Solo pochi giorni fa, alla vigilia del proprio genetliaco, uno di quelli tondi tondi e importanti (80!) Macca era sul palco, a Boston; e non solo perché gradisce ancora, neanche fosse un ragazzino brufoloso e in piena tempesta ormonale la dimensione del live, ma perché ama sfidar le leggi della fisica. Quelle che si diverte a sovvertire da tempo immemore. E non solo della fisica. E sempre col dolce sorriso sul volto, con la forza di una apparente normalità che manifesta in modo abbacinante nella quotidianità, artistica o domestica che sia.
Una normalità che lo ha reso tra i compositori più importanti e influenti del XX secolo. Potremmo sciorinare numeri da capogiro, elencare i riconoscimenti, decantare le epiche gesta e le imprese sue e del “quartetto” ma sarebbe un mero esercizio di stile, e nulla più. Perché scrivere di Sir Paul McCartney (insignito nel ’65 dalla Regina Elisabetta), di colui che ha plasmato molta della musica contemporanea avendo un impatto devastante anche sui costumi, sulla cultura di massa e non, e sulla società contemporanea è impresa ardua tanti sono gli oceani colmi di parole evaporati nel tempo.
Un puro genio, perché è questo di cui si tratta, che si manifesta ammantato di una normalità disarmante. L’ultima telefonata con John poco prima che fosse assassinato? La preparazione del pane! Entrambi avevano “le mani pasta” a casa propria e si scambiarono consigli relativi all’impasto, alla lievitazione alla cottura. O quando, sempre Paul, fischietta a John un motivetto chiedendogli: “Ho in testa questa melodia da tempo, l’ho sognata ma forse l’ho già sentita, e se si dove? E John che ribatte che non esiste ancora se non nella sua testa, e nasce “Yesterday” la canzone più registrata nella storia. A ribadire che McCartney è tra i compositori più influenti della storia e la sua musica è ancorata saldamente al nostro DNA. E questo lo ha dimostrato col sodale Lennon in soli 10 anni in cui scrive la colonna sonora di una generazione lasciando a quelle future una sintassi ancora attuale, moderna, eterna colorando di tinte sgargianti i sogni che da allora non sono più in bianco e nero, invitandoci ad apprendere i primi rudimenti della lingua inglese, sperimentando e ampliando i confini dell’udibile, plasmando una materia musicale ricca nutrita, offrendo una poetica intrisa di onirismo e nostalgia, nonsense, ironia, luci ed ombre della vita. Quella che travolgendo l’ orbe terracqueo lo avvicinò, unendolo per una breve e straordinaria stagione utopica trasformandolo in un luogo migliore.
Paul McCartney forse è morto di mercoledì, il 9 novembre 1966; e forse è proprio un sosia che si è impossessato del suo aspetto, dello spirito e del suo genio che fluisce ancora copioso scrivendo oggi musica popolare e colta, dipingendo quadri, suonando tutti gli strumenti che gli capitano a tiro, recitando e occupandosi da grande benefattore e promulgatore di cause umanitarie e animaliste. Che sia l’originale o meno gli auguriamo di “attraversare ancora il nostro universo” e tornare a suonar suoi tetti per ricordaci di “lasciar che sia, perché anche nell’ora più buia c’è una luce che splende”.
Auguri “Macca”, God bless you.