L’adattamento de Il ladro di ragazze va in onda su Rete Due alle 20:00 dal 4 al 22 dicembre ed è disponibile online.
“Eh va bene! Comunque il libro è sempre più bello.
”Già… Lo sappiamo. Lo dicono tutti. E ci mettono di mezzo l’immaginazione, il proprio diritto a creare il fisico esatto del personaggio, l’architettura degli interni e la poesia degli esterni, la voce, le pause e -perché no- anche l’odore.
Che dire? Hanno tutti ragione!
Nessuna trasposizione ti darà le stesse emozioni che hai vissuto immergendoti nel romanzo.
Allora perché un adattamento? Il libro e un radiodramma (un film) hanno diversi linguaggi e non sono sovrapponibili. Ci sono ottimi libri che sono diventati pessime altre cose. Altri invece sono esplosi grazie all’adattamento, riuscendo a catturare un pubblico che mai sarebbe finito tra le righe, tra le pagine, tra i capitoli, di un romanzo.
Facciamola breve: di cosa stiamo parlando?
Paragonare un’opera con il suo adattamento è come valutare una scarpa e una calza, sono proprio cose differenti.
“Però io ci sono affezionato al libro”.
“A me rubano l’immaginazione, era immaginato diverso”.
Ecco il punto. Di chi è la storia? È di chi la scrive? Di chi la legge? Di chi l’adatta? Di chi la guarda o la ascolta?
“Attraverso una serie di mutazioni e di selezioni, le specie vegetali e animali si sono continuamente adattate all’ambiente in trasformazione, trovando ogni volta le soluzioni giuste per sopravvivere nei climi più diversi. Chi non s’adattava si estingueva.” scrisse Piero Angela. Certo, parlava di un altro adattamento… Ma mi piace pensare che “adattare” un romanzo sia dargli la possibilità di sopravvivere più a lungo.
Ne parlo con un editore, Gabriele Capelli che ha pubblicato la trilogia di Carlo Silini
Cosa si aspetta da un adattamento radiofonico di una sua pubblicazione?
Mi aspetto che possa andare ad interessare chi il libro ancora non lo ha letto e che possa “divertire” chi già lo conosce. In entrambi i casi, sarebbe un bellissimo risultato.
È utile per la vita di un romanzo essere “adattato”?
Sono sicuro di sì. Ogni mezzo che permetta di mettere in risalto una bella storia è il benvenuto. Un adattamento allunga la vita di un romanzo dandogli una nuova pelle. Stessa anima, corpo diverso.
Eh sì. La storia è quella. Però all’interno il movimento, l’armonia e il punto di vista spesso è diverso. A volte qualcuno pensa che un adattamento stia all’originale come una cover stia al brano musicale. Non è proprio così.
Penso a “Novecento”, il monologo teatrale di Alessandro Baricco, scritto per essere recitato da Eugenio Allegri per la Regia di Giuseppe Vacis e in seguito pubblicato da Feltrinelli (1994). Un testo, a detta dell’autore, che è “una vera messa in scena e un racconto da leggere ad alta voce”. Un testo che è “teatro” e “lettura” e che è diventato un film nell’adattamento di Giuseppe Tornatore (1998).
Un adattamento diverso per ritmo e lunghezza e per avere aggiunto una linea narrativa (una storia d’amore). Un adattamento “diverso” eppure aderente alle atmosfere e ai personaggi principali. Cosa ha fatto Tornatore? Ha usato le peculiarità della narrazione cinematografica per raccontare una storia.
Così facendo si rapporta al pubblico in un modo diverso utilizzando l’escamotage comandamento della settima arte “Show, don’t tell” (mostra, non limitarti a raccontare). Se nel testo di Baricco la storia è raccontata al pubblico (o al lettore), nel film la storia è raccontata a un personaggio nuovo (inventato), un commerciante di strumenti musicali.
Mi sono spesso trovato ad adattare romanzi. Le soluzioni per rendere la storia adatta al media hanno sempre comportato uno spostamento del punto di vista sulla trama. Questo ha portato alla creazione di “nuovi personaggi” o al mettere in risalto fatti o personaggi laterali.
Ad esempio nella trasposizione teatrale del romanzo di Max Frisch “l’uomo nell’Olocene”, un personaggio semplicemente citato in una riga è diventato il narratore.
Oppure addensando eventi e inventando nuovi personaggi per l’adattamento radiofonico de “Il Robinson svizzero – Ovvero: una nuova colonia” di Johan David Wyss (1812) diventato “New Helvetia”.
