, di profeti e sfarzosi sovrani, di deserti e di lussureggianti giardini, terra di santi, carovanieri e astronomi, l’Iran è noto in Occidente o per il suo passato leggendario oppure per il suo drammatico presente. Echi di un mondo fiabesco da Mille e una notte si sono mescolati, nell’immaginario collettivo, con scene tratte dai reportage di viaggi esotici facendo – di quella iraniana – una cultura tanto idealizzata quanto, nel profondo, poco conosciuta. Tutti da scoprire, per i lettori italiani, sono sia lo speciale rapporto che lega gli iraniani alla poesia (la poesia tout court ma anche la tradizione classica di Firdusi, Hafez, Sa’di, Rumi, Khayyam, ‘Attar, per fare solo qualche nome) sia il fondamentale contributo che l’Iran ha dato alla lirica del Novecento – in termini ora di opposizione ora di testimonianza dei profondi mutamenti politico-culturali che hanno segnato la storia del Paese. Sono trascorsi poco più di cento anni dalla nascita della Poesia nuova, il movimento poetico che nel 1921 portò la letteratura dell’Iran ad aprirsi al mondo entrando nella modernità. Un secolo che questa antologia documenta allineando i dodici poeti più rappresentativi, con i loro volti, le biografie, i versi. Dal fondatore della Poesia nuova, Nima Yushij, alla voce sperimentale e innovativa del poeta-profeta Ahmad Shamlu, il cui grido contro la corruzione e la censura ha scosso le coscienze; da Ziya’ Movahhed, con la sua scrittura minimale, limpida ed euritmica, a Garous Abdolmalekian, interprete di una vibrante poesia civile. Da Mohammad Reza Shafiei Kadkani, grande esperto di retorica classica che, sulla scia di Akhavan Sales e Sohrab Sepehri, fonde la tradizione letteraria con le più amare riflessioni contemporanee, a Seyyed ‘Ali Salehi, fautore della Poesia parlata. Imprescindibile presenza è quella della libera e personalissima testimonianza di Forugh Farrokhzad, la cui poetica intimista e spregiudicata dà voce alle emozioni e alla determinazione di una giovane donna in cerca di libertà espressiva; e poi, ancora, si va dal poliedrico cineasta Abbas Kiarostami, all’art pour l’art di Bijan Jalali e Yadollah Royai che, distaccandosi dall’impegno civile, si concentrano sulla resa estetica e filosofica del testo attraverso lo sperimentalismo. Una galleria di figure poetiche diversissime tra loro, per intonazione e generazione, qui convocate a rappresentare la voce di un intero popolo. Lo scrive Kiarostami: «Dalla feroce sorte / il rifugio è poesia / dalla crudele amata / il rifugio è poesia / dalla palese tirannia / il rifugio è poesia».

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Come si vede, un libro che è un vero e proprio caleidoscopio, nel suo tratteggiare il panorama poetico dell’Iran contemporaneo e così il paesaggio emotivo e sentimentale del popolo iraniano, da sempre legatissimo alla poesia come principale arte, dal forte sapore identitario, del Paese. Non c’è giorno del calendario persiano che non sia scandito dalla presenza della poesia; per gli iraniani ogni accadimento della vita, lieto o nefasto che sia, ogni ritualità laica o religiosa è pretesto per leggere, recitare e comporre poesie, con lo sguardo e il cuore sempre rivolti ai grandi autori della tradizione. Chiunque vada in Iran potrà constatare quanto sia ancora usanza comune recarsi in pellegrinaggio sulle loro tombe per aprirne a caso i canzonieri e farsi suggerire dai versi un’illuminazione sul presente o sul futuro. Un rapporto con la letteratura quotidiano e al contempo oracolare.

In Iran i poeti della tradizione sono letti con la stessa riverenza riservata ai santi e ai profeti, il cui sapere è ancora oggi balsamo di verità e bellezza. I poeti contemporanei, nonostante una severa censura da parte del regime instauratosi con la Rivoluzione del 1979, godono di pari considerazione, quali intellettuali capaci di illuminare il presente anche attraverso un impegno militante circa le questioni politico-sociali più scottanti.

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La poetessa iraniana Forugh Farrokhzad (1934 - 1967)

In Iran il linguaggio poetico continua a essere assai legato al retroterra mistico-spirituale del Paese e perciò ritenuto sacro. Di conseguenza, ogni poeta iraniano sa bene che quanto scrive, al di là del rispettivo orientamento filosofico-religioso, si situa in una tradizione persuasa del valore spirituale della parola. In tale prospettiva, scrivere significa occuparsi delle essenze, dei principi primi e ultimi della realtà, anche in un’ottica verista o di puro impegno civile. La parola, specie quella poetica, mantiene un ruolo centrale nella società persiana, lo dimostra l’immensa quantità di versi scritti negli ultimi mesi da prigionieri politici, attivisti o semplici cittadini, fiduciosi nell’affidare alla poesia e dunque all’umanità ciò che di più prezioso possiedono: il loro grido di disperazione e di speranza.

Il poeta Mohammad Reza Shafiei Kadkani, uno dei dodici antologizzati in questa antologia, appartenente alla corrente del neoclassicismo poetico iraniano, in una sua lirica così si rivolge al poeta dell’oggi: «O tu, cantore dell’esistenza, / scintilla d’ogni verso e poema / ridona alla parola, un’altra volta, / quell’eterno splendore, / gioia e lucore, equità e sapienza. / Ridona alla parola / quell’arcana magnificenza, amen! / La purezza del primo giorno ancora, amen!». Da simili versi apparirà subito chiaro come in Iran si continui a scrivere, al netto della dimessa impronta realistica che sembra dominare sulla letteratura d’Occidente, una poesia metafisica, profondamente ispirata, mistica eppure non per questo distaccata dalla realtà, come si evince dalle poesie di autori profondamente impegnati sul piano civile quali, su tutti, Ahmad Shamlu e Garous Abdolmalekian.

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L’antologia dei Poeti iraniani può a tutti gli effetti esser considerata un piccolo miracolo editoriale, dati gli spazi e le risorse offerti dall’editore Mondadori che non ha lesinato sforzi considerevoli nel ricercare e assolvere tutti i diritti dei dodici poeti selezionati, spesso difficili da reperire e onorare considerata la politica autarchica e, in materia di accordi internazionali sui diritti d’autore, assai controversa dell’attuale Iran. Il risultato è un vivido e vibrante affresco tanto della recente produzione letteraria quanto soprattutto dell’anima e del sentire profondi del popolo iraniano, oppresso dalle logiche liberticide di una teocrazia che, nonostante atti di censura sempre più violenti, non ha saputo né mai riuscirà a imbavagliare il suo cuore pulsante, la sua inestirpabile verità, Poesia.

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Telegiornale 04.11.2024, 18:00

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