Nata a Otawa nel 1939 la ottantenne scrittrice Margaret Atwood vive a Toronto, ora senza la compagnia del marito, il romanziere Graeme Gibson, scomparso di recente.
La madre della Atwood era nutrizionista e il padre entomologo, gli impegni paterni l’hanno condotta, fin dalla prima infanzia, a frequentare più da vicino i grandi alberi delle foreste canadesi che i “militareschi” maestri delle scuole del suo paese. Riceve un’istruzione in famiglia e entra in una scuola pubblica solo a partire dagli 11 anni.
Autrice di più di cinquanta titoli tra poesia, romanzi e saggi letterari ha insegnato in diverse università e lavorato in una casa editrice, ma - prima del successo letterario - anche come cameriera in un ristorante. Impegnata ambientalista e attivista nella difesa dei diritti delle donne, Atwood tiene molto alla sua “canadesità” ed è stata una delle personalità protagoniste del grande rinascimento artistico del suo paese, cominciato negli anni sessanta, e che conta tra gli altri Leonard Cohen, Alice Munro, Northrop Frye.
Sin dal suo primo romanzo: “La donna da mangiare” (1976) emerge uno dei temi forti della poetica della Atwood: il legame tra fisicità e letteratura, natura primitiva e geografia dell’anima. La tragedia dell’immobilità della donna canadese ritorna nelle sue opere. Una donna costretta da codici sociali patriarcali, cresciuti all’interno di un paese culturalmente colonizzato dagli USA, che non ha avuto libertà di scelta identitaria. A questo contesto asfittico Atwood contrappone una donna-madre, che sceglie una fertilità naturale, liberata da condizionamenti sociali maschili, matrice di una narrazione nuova, di una nuova Storia. Una donna che sembra risorgere e prendere forma da un vissuto naturale che sta dentro l’autrice e dentro i suoi scritti e che si nutre dei paesaggi incontaminati e di silenzi infiniti, quelli della sua terra.
Uno dei meriti della Atwood studiosa e saggista è proprio quello di aver dato forza e visibilità all’originalità di una ricerca rivolta alla liberazione della letteratura di quella sua terra da influssi forti e prevaricanti degli Stati Uniti e della Gran Bretagna.
Ormai con l’America abbiamo un rapporto d’impatto. Siamo come Davide e Golia. Noi siamo Davide e la nostra fionda è la letteratura. Il titolo non è casuale. La nostra è una letteratura di sopravvivenza. La narrativa, e con questo termine indico anche la poesia, esprime la lotta di piccoli gruppi di uomini minacciati e sopraffatti dalla natura.
Nel saggio “Survival” del 1972 esplora lo sconosciuto territorio letterario del suo paese.
La sua celebrità è indubbiamente esplosa a seguito del grande successo della trasposizione televisiva della pluripremiata serie ispirata al suo romanzo “Il racconto dell’ancella”, uscito nel 1985 (in Italia per Ponte alla Grazie è appena uscita la sua continuazione: “I testamenti”, ed è subito terza serie tv negli Stati Uniti).
Una distopia ambientata nella repubblica di Gilead, un mondo nel quale sono applicati alla lettera i principi della Bibbia e in cui alle donne è assegnato l’esclusivo compito di fabbricare figli. Le donne di Gilead sono private di grandi e piccole libertà. La libertà di lavorare, guadagnare, manovrare denaro, pensare in modo indipendente, ma anche della possibilità di bere alcolici e caffè. Un romanzo nel quale la fertile fantasia distopica dell’autrice integra temi che hanno forti attinenze con linee di tendenza osservabili nel mondo occidentale dell’oggi. E tra le grandi preoccupazioni delle democrazie occidentali l’autrice osserva esservi il crollo della natalità. Le soluzioni possono essere varie e non è detto che le democrazie in declino, segnate dalla paura, dall’individualismo, dal disinteresse per la cosa pubblica e per il voto, sappiano adottare le migliori soluzioni nel rispetto dei diritti di tutti.
Per incoraggiare le donne ad avere bambini vi sono molti sistemi: incentivi economici, livelli di vita più elevati, ammirazione sociale e stima morale. Oppure puoi costringerle ad avere più bambini rendendo loro impossibile fare altrimenti. Sono quattro possibili scelte. La quarta è la più economica.
Intellettuale coraggiosa e controcorrente, durante la campagna mediatica, conseguente al fenomeno #metoo, Atwood è stata criticata sui social network e accusata di essere una “cattiva femminista” perché aveva messo in guardia contro la giustizia sommaria nei confronti di un docente universitario accusato di molestie sessuali.
Indenne alla macchina del fango, lei non si è scomposta e dall’alto della sua onestà intellettuale ha dichiarato:
In un’epoca di estremi vincono gli estremisti. La loro ideologia diventa una religione, chiunque non ripeta come una marionetta le loro opinioni è considerato un apostata, un eretico o un traditore, e i moderati in mezzo vengono annientati.
La letteratura canadese deve molto a questa autorevole e coraggiosa signora delle lettere, ma anche il movimento ambientalista e i movimenti per i diritti delle donne. La sua lucida chiarezza intellettuale e le sue posizioni espresse con grande umanità e dolcezza, ma con altrettanta volontà di gettare luce nelle pieghe più inaccessibili e oscure del nostro vivere contemporaneo, ne fanno indubbiamente oltre che una grande studiosa, intellettuale e narratrice, una autorevole voce oracolare dei nostri giorni.