La letteratura di Manganelli è un paradosso. Nata in un’epoca di impegno civile, essa si è presentata come un atto asociale e discontinuo rispetto alla realtà. “Io sono stato sempre, e destinato certamente ad essere per il breve tratto che mi resta da vivere, uomo affatto insocievole, scostato e scostante, avarissimo di parole…”.
In realtà, di parole, il Manga ne ha lasciate tantissime, tanti sono infatti i libri pubblicati in vita e post mortem… ma la verità sta nel fatto che Manganelli non ha mai pensato che le parole da lui lasciate avrebbero potuto influire minimamente sulla vita pubblica e civile, come invece credevano gli intellettuali del suo tempo, che enfatizzavano il ruolo dalla letteratura come argine ad una cultura che andava piegandosi alle leggi di mercato.
La scelta letteraria del Manga è stata chiara: le letteratura è menzogna e proprio per questo non comunica con la società, semmai indaga archetipi, simboli, suggerisce un rapporto con l’inconscio, prospetta un’oltrevita.
Tutta la letteratura di Giorgio Manganelli (15 novembre 1922 – 28 maggio 1990) è un sontuoso cerimoniale, in cui l'autore penetra le possibilità della lingua, giocando con gli opposti, gli estremi, originando ossimori, ecolalie.
Manganelli su Otello
RSI Cultura 30.09.2022, 14:54
Nell’opera narrativa del Manga i generi letterari si mischiano e sovrappongono: trattato, romanzo, giornalismo si intersecano e sconfessano a vicenda, tanto che a volte sembra di trovarsi all’interno di una grande burla metafisica.
“Sono estremamente disorientato all’idea che io scriva dei libri e che questi vengano pubblicati e presi sul serio (…) Ho l’impressione che tutto sia una burla”.
Sin dal suo primo libro L’Hilarotragoedia del 1964 Manganelli ha messo le cose in chiaro: per quanto si mostrasse amorevole nell’accompagnare il lettore verso l’Ade, Manganelli non crede in un rapporto di dialogicità con l'interlocutore.
O, meglio, gli occorre, per potersi specchiare, guardare dentro in profondità e scorgere quanti io albergano nell’animo umano, e quanta putrescenza nel consorzio fra gli esseri umani.
Uno dei presupposti del suo lavoro, è la frantumazione: «Ciascuno di noi non è un io, è un noi». Superare l’io, vuol dire accedere alla propria autentica condizione di essere frantumato, contraddittorio, continuamente difforme da sé, in perenne trasformazione.
Scrivendo si accede alla linea viva che unisce questi oggetti frantumati, queste pluralità disperse. Si comincia a entrare in questi frammenti. Scrivere è quindi tacere l’io: parlare le parole del linguaggio, le parole d’altre cose e di altri esseri cui si partecipa e che addirittura si è, qualora si superino i confini ristretti della soggettività.
Tra i personaggi cui Manganelli ama associare lo scrittore, quello del fool, più di ogni altro, rivendica la sua idea di una scrittura del niente. Uomo di corte, il fool è dedito all’arte della menzogna: straparla, fabula e affabula ma lo ripugnano le idee, le verità, almeno quelle dichiarate, quelle rivelate.
In fondo, la letteratura del Manga non è stata altro che un grande tributo alla chiacchiera. Ma un tributo sublime, ironico, sontuoso.