Parafrasando Piero Angela. Mutare e selezionare per adattarsi al nuovo ambiente. E così sopravvivere. Per la serie “Il ladro di ragazze” il lavoro che mi sono trovato a fare è stato simile.
Teaser «Il ladro di ragazze»
RSI Cultura 27.11.2023, 11:00
Ma come si trova l’autore confrontato con un adattamento di una sua opera? L’ho chiesto a Carlo Silini.
Come è stato riscoprire la tua storia in un adattamento radiofonico?
Emozionante. Ho potuto assistere alle ultime sedute di registrazione e non credevo ai miei occhi (e alle mie orecchie). È stato come sentire per la prima volta la voce reale dei personaggi che avevo inventato per il romanzo.
Carlo Silini
Qual’è la cosa che più ti ha sorpreso nell’adattamento?
La scoperta o riscoperta di un genere narrativo, il radiodramma, che segue logiche molto diverse da quelle del romanzo. La forza dei suoni e delle voci, la capacità del regista e degli attori di restituire un’atmosfera credibile senza il supporto delle immagini. Come un film a occhi chiusi, perfettamente “seguibile” e comprensibile. Un’impresa intellettuale e artistica notevolissima.
Le regole (e le logiche) diverse del media utilizzato portano nuova linfa alla storia. Dunque scarpa e calza sono cose differenti, ma molto vicine.
Torniamo a un adattamento cinematografico. Dal romanzo di Daniel Wallace il film di Tim Burton “Big Fish”.
Dopo aver superato alcuni ostacoli il protagonista (Edward) raggiunge Spectre, un paese utopico dove tutti gli abitanti vanno in giro scalzi e dove non succede mai nulla. Mi è sempre piaciuta l’immagine di questo villaggio, con le scarpe appese come vestiti a stendere. Ho letto che “stare a piedi nudi è salutare. Il beneficio più grande per il nostro organismo è lo stimolo della propriocettività, ossia la capacità di recepire la posizione del corpo inserito nello spazio.” Insomma, Spectre appare proprio un luogo dove rimanere. Ma invece si tramuta in una “comfort zone” dove nessuno ha la possibilità di realizzare le proprie aspirazioni, i propri sogni. Un luogo tranquillo dove con calma aspettare la fine.
Eh già, a questo penso… Al rimanere a “piedi nudi”, alle calze, alle scarpe…
Torniamo alla domanda principale: perché si adatta una storia?
Forse semplicemente perché ci ha colpito dentro, e la vogliamo fare conoscere al maggiore numero di persone possibile.
E nel farlo… Corriamo il rischio….
“Eh va bene! Comunque il libro è sempre più bello.”
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CONTENUTO EXTRA
Per chi ne volesse sapere di più del ladro di ragazze…Tre domande a Carlo Silini
Come ci racconteresti il ladro di ragazze?
Lo racconterei come una storia localissima e lontana nel tempo (l’epoca è il Seicento), ma che declina un tema attualissimo ovunque (i femminicidi) e un dramma eterno (la lotta tra luci e tenebre, tra Bene e Male).
Lo racconterei, anche, come un Far West barocco in Mendrisiotto, dove vigeva la legge del più forte e del più ricco e le donne erano spesso e volentieri un bottino da predare e da scambiare. Infine, lo racconterei come un tentativo di dar voce ai deboli di quei tempi, con una contro narrazione della storia che non viene quasi mai insegnata a scuola.
Dove hai trovato questa storia e perché raccontarla?
L’ho trovata prima di tutto nella legenda del Mago di Cantone, molto conosciuta in Mendrisiotto, di cui però non esiste una versione “ufficiale”, ma piuttosto una trasmissione orale che si perpetua da chissà quanti anni. A un certo punto, un’estate di quasi dieci anni fa ho deciso di andare a cercare cosa ci fosse di vero dietro la leggenda scoprendo che alcuni storici locali avevano individuato un nome e un cognome per il Mago. A quel punto mi sono buttato a capofitto negli archivi parrocchiali sfogliando i registri di nascita e di morte degli antichi abitanti del baliaggio di Mendrisio e ho ritracciato le basi documentarie della vicenda. Ma per ricostruirla ho dovuto colamre i buchi tra storia e leggenda con la fantasia. Così è nato il libro. E anche dalla voglia di raccontare una storia che si basava su molti fatti realmente accaduti che la maggior parte di noi non conosceva.
Perché ascoltare il ladro di ragazze?
Perché ci parla del DNA del nostro territorio, ci dice che nel nostro sangue scorre la storia inesplorata di una violenza nascosta e a volte efferata. E perché, a suo modo, rappresenta la rivincita delle vittime, la riscossa delle donne e del femminile.