L’avvento di Mortori è degno delle migliori strategie promozionali. Quanto tempo è passato dalla prima apparizione di quel logo dipinto sul giubbotto nero di Aris Bassetti (Peter Kernel, On The Camper) che ne contiene le lettere? In tutti questi mesi, quel teschio stilizzato bianco su sfondo nero è entrato nell’immaginario diventando segno premonitore, cibo per l’aspettativa e la curiosità degli appassionati.
Il dialetto ticinese, inserito in un contesto indie rock alternativo, è un esperimento inedito in queste lande. Il giorno di San Valentino del 2025 uscirà “A mort l’amur”, il primo EP di Mortori, nuova creatura dark dialettale fuoriuscita dal cappello magico del musicista e produttore bellinzonese che, prendendosi una pausa da Peter Kernel, ci offre una nuova prospettiva sul suo mondo creativo oscuro e ironico.
La storia del primo singolo “Bordel” è semplice e incasinata: una tipa soccombe ai propri demoni e, invece di ricucire l’amore, opta per il caos: “tè visct cuma l’è scapada via, cuma se la gheva nostalgia, da quaicos che pö l’è nianca bel, sa ved che le la guarda quasi mai i sctell”.
“Bordel” è il racconto struggente di una relazione che finisce: amore e perdita che il dialetto ticinese riesce, con il suo colore e il suo calore, a rendere più leggeri da mandar giù. Almeno per le orecchie di ascolta.
È il contrasto interessante di “Mortori”: la tradizione linguistica regionale accende una luce in un mondo musicale dark. “Bordel” di Mortori, infatti, contiene tanti perché musicali di Peter Kernel, a cominciare dall’atmosfera orientaleggiante che si ritrova nel registro e nella melodia della chitarra solista, come in quella del synth (o è mellotron?) che fa capolino in testa e in coda.
È anche la contrapposizione tra il male che provoca il “lasciarsi andare” e la speranza che sia l’universo a darti conforto: “raggiungerla non fa che allontanarla, e allora chiedi a un amico di ricordarle di guardare le stelle. E se non vuole, disegnale per terra dove lei guarda”. Sa di ode a un’anima persa che se n’è andata. E al lento, inesorabile sgretolamento di una lingua. Il dialetto.
Sento tanto altro nel debutto solita di Aris Bassetti: il bisogno di farsi un giro fuori dal loop incredibile e incessante di Peter Kernel, levarsi per un attimo di dosso lo stigma di una storia che funziona così bene da così tanti anni, per essere totalmente sé stesso, con la sua lingua madre e con quanto imparato in questi anni da producer, di fronte a una Digital Audio Workstation e non necessariamente vincolato da quella chitarra che “ancora oggi non sa suonare”.
Affetto incondizionato.
Avanti Tutta - Rete Tre, 11 ottobre 2024
RSI Cultura 23.10.2024, 14:54
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