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L’immagine che mi viene in mente, se penso a Philip K. Dick, è quella di uno specchio a forma di tubo. Detta meglio, un tunnel di specchi, attraverso il quale è passato, un giorno, questo scrittore americano, autore di fantascienza, nato nel 1928 e morto nel 1982, che passando ha lasciato ombre, che sono rimaste lì per anni, alterando l’immagindi altri scrittori che nel corso dei decenni da quel tunnel sono passati.
Ora, detta così è complicata, ma insomma l’idea di fondo è che Philip K. Dick ha scritto del futuro e di noi uomini e donne, e nel farlo ha anticipato temi e inquietudini che si sono riversate poi su altri scrittori, che ne hanno fatto poi strumenti di lavoro e immaginazione. Ma tutto, o gran parte di quell’immaginario, è nato grazie alle intuizioni, e alle fantasie scomposte, di questo straordinario scrittore americano. Fine della premessa.
Scrivo questo perché, tra l’altro, a me sono piaciuti molto anche i libri su Dick. Se fossi un sociologo francese degli anni Settanta, adesso scriverei una cosa tipo “Dick al di là di Dick”. Guarda che bel titolo di saggio critico! E comunque sì, mi è piaciuto il Carrère che scrive Io sono vivo e voi siete morti (1993), e mi è piaciuto anche Jonathan Lethem che ha curato L’Esegesi. Insomma, forse, sono finito anche io in quel tunnel.
Il punto di tutto questo è che di Philip K. Dick uno ce n’è stato, e tanto ha lasciato da trasformarlo nell’idea stessa della fantascienza. Questo almeno per quel che riguarda il mainstream. Poi certo, ci sarà chi dissentirà, sostenendo che i veri scrittori di fantascienza sono Dan Simmons, oppure Orson Scott Card oppure Massimo Pietroselli. Io però, concorderete, direi che con Dick siamo a posto. E quindi iniziamo.
Ora, non sta certo a me scrivere un saggio sull’autore di Ubik o L’uomo nell’alto castello. Però posso per esempio iniziare dalla vita. Si può dire che ha vissuto quasi sempre in California. Ha avuto problemi cui in realtà ha fatto pochissimo uso. Ha scritto fantascienza per tutta la vita, ed è stato fra i primi, forse il primo, a metterne a frutto le potenzialità politiche e filosofiche: prima di lui era un intrattenimento pulp per ragazzini, dopo era la frontiera della speculazione controculturale. (Tra l’altro scrivo queste parole nel giorno in cui è arrivata la notizia della morte di Tom Robbins, “l’autore più pericoloso di tutti”, come diceva Fernanda Pivano… a proposito di controcultura). I suoi libri sono tantissimi, spesso sciatti, spesso ripetitivi, quasi sempre, ha scritto Vincenzo Latronico, “innervati da intuizioni vertiginose”, aggiungendo che “ci sono i robot e gli omini verdi, ma ci sono anche, poste in modo esplicito, domande su che cosa significa essere cosciente e che cos’è la realtà”.
I libri di Philip K. Dick sono anche pervasi da una paranoia strisciante e sempre più intensa. Spesso la trama si incentra su una rivelazione progressiva: da una serie di piccoli indizi il protagonista scopre di essere al centro di un complotto; oppure scopre di vivere in un’allucinazione; oppure scopre di essere un robot; oppure scopre di essere morto. Peggio, non lo scopre: lo sospetta ma non riesce a trovarne prove definitive. Peggio ancora: le trova, ma ne trova anche di opposte.
Questa oscillazione rispecchia quella delle credenze del suo autore, che negli anni si è temuto braccato dall’Fbi, poi manipolato dai sovietici, poi intrappolato in un mondo parallelo in cui l’impero romano non è mai cessato e solo una setta di sovversivi cristiani ha in mano la chiave della salvezza.
Insomma un continuo gioco di specchi, che forse è tra i motivi dell’interesse che la sua opera ha generato nel corso dei decenni. Qualche anno fa, a proposito di persistenza di questo interesse, che a tratti assume i contorni della devozione, Mondadori iniziò a ripubblicare i romanzi più conosciuti, con nuove copertine e nuove introduzioni: la cura era di Emanuele Trevi e le introduzioni tutte di Emmanuel Carrère. L’iniziativa attirò anche la nostra attenzione, e non mancarono gli approfondimenti su quella proposta editoriale. Ora, e siamo a noi, questo interesse, che sembra non avere mai un termine, e nemmeno affievolirsi, ha prodotto una nuova, voluttuosa, iniziativa editoriale. Mondadori infatti ha, finalmente, dopo anni di attese e rinvii, pubblicato questo mese di marzo, il Meridiano Philip K. Dick. E questo significa la consacrazione nel Pantheon degli scrittori, fuori dal genere e dentro un canone letterario universale. La cura sarà ancora una volta quella di Emanuele Trevi, ci sarà posto per qualcosa di Carrère, ancora, e raccoglierà quasi tutte le opere. Un’operazione tanto attesa, dal pubblico degli appassionati, che abbiamo pensato che valesse la pena progettare qualcosa di speciale per accogliere, nel migliore dei modi, questi volumi. Eh sì, perché si tratterà di un’edizione in due libri, tutta la leggere, o tutta da rileggere. Oppure da sfogliare, dedicandosi alla visione dei tanti film tratti, o ispirati, alla sua opera.
D’altra parte, noi di Rete Due con la fantascienza ci abbiamo preso gusto. Ho visto cose, il magazine della sera, a partire dalle 18.00, si chiama così in omaggio alla celebre frase pronunciata (e distorta, nella memoria collettiva) dall’androide morente sotto la pioggia di Blade Runner: ricordate?
Io ne ho viste cose che voi umani non potreste immaginarvi: navi da combattimento in fiamme al largo dei bastioni di Orione, e ho visto i raggi B balenare nel buio vicino alle porte di Tannhäuser. E tutti quei momenti andranno perduti nel tempo, come lacrime nella pioggia. È tempo di morire.
“Io ne ho viste cose che voi umani non potreste immaginarvi: navi da combattimento in fiamme al largo dei bastioni di Orione, e ho visto i raggi B balenare nel buio vicino alle porte di Tannhäuser. E tutti quei momenti andranno perduti nel tempo, come lacrime nella pioggia. È tempo di morire.”
E poi Alphaville, l’attualità quotidiana del mattino, che porta un titolo preso in prestito direttamente dalla fantascienza (unica) di Godard. E allora ci troveremo in casa a raccontare Dick e le sue visioni, le sue speculazioni, le sue intuizioni filosofiche e politiche. Lo faremo nel corso della settimana (dal 24 al 28 marzo) con un Dossier che partirà proprio con il curatore Emanuele Trevi cui seguiranno specialisti del genere e filosofi in un percorso tematico dedicato che culminerà con una proiezione pubblica, al cinema Lux a Massagno, di Blade Runner. Il capolavoro di Ridley Scott, tratto dal libro Ma gli androidi sognano pecore elettriche?, è del 1982 e molti di noi non l’hanno mai visto sul grande schermo ma solo in tv. Il 27 marzo sarà l’occasione per una visione condivisa e per ridare a un grande classico tutto lo spazio, e lo schermo, che merita.
https://rsi.cue.rsi.ch/rete-due/Dossier-Philip-K.-Dick--2669165.html
“I Meridiani” - Philip Dick
Alice 22.03.2025, 14:35
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