Letteratura

Julio Cortàzar, la magia del romanzo inesauribile

Il caso particolare del romanzo Rayuela, la cui ambizione è talmente sterminata da sfuggire persino alle intenzioni dello stesso autore

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Julio Cortàzar

Di: Marco Alloni 

Ci sono libri che si leggono, altri che si studiano, altri che si tengono su un comodino, come amuleti, e si riprendono in mano per tutta la vita. Questi sono i cosiddetti libri inesauribili.

Il Novecento ne ha prodotti pochissimi, perché produrre un libro siffatto comporta saper toccare le parole con dita di mago e alambicchi di alchimista. E chi sa realizzare questo prodigio appartiene solo al novero degli scrittori unici.

Cosa significa toccare le parole con dita di mago? Significa che il libro raggiunto da tali alambicchi continua a riverberare verso di noi nuovi significati, nuovi richiami, nuove suggestioni e nuovi orizzonti di comprensione, anche alla centesima volta che lo prendiamo tra le mani. E non solo per il linguaggio con cui tale libro è costruito, ma anche per i suoi contenuti filosofici, per i suoi retrotesti metaforici e la sua struttura perennemente in divenire.  

Esempi di libri inesauribili sono l’Ulisse di Joyce, la Recherche di Proust, L’uomo senza qualità di Musil, la Pastorale americana di Roth, Underworld di DeLillo, Il Re pallido di Wallace, Seminario sulla gioventù di Busi e non molti altri. Leggendo e rileggendo tali romanzi si ricava un’impressione assolutamente straniante: che in essi il cosiddetto messaggio non è mai dato una volta per tutte e che, capitolo dopo capitolo, frammento per frammento, frase per frase, essi potrebbero continuare a dischiudere nuovi significati all’infinito.

Sia chiaro: non è prerogativa di tutti i libri, non è caratteristica in sé della letteratura, offrirsi a tale inesauribilità. Molti romanzi straordinari che ci lasciano un’impressione indelebile per il resto della vita – quelli che Calvino chiamava «classici» – per quanto profondi possano essere non necessariamente sono da ritenersi libri inesauribili: semmai e al più libri geniali. Giacché una volta letti, per quanto geniali, hanno più o meno rivelato tutto quel che avevano da rivelare. E malgrado la loro indubbia complessità non ne contengono, per così dire, di ulteriori. Insomma, sono libri che si concludono con la lettura.

I libri menzionati, viceversa – a cui naturalmente se ne possono aggiungere diversi altri – tale congedo dal lettore non lo consentono mai. E, come La Divina Commedia di Dante o il Faust di Goethe – ecco altri due capolavori da ricordare – ci richiamano a sé a ogni diversa età, così tali romanzi non si lasciano terminare nemmeno alla centesima lettura.

Un caso particolare – che non solo rientra tra i libri inesauribili ma è concepito fin dalla sua gestazione per essere un libro senza conclusione – è il romanzo Rayuela. Il gioco del mondo di Julio Cortàzar, la cui ambizione è talmente sterminata da sfuggire persino – o così ci permettiamo di credere – alle intenzioni dello stesso autore.

Libro tentacolare, libro degli innesti e della continua contaminazione tra livelli, registri, ambientazioni e stili, oltre a essere un libro-mondo, come si usa dire, esso è una specie di sconfinato prontuario anarchico a disposizione di chiunque, come recita il titolo, voglia osservare l’uomo nella sua ludica capacità di affrontare la vita senza obbligarla in nessun genere di griglia o gabbia.

Così ecco che nella Parigi di inizio Novecento, fucina di tutto il meglio che l’uomo occidentale ha pensato e creato a livello artistico negli ultimi cinquecento anni, un gruppo di emigrati sudamericani si trova a condividere le proprie giornate, dentro appartamenti fumosi invasi di suggestioni culturali, musicali e filosofiche, senz’altro apparente scopo che di giocare con il mondo, di farlo riverberare in tutte le possibilità di espressione e interpretazione dei suoi misteri.

Per cui ogni episodio, ogni singola scena diventano – come in parte fu poi ripreso da La vita.Istruzioni per l’uso di Perec (altro libro da menzionare) – una preziosa occasione per lo scandaglio di tutto ciò che esso porta con sé: sentimenti, paure, memorie, sogni, desideri. E in questo fastello, apparentemente disordinato, di mondi che richiamano ad altri mondi, nulla accade in orizzontale, secondo gli schemi classici della narrativa canonica (incipit, sviluppo, agnizione) ma si inabissa in verticale per produrre, appunto come in un gioco dell’oca, un inesauribile scandaglio dell’esistenza.

Ma ciò che maggiormente connota quel romanzo, al di là della fecondità di immagini, della profondità psicologica e della sagacia filosofica – sempre sorretti da un finissimo senso dell’ironia – è la griglia o struttura d’insieme, sorretta da una densità di racconto che ne fa un autentico prodigio della parola e del pensiero. Come nessun altro romanzo nella storia della letteratura moderna, Il gioco del mondo si può leggere infatti in almeno due modi: o linearmente, seguendo l’ordine dei capitoli, oppure saltabeccando da un punto all’altro a seconda dei rimandi che l’autore dissemina lungo i libro. Per cui esso si fa inesauribile anche in questo senso: perché può essere letto in due modi ma, di conseguenza, anche riletto in decine di altri. E comunque lo si legga, comunque lo si rilegga, esso si configura come un labirinto all’interno del quale sembra non esservi alcun punto di uscita.

Ogni frammento, alla fine, porta solo a un altro frammento, in un’eterna rincorsa senza conclusioni apparenti in cui ogni capitolo è a sua volta un mini-libro a sé, siano questi mini-libri dei ritratti di vita vissuta, delle memorie, dei dialoghi, dei trattatelli filosofico-estetici o quant’altro.

Insomma, Cortàzar ha ingannato le copertine! Ci ha consegnato un romanzo che pensavamo di poter leggere come si legge un libro qualsiasi... e invece ci siamo trovati di fronte a un romanzo che non si smette mai di leggere. Un miracolo che rende questa e altre opere simili veri e propri prodigi dell’intelligenza. E che, se vissuto come si vivono le esperienze mistiche, può accompagnarci nella lettura, senza appunto esaurirsi mai, fino alla fine dei nostri giorni.

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