Letteratura

Morselli muore due volte

Il cerchio tragico della disfatta dell’umano

  • 24 dicembre 2022, 09:30
  • 14 settembre 2023, 09:20
Guido Morselli
Di: Marco Alloni 

Dissipatio. Ovvero: della dissoluzione del mondo. Siamo nel quadro di una scrittura visionaria non del tutto irrelata dal reale: non solo dal reale collettivo ma anche da quello individuale e psicologico del protagonista, che per una volta è Io narrante e Autore – ma è soprattutto persona storica a tutti gli effetti – senza soluzione di continuità. Sì, perché se Guido Morselli, nel suo Dissipatio H.G., ha tracciato una sorta di Apocalisse del mondo, in primo luogo ha tracciato, quasi a tessere le maglie del suo imminente suicidio, quella di se stesso. E in questa cointeressenza tra morte del pianeta, ovvero morte dell’umano, e morte personale ha indicato a un tempo una tragica certezza e una spaventosa probabilità: la certezza che i suoi conti con la vita stavano per chiudersi e la probabilità che a chiudersi possano presto essere anche quelli dell’umano.

Cosa è in effetti più prossimo al realismo ecatombale di questo surrealismo narrativo che Morselli presta alla propria disperazione? Non è forse vero, incontrovertibile, che sul pianeta incombe la minaccia della fine? E non è forse indubbio che non sarà in primo luogo una fine fisica ma una fine dell’umano? Non sono forse le avvisaglie di un’apoteosi nucleare, di un collasso del sistema capitalistico, di una devastazione ecologica irreversibile e magari di un premeditato sterminio batteriologico i segni terminali di un possibile, forse probabile, forse ineluttabile, regno del post-umano?

Morselli non aveva – per fortuna – in mente alcuna aberrazione associabile all’attuale postumanesimo. Ma nella sua sensibilità di scrittore, nella sua lacerazione di uomo, aveva per così dire anticipato le mosse del Disastro, assumendone gli effetti su di sé come in una sorta di immolazione ammonitoria. Senza pretendere di essere un apocalittico à la page, di quelli che annunciano il male per fregiarsi di qualche familiarità con gli abissi, aveva interiorizzato i germi della possibile o probabile Dissoluzione facendosene martirizzare come a renderne ancora più eloquente il pericolo.

In questo senso si può dire – con formula finalmente non retorica – che Morselli si è letteralmente annullato nella letteratura, si è sacrificato alla letteratura al punto da consegnare la sua vita ai posteri e la sua opera al silenzio nello stesso gesto di suicidale disperazione. Non solo perché – rifiutato dagli editori in forme drammaticamente reiterate – la sua vita di scrittore non poteva che declinare verso il suicidio, ma perché in questo suo atto cristico sapeva che l’appello al mondo avrebbe assunto i caratteri di una denuncia universale: Non c’è più tempo da perdere, la mia morte e la morte del mondo finiranno per assomigliarsi.

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Dante Isella su "Contro passato prossimo" - 24.06.1975

RSI Cultura 09.05.2017, 09:19

Il romanzo Dissipatio H.G. ha dunque il pregio di essere un testamento che travalica l’attesa della morte ma in qualche modo e contemporaneamente la persegue. Libro suicidale per antinomasia, libro che si propone come funebre epitaffio dell’umano nella tragica congiunzione tra scrittura e vita, paventa per il futuro dell’uomo soltanto due alternative: il ripensamento radicale dei suoi assunti, a partire da quello della subordinazione totale dell’umano ai dettati della tecnica e del denaro, o la sua fatale dissoluzione nella Rovina. Potremo esentarci dal raccoglierne l’appello? Probabilmente la morte autoprocurata di Morselli significa, su un piano morale e forse mistico, un ammonimento, un monito radicale, a non scivolare a nostra volta, in quanto umani, in una Dissoluzione autoprocurata.

In questo appello Morselli è d’altronde perentorio: fin dall’inizio del romanzo non fa che mostrarci il dovere, la determinazione, l’ostinazione alla speranza. E per pagine e pagine, quasi ad aggrapparsi a un filo che lui stesso sta consumando sotto i nostri occhi, ci ripete che sperare, credere, affidarsi a un’ipotesi di destino ancora praticabile, non sono illusioni ma imperativi categorici. Poi tutto, insieme a lui, crolla. Crolla durante il libro e, soprattutto, crolla dopo il libro. Morselli muore due volte e noi abbiamo il compito di riabilitarlo dal silenzio che lo circondò. A meno che si voglia davvero pensare la letteratura come un sollazzo o un pretesto di intrattenimento, ma anche in questo senso Morselli è stato lapidario: se ci si intrattiene troppo a lungo con la vita senza problematizzarla, il suo esito sarà ineluttabilmente la sua fine.

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